Del grande Piano contro la Povertà presentato in pompa magna lo scorso Luglio da Renzi e Poletti, neanche un comma nella attuale versione della Legge di Bilancio. Sebbene inizialmente, nelle bozze in circolazione a fine Ottobre, fosse previsto un intero corpo, il Capo I del Titolo III, intitolato “Misure di contrasto alla povertà”, nell’Atto Camera C‑4127-bis la povertà è come un fantasma: c’è, ma non viene neanche citata. E, salvo ripensamenti, non ci saranno nemmeno ulteriori rinforzi a quanto stanziato lo scorso anno nel maxi emendamento del Governo. Della povertà semplicemente non si parla. E’ stata espunta dal dibattito. Mentre la Legge delega, con la quale si intende introdurre il Reddito di inclusione, è in corso di esame al Senato, è stato avviato il cosiddetto SIA, il Sostegno di Inclusione Attiva, definito dai medesimi suoi estensori come una “misura ponte” che soltanto anticipa alcuni aspetti del Reddito di Inclusione.
Nella realtà, trattasi di una misura meramente residuale che viene erogata al massimo nei confronti di 260mila famiglie con Indice della Situazione Economica Equivalente inferiore a 3000 euro e rientranti all’interno di alcuni fattori selettivi, come la presenza di almeno un componente minorenne o di un figlio disabile, ovvero di una donna in stato di gravidanza accertata, l’assenza di beni durevoli e il mancato accesso a sussidi di disoccupazione (Naspi, ASDI). Per dare una misura di quanto marginale sia questo intervento, leggete il 7°Atlante dell’Infanzia (a rischio) “Bambini, Supereroi” di Save the Children:
Quasi 1 minore su 3 è a rischio povertà ed esclusione sociale, mentre i bambini di 4 famiglie povere su 10 soffrono il freddo d’inverno perché i loro genitori non possono permettersi di riscaldare adeguatamente la casa.
Save the Children ricorda i dati divulgati da ISTAT: più di 1,1 milioni di minori vivono in povertà assoluta, un numero in forte crescita nel decennio 2005–2015, periodo nel quale l’incidenza delle famiglie in povertà assoluta con almeno un minore è passata dal 2,8% al 9,3%. Il SIA interviene solo sul 23% di queste famiglie, per giunta con uno strumento che ricorda molto la Social Card di Tremonti, della quale recupera alcuni stanziamenti:
Risorse 2016 | Fonte |
380 milioni | Legge di stabilità 2016 |
70,325 milioni | Risparmi social card nel biennio 2015–16 |
120 milioni | Legge di stabilità 2014 (40 milioni per un triennio) |
167 milioni | DL n. 76/2013 (estensione al Mezzogiorno) |
12,675 milioni | Risparmi social card sperimentale nelle grandi città |
750 milioni | Totale |
In definitiva, il grande Piano contro la povertà è una misura posticcia di fondo-cassa. Gli importi previsti per il 2017 salgono a 1 miliardo, che divisi in importi mensili di 320 euro, verranno erogati solo a 260 mila famiglie.
Le cose non sono diverse nel caso del Reddito di Inclusione. Nel dossier preparato dai tecnici del Senato e allegato alla Legge delega, è riportata una valutazione dell’impatto di tale misura, forse ancor più ridotta del SIA nel suo perimetro di efficacia. Infatti, dal momento che il criterio della delega prevede che, con gli importi stanziati, siano soddisfatti sia le erogazioni di denaro che quelle di servizi, l’importo medio annuo per ogni nucleo familiare in condizioni di povertà assoluta sarebbe di soli 660 euro, 55 euro al mese. Mentre sono state trovate risorse per la Quattordicesima ai pensionati, che verrà erogata senza alcun filtro circa il quoziente familiare, come ha lamentato il presidente dell’INPS, Tito Boeri (a proposito, Possibile è intervenuta su tale norma con un emendamento, il n. 26.2, tentando di porre il limite ISEE di Fascia 1), Alleanza contro la Povertà continua a ribadire che per il Reddito di Inclusione Sociale (o Reddito Minimo che dir si voglia), servono circa 7 miliardi di euro l’anno. Una cifra non irraggiungibile. Non mancano i soldi, manca la volontà politica.