Se errare è umano, cos’è perseverare nell’errore? Grande rilevanza sui giornali per il nuovo comunicato del Ministero del Lavoro contenente l’aggiornamento della dinamica dei contratti per il mese di Marzo. Numeri, ancora numeri, difficili da decifrare anche se meno della scorsa volta, quando il Ministero di Poletti aveva deliberatamente omesso di dichiarare il numero dei contratti cessati e inducendo la stampa a titolare su mai avvenuti incrementi di posti di lavoro.
Ieri la circostanza si è ripetuta e i giornali online hanno prontamente rilanciato la notizia secondo cui ci sarebbe stata una crescita di nuovi contratti di ben 92 mila unità. Va da sé che il numero è reale seppur ancora incerto. Tuttavia, l’averlo collocato al di fuori di una qualsivoglia serie temporale, impedisce qualsiasi altra interpretazione rispetto a quanto affermato nel comunicato.
Ma, ripeto, l’esperienza passata — i precedenti comunicati di Poletti sono stati prontamente smentiti, sia su questo sito, sia da Giovanni Principe sul proprio blog, sia da Valigia Blu in un post del 1 Aprile — ci fornisce gli elementi per valutare attentamente quanto divulgato ieri. Ebbene, dal momento che le analisi dati vengono fatte per confronti fra trimestri, giocoforza si deve ricostruire il flusso delle attivazioni contrattuali nette dei mesi di Gennaio, Febbraio e Marzo 2015 (vedi tabelle sottostante):
Gen-15 | Feb-15 | Mar-15 | |
Tempo Indeterminato | 27119 | 18584 | 31370 |
Tempo Determinato | 269289 | 87108 | 70668 |
Apprendistato | 2719 | 2098 | 1891 |
Contratti di Collaborazione | 32555 | 10419 | -9713 |
Altro | 3241 | 5506 | -1917 |
Totale | 334923 | 123715 | 92299 |
I dati dei primi due mesi avevano fatto gridare al miracolo: merito degli incentivi — sotto forma di sgravi contributivi — inclusi nella Legge di Stabilità. Ma il dato di Marzo è stato indicato come frutto del Jobs Act. Sarà vero?
Intanto osservate la tendenza: dalle 330 mila attivazioni nette di Gennaio, siamo passati a poco più di 90 mila (e l’Expo?). Se poi allarghiamo la visuale e confrontiamo il dato complessivo del trimestre rispetto al medesimo periodo del 2014, scopriamo quanto segue (ed è a questo punto che i numeri dovrebbero darvi i brividi):
I 2014 | I 2015 | |
Tempo Indeterminato | -42284 | 77073 |
Tempo Determinato | 524973 | 427065 |
Apprendistato | 16666 | 6708 |
Contratti di Collaborazione | 68725 | 33261 |
Altro | 7833 | 6830 |
Totale | 575913 | 550937 |
Variazione % | -4,34% |
Sì, scopriamo che — nonostante sgravi contributivi e deregolamentazione — le nuove attivazioni (nette) sono inferiori del 4% al mesto — mestissimo — primo trimestre 2014. Considerato che nel IV trimestre 2014 sono stati persi 891 mila contratti (succede, è fine anno, taluni lavoratori vanno in pensione, i contratti a termine giungono alla scadenza), e che sinora ne sono stati recuperati (è un mero calcolo numerico, sia chiaro) soltanto il 62% (nel 2014 ne venivano recuperati quasi il 70%), viene da pensare che ci sia poco da festeggiare, Caro Ministro.
Se volete, l’effetto degli sgravi contributivi e — forse — del Jobs Act (ma sarebbe il caso di scorporare il dato dei contratti standard da quello del nuovo contratto cosiddetto ‘a tutele crescenti’), è visibile solo nell’incremento dei contratti a tempo indeterminato (+77 mila, contro il segno meno del primo trimestre 2014). Tuttavia, risulta evidente dai numeri che la maggior appetibilità del contratto standard ha eroso le nuove attivazioni di contratti a tempo determinato. Forse siamo prossimi a scoprire che le iniziative legislative del governo hanno determinato soltanto movimenti fra tipologie contrattuali e non hanno avuto effetti in termini generali sull’aumento dell’occupazione. Per esserne certi, è necessario attendere ancora un trimestre. Solo con una analisi di medio-lungo periodo è possibile interpretare efficacemente i flussi dei contratti di lavoro. Basterebbe smetterla con questa frenetica rincorsa ai titoli dei giornali e prendere atto che siamo ancora dinanzi ad una dinamica di contrazione del mercato del lavoro.