L’Italicum da cambiare. Senza sapere come.

Il premier ha fissato un paletto sulle modifiche dell'Italicum: il ballottaggio non si tocca. E quindi non si tocca il premio di maggioranza del tutto irragionevole che assegnerà, il cuore della legge.

Con una mozio­ne del tut­to gene­ri­ca, sem­pre lon­ta­na dal meri­to del­le que­stio­ni, basa­ta uni­ca­men­te sul fat­to che “è attual­men­te in cor­so un ampio dibat­ti­to poli­ti­co su pos­si­bi­li e arti­co­la­te ipo­te­si di rifor­ma del­la cita­ta leg­ge”, l’al­tro­ie­ri la mag­gio­ran­za di gover­no, meno un pez­zo, ha impe­gna­to la Came­ra “ad avvia­re, nel­le sedi com­pe­ten­ti, una discus­sio­ne sul­la leg­ge 6 mag­gio 2015, n. 52, al fine di con­sen­ti­re ai diver­si grup­pi par­la­men­ta­ri di espli­ci­ta­re le pro­prie even­tua­li pro­po­ste di modi­fi­ca del­la leg­ge elet­to­ra­le attual­men­te vigen­te e valu­ta­re la pos­si­bi­le con­ver­gen­za sul­le sud­det­te pro­po­ste”.

Una mozio­ne vuo­ta che, come sem­pre chie­de il cam­bia­men­to per il cam­bia­men­to, per­ché ogni tan­to si cam­bia, anche se si trat­ta di una leg­ge appro­va­ta da poco più di un anno, appli­ca­bi­le da meno di tre mesi e se non si sa in cosa que­ste modi­fi­che dovreb­be­ro consistere.

L’unica indi­ca­zio­ne vie­ne – come sem­pre – da fuo­ri del Par­la­men­to, dal Pre­mier, che ha già pian­ta­to un palet­to: deve esser­ci il bal­lot­tag­gio, per­ché la sera del­le ele­zio­ni si deve sape­re chi governerà.

Ora la pian­ta­gio­ne dei palet­ti da par­te del pre­mier non è nuo­va. Anzi, la sua segre­te­ria Pd è ini­zia­ta così: pian­tan­do quat­tro palet­ti sul­la rifor­ma costi­tu­zio­na­le, la cui discus­sio­ne è sta­ta così uno sla­lom che ha pro­dot­to un testo da tut­ti (per­fi­no dai più acca­ni­ti soste­ni­to­ri del sì) giu­di­ca­to quan­to­me­no “non per­fet­to” (lad­do­ve l’eufemismo è evidente).

