Quando è stata approvata la normativa nota sotto l’inquietante rubrica di “omicidio stradale” (comprendente anche le lesioni personali stradali, da poco entrata in vigore), come tanti ho rilevato l’aspetto politico più eclatante. Lo Stato interveniva (o meglio, come spesso accade in questa legislatura il Governo, perché di fatto è lui che legifera, e soprattutto un partito di Governo, che ha ampiamente rivendicato come un suo grande successo questa normativa) su un tema mediatico per eccellenza, e aumentava a dismisura le pene per condotte colpose, con conseguenze a volte gravissime, ma pur sempre condotte colpose, così cercando di placare la sete di vendetta, più che di giustizia, dell’opinione pubblica.
Nello stesso, tempo, ma in modo molto più discreto, il Governo lavorava e tutt’ora lavora (nel DDL Concorrenza) ad una diminuzione dei risarcimenti per gli stessi fatti, gli incidenti stradali, quindi per l’approvazione di una tabella unica per il risarcimento del danno biologico che vada a sostituire quelle attuali, per i danni superiori al 9%, come predisposte dal Tribunale di Milano e rese universali dalla Corte di Cassazione (da ultimo 10263/15). La diminuzione dei risarcimenti pare sia nell’ordine del 40/50% in certi casi.
Al netto delle banali ed evidenti dietrologie (cioè lasciando fuori le assicurazioni), la manovra governativa può essere sintetizzata con una sostituzione di gran parte del risarcimento (soprattutto si pensi alle lesioni gravi) con una pena maggiore per il responsabile, la tanto invocata “galera”, quindi con un baratto di scarsissima utilità pratica prima di tutto per le vittime.
E tuttavia non avevo ancora avuto il tempo materiale (anche perché non sono un penalista) di leggere con calma gli articoli approvati.
Così, anche per adempiere al mio obbligo di formazione continua, sono andato ad un convegno organizzato dalla Camera penale della mia città, e non ero ancora seduto mentre il presidente e coordinatore dei lavori affermava come quella fosse la peggiore normativa penale degli ultimi 30 anni.
Un inizio poco rassicurante, ma, quando sono uscito, ero convinto che quella valutazione temporale fosse molto prudente e che si dovesse andare molto più indietro.
Provo a spiegare perché, alla luce di quel che ho sentito ed ho poi verificato codici alla mano, anche se sono aspetti abbastanza tecnici, che spero di rendere comprensibili con gli esempi.
La questione fondamentale (e l’unica che posso trattare senza entrare nei tecnicismi, ma davvero non si tratta solo di questo) riguarda la conformità delle norme alla Costituzione, nell’ambito del principio di ragionevolezza e uguaglianza sostanziale e in generale la loro ragionevolezza intrinseca quanto alla proporzionalità delle pene anche con riferimento a fattispecie simili o uguali.
Sono norme che, di fatto, aumentano le pene per fatti compiuti in una determinata situazione (la guida di veicoli a motore) con determinate circostanze aggravanti (lo stato di ebbrezza, ma anche specifiche situazioni di guida) e che non consentono al giudice (art. 590 quater) alcuna facoltà discrezionale di giudicare le aggravanti equivalenti ad eventuali attenuanti; la pena base viene calcolata sulle aggravanti e solo poi si applicano le eventuali attenuanti.
L’unico limite massimo delle aggravanti è che la pena non può superare i 18 anni, mentre la prescrizione è raddoppiata.
Esempio: un automobilista passa col rosso e investe e uccide un ciclista (589 bis comma 5 n. 2) Pena: reclusione da 5 a 10 anni, arresto facoltativo.
Ma specifichiamo meglio la situazione, perché il diritto parte dai casi concreti.
Un automobilista si distrae un attimo perché guarda il cellulare, l’arancione diventa rosso, un ciclista parte con il verde, l’auto va piano, il ciclista anche, ma batte la testa contro il marciapiede e purtroppo perde la vita. Che tipo di colpa è quella di chi ha sempre guidato bene, mai una multa, mai un incidente, passa col rosso ai 30 km all’ora perché per una volta nella vita si distrae? Sembrerebbe una colpa lieve, una distrazione che capita nel momento sbagliato e causa un danno gravissimo. Ma rimane una colpa oggettivamente lieve, perché la colpa non può essere misurata con le conseguenze. Eppure non cambia nulla, si configura l’aggravante, la pena rimane da 5 a 10 anni, con arresto facoltativo.
Invece chiunque commetta un omicidio colposo con lo stesso grado di colpa ma in un contesto diverso (una persona sta cercando di prendere il gatto sul tetto di casa, con il gomito inavvertitamente fa cadere un mattone in testa a un passante che muore) è soggetto ad una pena che va da sei mesi a 5 anni, senza arresto (mediatico) facoltativo.
