Abbiamo appena terminato un viaggio RiCostituente che è stato molto impegnativo, a tratti massacrante, ma anche esaltante, e avevamo promesso che non ci saremmo fermati. Lo spettacolo penoso di questi mesi non ha riportato a più miti consigli chi l’ha causato, chi ha esacerbato i toni e oggi continua imperterrito, come se domenica nelle urne non fosse successo niente.
Avevamo detto che dopo il referendum non sarebbero arrivate le cavallette, che a Renzi sarebbe seguito Renzi o un succedaneo, e così sarà, ma che sia adesso o fra un po’, gli italiani a un certo punto potranno comunque tornare a votare. E a noi però tocca non perdere tempo, non perdere il momento, non perdere il ritmo. Non abbiamo molti mezzi, e per questo dovremo impegnarci di più, più a lungo: ma abbiamo molte cose da dire.
Ripartendo dal «metodo Pertici» adottato per la campagna referendaria che si è appena conclusa: spiegare le cose, avere proposte nel merito, non sovrapporre argomenti e valutazioni che tra loro non c’entrano un accidente, incontrare le persone direttamente, città per città, documentare le proprie posizioni, illustrare gli scenari e le conseguenze a cui si va incontro.
Ricominciamo da quattro cose.
Una proposta complessiva che sia chiara, senza occhiolini, coerente e non compromessa, che chieda il meglio e non il meno peggio. Che sia onesta, pulita, che possa essere presentata senza dover raccontare enormità e votata senza tapparsi il naso: che a forza di tapparselo gli italiani sono soffocati.
Lo sguardo sul futuro, innovazione e ambiente, in primo luogo, per una vera sovranità energetica e una strategia contro il #diluvio, con un’attenzione del tutto fuori moda eppure decisiva per gli aspetti culturali, in generale, e quelli collegati alla politica, anche di segno ‘morale’. Ripartire dal diritto allo studio, dalla qualità della ricerca, non dalle riforme, ma dalle risorse da destinare alla scuola, di ogni ordine e grado. All’insegna di una nuova stagione di collaborazione con le categorie interessate.
Le scelte economiche, per un duro contrasto alle disuguaglianze, la vera questione che ci troviamo ad affrontare, completamente disattesa dalle scelte del governo anche nell’ultima legge di bilancio. Progressività, contrasto all’elusione e all’evasione, una successione per i grandi patrimoni, le tasse sulla casa per chi se le può permettere, una Carbon Tax per chi inquina (con riduzioni fiscali per chi cambia paradigma), investimenti pubblici nei settori più innovativi che già il Paese frequenta, nonostante la politica. E, insieme, un percorso serio e rigoroso verso il reddito minimo garantito e una vera politica di contrasto alla povertà e alla marginalità sociale.
E, insieme, il lavoro, non il lavoro in senso astratto, quello che riguarda la vita delle persone. E che se non le riguarda è perché il lavoro non c’è.
L’anno prossimo si terranno i referendum sul lavoro, contro alcune norme del Jobs Act.
Noi voteremo a favore. Lo diciamo ora nel caso si associ qualcun altro, che poi ci verrebbe «rimproverato» dai sostenitori del governo e del Jobs Act. Chissà, poi magari anche Giorgia Meloni (tipo) vota sì. E allora tutti a dire: chissà perché (spero abbiate capito finalmente che l’argomento adottato sul «votare come» non ha alcun senso. Se non lo avete fatto, ci dispiace, ma votiamo sì lo stesso. E ci auguriamo che voti sì anche quella sinistra che si vuole alleare con il Pd e anche quella minoranza che scalpita nel Pd, pur avendo votato a favore del Jobs Act in aula, come già accaduto sulla Costituzione).
Il Pd invece voterà no. O forse come già per le trivelle dirà di non andare a votare. Chissà. Poi ci chiedete perché pensiamo che non ci si debba alleare?
Una sfida repubblicana, laica, di sinistra, di governo, non identitaria, non parolaia. Molto concreta e precisa. Puntuale. E rappresentativa della società.
Con chi ci alleiamo. Con voi. Con tutti quelli che condividono questo schema, che abbandona tutti quelli vecchi. E a chi soffre di una sindrome dell’abbandono, ci dispiace, ma no. Grazie.
Chi vuole partecipare, alla pari, lasci la sua firma e la sua email scrivendo a organizzazione@possibile.com oppure compilando il form a questo link.
Sarà nostra cura contattarvi di persona, personalmente. E mettervi in contatto con i duecento comitati di Possibile che questo lavoro già lo stanno facendo.