Questa primavera abbiamo voluto proporre di “riaprire la politica” con Fase 3, il documento pubblicato da Possibile mentre la pandemia era al suo apice e nessuno sembrava in grado di mettere in fila delle idee sensate per affrontare il dopo.
Ora che il “dopo” è arrivato appare sempre più evidente che non fare niente aspettando che passi non è la migliore delle soluzioni. I deficit storici che ci accompagnano sono diventati cruciali e ci stanno trascinando sul fondo. L’inazione del governo, che ha trascorso mesi a discettare del nulla, a ipotizzare piani di rilancio con spese faraoniche, ponti sullo Stretto, spesa per armi e cementificazioni varie, si aggiunge allo status quo in ambito scolastico, sanitario e dei trasporti pubblici, settori su cui pesano anni di disinvestimento, di cessione al privato, di riduzione costante della qualità del servizio erogato. Ora che serve capacità di spesa, siamo annichiliti, oltre che da un debito gargantuesco, dall’incapacità di pianificare e progettare gli investimenti pubblici e di utilizzare prontamente e in modo adeguato i fondi europei.
Il nostro paese ha bisogno di cura, qualcosa che trascende virus e vaccini. La cura nel fare, partendo da fondamenta nuove, guardando a quella emergenza climatica che i più non vorrebbero vedere, per rimediare alle disuguaglianze crescenti, alla povertà che non è affatto cancellata, all’ignominia dei decreti disumani che sono ancora in vigore.
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