Carbon tax: per l’ambiente, per il lavoro #primadeldiluvio

L’adozione di una carbon tax è stata da lungo tempo suggerita per interiorizzare e mitigare parte degli impatti ambientali e sanitari legati all’impiego dei combustibili fossili. L’introduzione di una fiscalità ambientale, era stata prevista anche in Italia con la ‘delega fiscale’ del 2012, al fine di ridurre progressivamente la tassazione dal lavoro accrescendo quella sulle risorse naturali ed energetiche in modo da rendere più efficiente l’economia. Una norma che non è mai stata approvata, malgrado una carbon tax avesse già fatto una effimera comparsa alla fine degli anni Novanta.

Con­ti­nua la nostra ras­se­gna #pri­ma­del­di­lu­vio, quel­lo vero, per la costru­zio­ne di un pro­gram­ma di gover­no che con­ci­li cre­sci­ta eco­no­mi­ca e tute­la del mon­do in cui vivia­mo. Tut­ti gli altri con­tri­bu­ti sono dispo­ni­bi­li qui. L’ap­pun­ta­men­to, per con­fron­tar­ci “di per­so­na per­so­nal­men­te”, è alla Costi­tuen­te del­le idee, a Roma, dal 24 al 26 febbraio. 

 

L’adozione di una car­bon tax è sta­ta da lun­go tem­po sug­ge­ri­ta per inte­rio­riz­za­re e miti­ga­re par­te degli impat­ti ambien­ta­li e sani­ta­ri lega­ti all’impiego dei com­bu­sti­bi­li fos­si­li. L’introduzione di una fisca­li­tà ambien­ta­le, era sta­ta pre­vi­sta anche in Ita­lia con la ‘dele­ga fisca­le’ del 2012, al fine di ridur­re pro­gres­si­va­men­te la tas­sa­zio­ne dal lavo­ro accre­scen­do quel­la sul­le risor­se natu­ra­li ed ener­ge­ti­che in modo da ren­de­re più effi­cien­te l’economia. Una nor­ma che non è mai sta­ta appro­va­ta, mal­gra­do una car­bon tax aves­se già fat­to una effi­me­ra com­par­sa alla fine degli anni Novanta.

Que­sto stru­men­to fisca­le è appli­ca­to con suc­ces­so in Cana­da e in diver­si pae­si euro­pei, dagli UK alla Sviz­ze­ra. La Sve­zia, pae­se che l’ha intro­dot­ta nel 1991, ha alza­to pro­gres­si­va­men­te il suo valo­re fino a 136 $/t otte­nen­do tra il 1990 e il 2013 una ridu­zio­ne del 22% del­le emis­sio­ni a fron­te di un aumen­to del Pil del 58%. Con­si­de­ra­to l’attuale bas­so prez­zo dei com­bu­sti­bi­li fos­si­li, mol­te isti­tu­zio­ni, dal­la Ban­ca Mon­dia­le all’Agenzia Inter­na­zio­na­le dell’Energia, han­no cal­da­men­te sug­ge­ri­to l’opportunità di tas­sa­re le emis­sio­ni di CO2.

In Euro­pa non si è però mai riu­sci­ti ad appro­va­re uno sche­ma vali­do per tut­ti i pae­si, anche per il timo­re di inte­ra­gi­re con il fal­li­men­ta­re mec­ca­ni­smo dell’ETS, Emis­sions Tra­ding System, pre­di­spo­sto per con­te­ne­re la CO2 del­le indu­strie energivore.

La novi­tà di que­sti gior­ni vie­ne, ina­spet­ta­ta­men­te, da oltreo­cea­no. Gli Sta­ti Uni­ti di Trump han­no visto infat­ti l’entrata in cam­po di per­so­nag­gi come Schul­tz, Baker e Paul­son — mini­stri del Teso­ro di Nixon, Rea­gan e Bush – con la pro­po­sta di una car­bon tax che par­te da 40 $/t per poi cre­sce­re negli anni otte­nen­do il risul­ta­to di ridur­re signi­fi­ca­ti­va­men­te le emis­sio­ni, soste­ne­re l’economia e stac­ca­re una cedo­la annua­le di 2.000 $ per ogni fami­glia.