Il grado di colpa è identico, ma solo nel secondo caso il Giudice potrà adeguare la pena alla situazione concreta, nel primo dovrà comunque partire dall’ipotesi aggravata senza valutazioni sul grado di colpa, solo perché la distrazione è avvenuta presso un semaforo e non, magari, uscendo dal cancello di casa e facendo cadere un motociclista (e qui, non applicandosi l’aggravante, l’omicidio colposo sarebbe stato punito con la pena del primo comma, reclusione da 2 a 7 anni).
Adesso non vorrei aggiungere (di mio) ulteriori motivi di confusione ricordando che ai sensi dell’art. 3 della legge Balduzzi “l’esercente la professione sanitaria che nello svolgimento della propria attività si attiene a linee guida e buone pratiche accreditate dalla comunità scientifica non risponde penalmente per colpa lieve”.
Al di là delle ragioni che hanno portato a questa ultima disposizione, in cui non entro, resta il fatto che la stessa colpa lieve determina una pena base di 5 anni nel primo caso, di 2 anni nel secondo, di sei mesi nel terzo e addirittura non rileva penalmente nell’ultimo.
Altro esempio. Un automobilista in stato di grave ebbrezza alcolica fa cadere due motociclisti che perdono entrambi la vita. Pena base da 8 a 12 anni aumentata fino al triplo ai sensi dell’ultimo comma dell’art. 589 bis, senza che possa superare il limite massimo dei 18 anni (di pena irrogata).
Un ciclista commette la stessa violazione nelle stesse condizioni, ma, non circolando su un veicolo a motore, risponderà del primo comma, da 2 a 7 anni, e si discuterà se sarà applicabile l’aggravante dell’aumento.
Ma ancora, se a far cadere i due motociclisti sarà un passeggero di un’autovettura che apre la portiera per scendere senza accorgersi del passaggio della moto, pur trattandosi di circolazione stradale, ma non essendo “conducente”, non ci sarà discussione, risponderà sicuramente solo con la pena base da 2 a 7 anni.
Infine, se i due motociclisti cadranno perché inavvertitamente quello di prima che cercava il gatto sul tetto fa cadere il mattone davanti alla ruota della moto, allora la pena base sarà da 6 mesi a 5 anni.
L’ultima chicca. Un automobilista in grave stato di ebbrezza investe un pedone causandogli, per fortuna, solo lesioni alla persona, con prognosi di 50 giorni. In questo caso, 590 bis comma 2, la pena base è da 3 a 5 anni. Il minimo è identico alla stessa fattispecie dolosa (art. 583), cioè quando l’investimento è volontario e non per colpa (da 3 a 7 anni). La struttura della normativa, incredibilmente, rende più conveniente questa ultima ipotesi.
Portate pazienza e seguitemi.
Come abbiamo visto il Giudice nella nuova ipotesi colposa aggravata non può elidere le aggravanti con le eventuali attenuanti, quindi la pena base, in ipotesi, per un patteggiamento (di solito è il minimo) sarà sicuramente più bassa per l’investimento doloso (doloso!) rispetto a quello colposo.
Nel 590 bis la pena base per il patteggiamento sarà di 3 anni, con riduzione di un terzo per le attenuanti generiche, diventerà 2 anni, con riduzione di un ulteriore terzo per il rito del patteggiamento, sarà di 16 mesi.
Invece in caso di lesioni dolose, dopo che le attenuanti generiche avranno eliso l’aggravante dell’art. 583 e ricondotto la fattispecie all’art. 582, si partirà dalla pena base di questo articolo (da tre mesi a 3 anni), quindi: tre mesi meno un terzo per il rito, si potrà patteggiare a 2 mesi.
Incredibile ma vero, converrà dire di averlo fatto apposta. Ed è assurdo che una fattispecie colposa abbia conseguenze più gravi della identica fattispecie dolosa.
Ecco, è ragionevole presumere, e auspicare, che la Corte Costituzionale possa intervenire su tanti punti (e ho tralasciato quelli tecnici!). E’ ragionevole anche auspicare che la normativa venga modificata, e, come accade in quasi tutti i Paesi evoluti, le responsabilità colpose, tutte, siano trattate in modo omogeneo.
Eppure sarebbe bastato poco, cioè non legiferare sull’onda dell’emotività populista e del relativo, sperato, ritorno elettorale. La domanda finale, perché poi faccio anche politica, è la seguente: quando questo avverrà, chi si è attribuito gli onori, accetterà anche le responsabilità?
Non credo.
(Un ringraziamento all’amico e Collega Fulvio Orlando per la preziosa consulenza).