Ma, nel caso di spe­cie, que­ste dichia­ra­zio­ni già fan­no capi­re che più che a un cam­bia­men­to del­la leg­ge elet­to­ra­le si pen­sa – da par­te del Gover­no – a un suo maquil­la­ge. Il pre­mio di mag­gio­ran­za, per come è con­ce­pi­to, pro­prio soprat­tut­to a cau­sa del dop­pio tur­no uni­co nazio­na­le (che non ha nul­la a che vede­re con il dop­pio tur­no di col­le­gio), è il mag­gio­re difet­to del­la leg­ge e anche il pro­fi­lo su cui si stan­no appun­tan­do i mag­gio­ri dub­bi di costi­tu­zio­na­li­tà. La leg­ge infat­ti pre­ve­de che il pre­mio di mag­gio­ran­za sia attri­bui­to alla lista più vota­ta che ha otte­nu­to il 40%. Que­sta otter­rà, al net­to di quel­li degli ita­lia­ni all’estero, il 54% dei seg­gi. Può esse­re un pre­mio impor­tan­te, ma quan­to­me­no è defi­ni­to: fino al 14%. Nor­mal­men­te, però, fis­sa­ta una per­cen­tua­le per attri­bui­re il pre­mio, se que­sta non vie­ne rag­giun­ta la que­stio­ne è chiu­sa. Signi­fi­ca che nes­su­no quel pre­mio lo ha meri­ta­to. Così face­va anche la “leg­ge truf­fa” che attri­bui­va cir­ca il 65% dei seg­gi ma a chi aves­se otte­nu­to alme­no il 50% dei voti. L’Italicum, inve­ce, è insa­zia­bi­le e quin­di, se nes­su­no ottie­ne il 40%, por­ta al bal­lot­tag­gio le due liste più vota­te attri­buen­do il 54% dei seg­gi a quel­la che ha otte­nu­to sem­pli­ce­men­te un voto in più, a pre­scin­de­re dal­la per­cen­tua­le otte­nu­ta al pri­mo e al secon­do tur­no e del nume­ro dei votan­ti. Per esse­re più con­cre­ti: nel 2013, con cir­ca 35 milio­ni di elet­to­ri (pari al 75%), sareb­be­ro anda­te al bal­lot­tag­gio due liste che insie­me ne rap­pre­sen­ta­va­no poco più di 17 milio­ni: il M5S, con 8.691.406 (pari al 25,43%) e il Pd, con 8.691.406 (pari al 25,56%). Al bal­lot­tag­gio pre­su­mi­bil­men­te non avreb­be­ro par­te­ci­pa­to quan­to­me­no mol­ti elet­to­ri dei par­ti­ti di cen­tro­de­stra (che tut­ti insie­me arri­va­va­no a qua­si 10 milio­ni) e anche alcu­ni che ave­va­no vota­to per altre liste. Si sareb­be potu­ta regi­stra­re così, al bal­lot­tag­gio, la par­te­ci­pa­zio­ne maga­ri di cir­ca 25 milio­ni di elet­to­ri, poco più del 50%, con la vit­to­ria anche per un solo voto o comun­que per poche cen­ti­na­ia di miglia­ia (mol­to plau­si­bi­le visti i risul­ta­ti del pri­mo tur­no) di un par­ti­to che, con poco più del 25% dei con­sen­si al pri­mo tur­no, avreb­be otte­nu­to il 55% dei seg­gi. Alla fac­cia del­la ragionevolezza.

Ora, su que­sto enor­me pro­ble­ma, sul qua­le anche la Cor­te costi­tu­zio­na­le è sta­ta chia­ma­ta a inter­ve­ni­re, è sta­to pian­ta­to un palet­to di ina­mo­vi­bi­li­tà.

Di cosa stia­mo quin­di par­lan­do? Evi­den­te­men­te di modi­fi­che che non inci­do­no sul cuo­re del­la leg­ge. Non a caso la mozio­ne appro­va­ta dal­la mag­gio­ran­za rima­ne così gene­ri­ca, e – anco­ra una vol­ta –si risol­ve in un (pos­si­bi­le) cam­bia­men­to fine a se stesso.

Sia­mo sicu­ri che appe­na cam­bie­ran­no qual­co­sa dal Gover­no si affret­te­ran­no a dire che que­sta “è la vol­ta buo­na”, “ce l’abbiamo fat­ta” (que­sto il teno­re dei tweet di Pre­mier e mini­stra), che final­men­te sapre­mo chi gover­ne­rà (a pre­scin­de­re dal con­sen­so popo­la­re, biso­gna aggiun­ge­re, però…)… che que­sta leg­ge “tra cin­que anni sarà copia­ta da mez­za Euro­pa”, que­ste le testua­li paro­le del Pre­mier all’indomani dell’approvazione, sal­vo che poco più di un anno dopo for­se non ce l’avremo più noi. Insom­ma, come al soli­to, l’importante è cam­bia­re, con sprint. Che poi que­sto ser­va per gira­re a vuo­to, facen­do e disfa­cen­do leg­gi pri­ma anco­ra che sia­no appli­ca­te, con un’enorme per­di­ta di tem­po e risor­se, que­sto non impor­ta. In fon­do, alme­no, que­sto Gover­no “fa qual­co­sa”… no?

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