Siamo in guerra, a nostra insaputa, dal 10 febbraio scorso, quando Renzi ha sfornato un dpcm col quale autorizza l’invio di forze speciali sul campo libico. Sembra che il Parlamento sarà informato solo prima della partenza di un contingente di 3000 militari italiani. Al di là dei furbi sofismi renziani, cui non riusciamo a fare l’abitudine, l’invio di forze speciali, già autorizzato ed attuato, costituisce il primo atto di guerra.
Intanto, oggi abbiamo il casus belli, la morte violenta in circostanze tutt’altro che chiare, di due ostaggi italiani. Un casus belli che speriamo non sia utilizzato in maniera strumentale per convincere l’opinione pubblica italiana della bontà della guerra in Libia.
Prima di imbonire l’opinione pubblica il premier Renzi dovrebbe sfogliare la Costituzione e soffermarsi su alcune norme fondamentali. Si’, perché la partecipazione dell’Italia alla guerra libica contro Isis pone una serie di controindicazioni democratiche e costituzionali di non poco momento. L’art. 78 della Costituzione afferma che la dichiarazione dello stato di guerra compete al Parlamento che attribuisce al Governo i poteri necessari. E l’art. 11 della stessa Costituzione afferma perentoriamente il ripudio della guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e mezzo di risoluzione delle controversie internazionali.
Si dirà che la lotta al terrorismo è guerra difensiva (non offensiva) e che anche in passato il Parlamento non è stato coinvolto (ad esempio, nell’operazione Allied Force contro la Serbia nel 1999). Si vuole fare passare l’idea che l’uso della forza armata è una scelta politica ordinaria, un atto di governo come un altro.
Noi crediamo che la scelta di usare le armi in Libia assumendoci il rischio di esporre l’Italia alla perdita di vite umane sul campo e alle prevedibili ritorsioni terroristiche dell’Isis rappresenti un fatto politico di eccezionale rilevanza e non possa esimere il Governo da un passaggio parlamentare immediato. Valutati la gravità della situazione e il vulnus costituzionale determinato dalle scelte avventate e pericolose del Governo, chiediamo l’intervento del Presidente della Repubblica, supremo garante della Costituzione e, con essa, delle prerogative parlamentari. Lo dichiarano in una nota i deputati di Possibile Pippo Civati e Andrea Maestri.