Almeno 4 Milioni di persone in Italia ogni anno commettono un’illegalità legata al consumo di cannabis, non ostante venga speso più di un miliardo di € ogni anno per contrastarne la diffusione ed il consumo.
Il numero di consumatori abituali è impressionante, e se si vanno ad analizzare i dati relativi all’età e allo status sociale dei consumatori (http://www.ecddm.org) ci si rende immediatamente conto di come questo utilizzo non possa essere catalogato come un semplice consumo ludico delle nuove generazioni, ma sia qualcosa di più profondo e diffuso in quasi tutte le fasce di popolazione, e che quindi debba necessariamente essere affrontato come un aspetto della società odierna, e non come un comportamento antisociale.
Non credo si possa infatti considerare il 32 % della popolazione italiana dai 15 ai 64 anni come deviante o socialmente pericolosa…. Diventa quindi assolutamente necessario un approccio più aperto al problema, senza necessariamente catalogare i consumatori come “malati da curare”, ma piuttosto come uno dei nuovi aspetti “sociali” da capire prima, e da normare poi.
Inoltre per valutare “laicamente” questo oggetto è necessario fugare i dubbi “clinici” relativi alle sostanze psicotrope in genere, con particolare riferimento a quelle già legalizzate, come alcool e tabacco.
Uno studio del 2010 pubblicato dalla rivista scientifica “The Lancet” www.thelancet.com (considerata una delle principali riviste mediche internazionali ) ci da questi risultati:
La figura 1 rappresenta la valutazione del danno e della dipendenza personale da sostanze psicotrope. Mentre nella Figura 2 vengono individuati attraverso le valutazioni di 19 esperti, un punteggio medio di danno (mean harm score) sia a livello individuale (Individual level ) che sociale ( Population level ) ; immediatamente si riscontra come le due droghe “legali abbiano un punteggio praticamente doppio rispetto alla cannabis. Se davvero la funzione normativa deve essere svolta per la limitazione dei danni, sia personali che sociali, allora davvero non si riesce a capire perché tabacco e alcool siano legali
Recentemente il dibattito, che pareva assopito, sulla possibilità di depenalizzare o legalizzare la cannabis ( anche se sarebbe meglio dire ri-legalizzare, visto che la pianta era assolutamente legale prima del 1961, e l’Italia è sempre stato uno dei maggiori produttori europei e mondiali ) ha ripreso vigore grazie agli autorevolissimi interventi a favore di Roberto Saviano (http://espresso.repubblica.it/dettaglio/legalizziamo-la-marijuana/2185832) e successivamente di Umberto Veronesi (http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2012/07/08/marijuana-perche-dico-si-alla-liberalizzazione.html?ref=search) e Antonio Ingroia (http://www.ilmessaggero.it/primopiano/cronaca/ingroia_legalizziamo_le_droghe_leggere_da_giovane_anchio_ho_fumato/notizie/208133.shtml).
L’obbiettivo di questo mio breve scritto vorrebbe, però, essere la focalizzazione sugli aspetti più prettamente economici ed il loro conseguente impatto sui conti dello stato, sia in termini di maggiori entrate, derivanti dagli introiti sulle eventuali vendite legali del prodotto ( IVA – IRES –etc ) sia in termini di riduzione di spesa nella lotta al narcotraffico e allo spaccio ( forze di polizia, magistrati ), e conseguente riallocazione delle risorse precedentemente destinate a tale fine.
Una necessaria premessa “terminologica”, la differenza tra depenalizzazione e legalizzazione della cannabis : Per depenalizzazione si intende il fatto che le due piante ( cannabis indica e cannabis sativa ) siano eliminate dalla lista delle sostanze psicotrope proibite che ogni anno il ministero della sanità redige. Questa lista diventa quindi la “cartina di tornasole” delle sostanze proibite, se sono contenute lì devono essere perseguite, altrimenti non esiste il problema ( da notare che questo comportamento provoca notevoli difficoltà alle forze dell’ordine che devono ogni anno fare richiesta al ministero della salute di includere decine se non centinaia di nuove sostanze all’anno, e che fino a che non sono immesse nella lista non possono essere perseguibili, anche se pericolosissime… ).Poiché in Italia vige il principio dell’obbligatorietà dell’azione penale, ogni pubblico ufficiale che venga a conoscenza di un reato è obbligato a farne denuncia all’autorità giudiziaria che è obbligata a perseguirlo, è sufficiente l’inserimento della sostanza nella lista di cui sopra perché essa diventi automaticamente vietata e quindi perseguibile, sia il consumo, che la produzione e il commercio.
La legalizzazione è invece l’istituzione di una serie di norme e regolamenti che regolino appunto la produzione, il commercio ed il consumo di queste sostanze. Ovviamente possono esistere diversi tipologie di legalizzazione, dalla più blanda ( possibilità di autoproduzione- no commercio ) alla più evoluta ( negozi che commercializzano la canapa e i suoi derivati, come i coffe-shop olandesi, anche se l’esempio non è completamente calzante perché in Olanda non esiste l’obbligatorietà delle azioni penali ).
Spesso poi si sente parlare di “liberalizzazione” del mercato, ma è bene specificare che questo è un falso problema, poiché il mercato è già liberalizzato ( si può acquistare cannabis ovunque, a qualsiasi ora e prezzo..), ma semplicemente in mano SOLAMENTE alle organizzazioni illegali.