E venia­mo all’Italia, che si tro­va oggi alle pre­se con la neces­si­tà di rispet­ta­re i para­me­tri sul defi­cit. Il gover­no pen­sa di incre­men­ta­re le entra­te per 2,5 miliar­di pun­tan­do in lar­ga par­te su un aumen­to del­le acci­se sui car­bu­ran­ti. In real­tà, que­sta sareb­be l’occasione giu­sta per una revi­sio­ne del­la fisca­li­tà che coin­vol­ga tut­ti i com­bu­sti­bi­li fos­si­li uti­liz­za­ti nel pae­se, inclu­den­do anche la gene­ra­zio­ne elet­tri­ca, favo­ren­do quin­di gli inter­ven­ti di effi­cien­za del­le rin­no­va­bi­li e, indi­ret­ta­men­te, del meta­no. Con­si­de­ran­do infat­ti che il prez­zo del­la CO2 nell’ambito dell’ETS è sce­so a 5 €/t, è evi­den­te che que­sto stru­men­to non è asso­lu­ta­men­te in gra­do di for­ni­re segna­li di mer­ca­to, con una deci­sa pena­liz­za­zio­ne degli effi­cien­tis­si­mi impian­ti a gas a ciclo com­bi­na­to rispet­to alle cen­tra­li a carbone.

Per quan­to riguar­da le indu­strie ener­gi­vo­re, va appog­gia­ta la richie­sta invia­ta da più par­ti a Bru­xel­les (ulti­ma quel­la del pro­dut­to­re di accia­io Arce­lor­Mit­tal) di intro­dur­re una tas­sa sui beni impor­ta­ti in Euro­pa in rela­zio­ne al con­te­nu­to di car­bo­nio. Una Bor­der Tax di que­sto tipo, con­te­nu­ta anche nel­la cita­ta pro­po­sta degli ex mini­stri del Teso­ro Usa, andreb­be man­te­nu­ta fino all’introduzione di una car­bon tax a livel­lo mondiale.

Ma vedia­mo qua­li sono le cifre in gio­co e le impli­ca­zio­ni in Italia.

Ipo­tiz­zan­do un livel­lo di 20 €/t, le entra­te sareb­be­ro dell’ordine di 8 miliar­di, una cifra che con­sen­ti­reb­be di far fron­te agli impe­gni euro­pei, di taglia­re del 10% le bol­let­te elet­tri­che gra­zie ad un alleg­ge­ri­men­to del­la com­po­nen­te A3 e di ridur­re il costo del lavo­ro.

Sul ver­sa­te dei car­bu­ran­ti que­sto livel­lo di car­bon tax com­por­te­reb­be un incre­men­to di qua­si 5 cen­te­si­mi al litro. L’aumento potreb­be esse­re spal­ma­to in manie­ra dif­fe­ren­zia­ta toc­can­do soprat­tut­to il die­sel, che attual­men­te gode di un van­tag­gio di 17 cen­te­si­mi sul­la ben­zi­na. Un rial­li­nea­men­to in que­sta dire­zio­ne è già in atto nel Regno Uni­to e in Bel­gio e, dopo lo scan­da­lo del Die­sel­ga­te, altri pae­si lo stan­no pren­den­do in considerazione.

Per altro, si potreb­be pen­sa­re di uti­liz­za­re una pic­co­la par­te del­la quo­ta del­la car­bon tax “super ambien­ta­liz­za­ta” sui car­bu­ran­ti per far final­men­te decol­la­re la mobi­li­tà elet­tri­ca, fer­ma alla mise­ra soglia di 1.400 auto ven­du­te nel 2016. Uti­liz­zan­do solo un deci­mo di que­ste entra­te si potreb­be infat­ti mol­ti­pli­ca­re per 20 vol­te l’acquisto incen­ti­va­to di vei­co­li elet­tri­ci nel 2018, per poi arri­va­re in 5 anni ad un par­co elet­tri­co di mez­zo milio­ne di vei­co­li con incen­ti­vi decre­scen­ti gra­zie al pre­vi­sto rapi­do calo del prez­zo degli accumuli.

A que­ste risor­se, peral­tro, potreb­be­ro aggiun­ger­si altri pro­ven­ti. Un miliar­do €/a sareb­be rica­va­bi­le con un innal­za­men­to del­le royal­ties lega­te all’estrazione di greg­gio e meta­no nel nostro pae­se (attual­men­te si incas­sa­no solo 350 milio­ni €) e ulte­rio­ri entra­te sareb­be­ro repe­ri­bi­li gra­zie all’eli­mi­na­zio­ne di una serie di sus­si­di di cui godo­no alcu­ne cate­go­rie di uti­liz­za­to­ri di com­bu­sti­bi­li fos­si­li e che potreb­be­ro esse­re anch’esse uti­liz­za­te per ridur­re il costo del lavoro.

Insom­ma, un po’ di corag­gio da par­te del gover­no non gua­ste­reb­be. Anche per­ché è entra­to in vigo­re l’Accordo mon­dia­le sul Cli­ma, ma nel nostro pae­se è come se non fos­se suc­ces­so nien­te.

Gian­ni Silvestrini

Diret­to­re scien­ti­fi­co Kyo­to Club

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