Forse prima di riformarla bisognerebbe almeno leggerla, la Costituzione. Di certo bisognerebbe leggerla prima di lanciarsi in affermazioni molto, molto scivolose, che toccano la sofferenza più vera, quella legata alla malattia.
Tutto il governo, a partire dalle ministre Boschi e Lorenzin, insiste da giorni su questo punto, sostenendo che grazie alla riforma costituzionale potranno essere garantiti e applicati livelli omogenei di cura e assistenza su tutto il territorio nazionale, e che quindi si potranno curare in maniera adeguata i malati di cancro e diabete da Madesimo a Corigliano Calabro. Tutto ciò grazie all’aggiunta di nove parole all’art. 117 della Costituzione (che stupidi a non averci pensato prima!).
Ovviamente tutto ciò non è vero, e sarebbe anche il caso di smetterla, perlomeno per rispetto di chi soffre.
L’articolo attuale recita che lo Stato ha legislazione esclusiva nella «determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale», mentre è competenza concorrente la «tutela della salute». Quindi: allo Stato il compito di dettare le norme generali (comuni su tutto il territorio nazionale), alle regioni quello di entrare più nel dettaglio. Secondo il governo ciò non è abbastanza, e quindi la riforma propone di aggiungere alla competenza esclusiva dello Stato le «disposizioni generali e comuni per la tutela della salute», senza ampliare quindi la competenza esclusiva dello Stato, e lasciando alle regioni il resto della disciplina (proprio come oggi) e in particolare — specifica — compiti «di programmazione e organizzazione dei servizi sanitari e sociali». In pratica non cambia nulla. Di fatto la riforma ribadisce una competenza concorrente, ma spacchettata in due elenchi: da una parte ciò che fa lo Stato, dall’altra parte ciò che fanno le regioni, esattamente com’è ora.
Ecco perché la riforma non cambia la disciplina costituzionale del diritto alla salute. Come ciò possa avere effetti miracolosi sulle cure e sulle prestazioni sanitarie resta un mistero.
Ma c’è di più, perché, come dicevamo, la Costituzione va letta tutta, prima di modificarla. Leggendola tutta si scopriranno altre due cose.
La prima è l’articolo 32, che recita: «La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti». Individuo (non cittadino: individuo) e collettività. Un principio che perciò si applica al singolo e che si applica a tutti.
La seconda è l’articolo 120, il quale — udite udite! — recita che «Il Governo può sostituirsi a organi delle Regioni, delle Città metropolitane, delle Province e dei Comuni […] quando lo richiedono la tutela dell’unità giuridica o dell’unità economica e in particolare la tutela dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali, prescindendo dai confini territoriali dei governi locali. La legge definisce le procedure atte a garantire che i poteri sostitutivi siano esercitati nel rispetto del principio di sussidiarietà e del principio di leale collaborazione». Altroché “clausola di supremazia”! L’articolo 120 individua alcune fattispecie in cui lo Stato può sostituirsi agli enti territoriali, dice “come” può sostituirsi (principio di leale collaborazione) e dice che tra le materie rientra la «tutela dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali». Niente di più, niente di meno.
Cara ministra Boschi, cara ministra Lorenzin, lasciate perdere le persone malate e la loro sofferenza, che con questa riforma non c’entrano nulla.
La Costituzione è chiarissima. Basta applicarla. Dopo averla letta, si intende.