Serra(cchiani)

Le sba­glia­te e peri­co­lo­se paro­le del­la Ser­rac­chia­ni e la dife­sa mini­miz­zan­te e per­do­ni­sta di Ser­ra spo­sa­no la stes­sa mala­ta teo­ria: i migran­ti (nel­lo spe­ci­fi­co i richie­den­ti asi­lo) non sono con­si­de­ra­ti un ele­men­to ormai strut­tu­ra­le di una socie­tà da decen­ni mul­ti­cul­tu­ra­le e mul­tiet­ni­ca ma un ele­men­to “ester­no ed estra­neo” che venen­do appun­to “da fuo­ri” (secon­de e ter­ze gene­ra­zio­ni in real­tà ven­go­no “da den­tro”, come noto e oggi riven­di­ca­no, per esem­pio, un sacro­san­to ius soli che sia pie­na cit­ta­di­nan­za) deve par­cheg­gia­re in dispar­te, sen­za distur­ba­re, sen­za occu­pa­re lo spa­zio degli autoctoni.
Un richie­den­te asi­lo chie­de un atto di soli­da­rie­tà e la comu­ni­tà che lo acco­glie instau­ra con lui un rap­por­to di fidu­cia.”: qui Debo­ra Ser­rac­chia­ni mostra un pre­oc­cu­pan­te anal­fa­be­ti­smo costi­tu­zio­na­le. Bada­te bene, mostra, per­ché da giu­ri­sta e gover­na­tri­ce regio­na­le sa benis­si­mo che l’a­si­lo non è affat­to un atto di soli­da­rie­tà, una con­ces­sio­ne cari­ta­te­vo­le, un rega­lo (che “in cam­bio” richie­de “un mini­mo di rico­no­scen­za”) ma DIRITTO pie­no, fon­da­men­ta­le, ina­lie­na­bi­le, asso­lu­to, incon­di­zio­na­to (artt. 2 e 10 com­ma 3 Costi­tu­zio­ne oltre alle Con­ven­zio­ni inter­na­zio­na­li sul­la pro­te­zio­ne inter­na­zio­na­le). Ser­rac­chia­ni sa bene che è un dirit­to, per­ché da gover­na­tri­ce deve (non “può”) fare la sua par­te isti­tu­zio­na­le nel siste­ma del­l’ac­co­glien­za. Poi arri­va Ser­ra (sarà per par­zia­le con­so­nan­za di cogno­me o per sen­si­bi­li­tà poli­ti­ca o per coe­ren­za edi­to­ria­le, chis­sà) che si limi­ta a giu­di­ca­re “un po’ gof­fe” le affer­ma­zio­ni ser­rac­chia­ne, mostra di esse­re “estre­mi­sta in mate­ria di immi­gra­zio­ne” e ripro­po­ne la logi­ca mala­ta (e peri­co­lo­sa) del­lo scam­bio, del barat­to (li “ospi­tia­mo” e “in cam­bio” chie­dia­mo il rispet­to del­le leg­gi, quin­di ci sen­tia­mo “tra­di­ti” se costo­ro vio­la­no il “pat­to di ospitalità”).

Ser­ra e Ser­rac­chia­ni sul­l’im­mi­gra­zio­ne fan­no il discor­so del­la destra e dei popu­li­sti con le paro­le del­la sini­stra, quin­di tra­di­sco­no dop­pia­men­te i valo­ri e i dirit­ti di cui par­la­no. E che essen­do già scrit­ti da tem­po nel­le Costi­tu­zio­ni, nel­le Con­ven­zio­ni inter­na­zio­na­li e nel­le Leg­gi dovreb­be­ro esse­re patri­mo­nio acqui­si­to (e mai più in discus­sio­ne) alme­no di giu­ri­sti e gior­na­li­sti, anche se non (anco­ra e pie­na­men­te) di poli­ti­ci od opinionisti.

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I padroni dicono di no a tutto. E per questo scioperiamo.

La stra­te­gia del capi­ta­li­smo è quel­la di ato­miz­za­re le riven­di­ca­zio­ni, met­ter­ci gli uni con­tro gli altri, indi­vi­dua­re un nemi­co invi­si­bi­le su cui svia­re l’attenzione, sosti­tui­re la lot­ta col­let­ti­va con tan­te lot­te indi­vi­dua­li che, pro­prio per que­sto, sono più debo­li e più faci­li da met­te­re a tacere.
Ma la gran­de par­te­ci­pa­zio­ne allo scio­pe­ro del 13 dicem­bre dimo­stra che la dimen­sio­ne col­let­ti­va del­la nostra lot­ta, del­le nostre riven­di­ca­zio­ni, non è perduta.