Una volta compresa questa fondamentale differenza diventa anche facile capire come i possibili effetti economici e fiscali siano sostanzialmente diversi in relazione alla forma di “apertura” alla cannabis che si decide di avere. Gli esempi negli altri paesi del mondo sono i più svariati ed eventuali e se ne trova un discreto riassunto in questa pagina di wikipedia (http://it.wikipedia.org/wiki/Proibizionismo#Status_legale_dell.27uso_della_marijuana_in_alcuni_paesi) od in questa cartina, da cui si nota l’estrema varietà di approccio al tema.
Da diverso tempo, e soprattutto all’estero, si è tentato di affrontare il “problema cannabis” con un approccio più pragmatico e meno estremista ( o più laico, se preferite ), e sono stati diversi i tentativi di riportare all’interno dell’alveo legale una pianta che ha innumerevoli utilizzi e che è palesemente meno pericolosa ( per l’utilizzo ludico ) rispetto ad altre droghe cosiddette “legali” come alcool e tabacco. Ed è proprio prendendo spunto dalle legislazioni delle droghe legali che si può iniziare a valutare gli impatti economici di una eventuale legalizzazione.
Esistono diversi studi e simulazioni internazionali che simulano le possibili entrate per lo stato ed i relativi risparmi della legalizzazione, i principali si trovano in un sito che riprende un appello di oltre 500 economisti ( oltre a 3 premi Nobel, tra cui il padre del monetarismo moderno, Milton Friedman ) http://www.prohibitioncosts.org ed uno studio del professor Miron di Harvard, che dimostrano, dati alla mano, che per gli Stati uniti la legalizzazione della marijuana porterebbe ad introiti e minori spese per un totale di minimo 15,4 Miliardi di dollari all’anno- massimo 19,2 milardi ( 7,7 per minori spese di controllo, 5,3 maggiori entrate per gli stati e 2,4 a livello federale- se tassate come merce normale- 6,2 se tassata come alcool e tabacco ). Numeri che impressionano anche se relativi ad una nazione molto più grande di noi ( e che spende molto di più nella lotta alla droga ), e che, anche se divisi per 5 e resi relativi al numero di abitanti risulterebbero comunque enormi per le nostre finanze.
Ma lo studio economico che meglio analizza e rappresenta le possibilità economiche e fiscali della legalizzazione in italia è quello realizzato nel 2009 dal prof. Marco Rossi dell’università La Sapienza di Roma ( abstract scaricabile qui: http://www.encod.org/info/IMG/pdf/Report_Rome_University.pdf ).
Il suo :” il costo fiscale del proibizionismo: una simulazione contabile” analizza in maniera approfondita un quinquennio di spese ( 2000–2005) e simula lo scoraggiamento dell’uso di droga, non attraverso strumenti repressivi, ma per mezzo di una tassazione aggravata ( sul modello di alcool e tabacco ), la cosiddetta “sin-tax” letteralmente tassa sul peccato, in modo da ribaltare sui consumatori i costi sociali provocati dal consumo di certe sostanze. Il modello sviluppato per il calcolo dei risparmi e delle entrate è lo stesso utilizzato dagli economisti americani citati poco sopra, ma con i dati ricavati dalle maggiori istituzioni italiane ( Istat – ministero interni –ministero tesoro )
Le conclusioni di Rossi sono comunque incredibili, poiché per la sola cannabis vengono stimati risparmi e maggiori incassi fiscali nel quinquennio per 38 Miliardi di € per il quinquennio, che corrispondono a 7,7 Miliardi all’anno !! Verificando poi la composizione di questa cifra si scopre che i risparmi effettivi sarebbero circa 6 miliardi ( quindi 1,2 miliardi all’anno di minori spese per forze di polizia – sistema giudiziario – sistema carcerario ) mentre le maggiori entrate per l’erario, considerando la stessa tassazione che hanno alcool e tabacco, si sarebbero incassati circa 6,4 Miliardi all’anno.
Questi numeri sono sicuramente impressionanti, e se si analizzano a fondo, si può anche congetturare che siano ampiamente sottostimati, per due ragioni principali :
- Il numero dei consumatori è solitamente sottostimato perché vi è comunque una reticenza di fondo a rispondere positivamente alle statistiche per timore di conseguenze legali ( visto che comunque l’utilizzo è ancora punito amministrativamente )
- I risparmi stimati prendono in considerazione soltanto quei reati e le attività di prevenzione direttamente collegati al consumo di droga, ma per avere una stima reale dovremmo considerare anche tutti quei reati che sono legati indirettamente al commercio e al consumo, come ad esempio, i furti e le rapine effettuate per procurarsi il denaro necessario, tutti quei reati collegati al controllo del territorio necessario per poter effettuare tranquillamente lo spaccio, gli scontri tra organizzazioni criminali concorrenti, e così via…
Non sono sicuramente numeri con cui si rimette a posto il bilancio dello stato in un anno… ma anche se fossero la metà di quelli stimati rappresenterebbero comunque un buon 20% delle finanziarie che ogni anno aumentano l’imposizione fiscale… e sarebbero pagati volontariamente da persone che attualmente stanno finanziando attività illegali organizzate e/o mafiose… io un pensierino ce lo farei, e voi ???