Questo 19 luglio, invece di tanta vuota retorica, ascoltate le parole di Silvia.
“Come ogni 23 maggio e 19 luglio, i rappresentanti delle istituzioni dello Stato italiano ricordano le vittime della mafia, eroi che si sono battuti per la giustizia, ed invitano ad impegnarsi sempre nella difesa della legalità nella nostra società.
Parlare di “vittime di mafia”, un po’ come le vittime di un’inattesa catastrofe naturale, l’ho sempre trovato un modo astratto e bizarro per indicare delle persone uccise intenzionalmente e in modo atroce da altre persone spesso con la comprovata connivenza delle istituzioni.
Ci sono poi le vittime del clima di terrore creato dal sistema della mafia, questa sorta d’indolente apatia in cui tanti e tante si ritrovano costretti a vivere, tappandosi occhi ed orecchie per non mettere a rischio le proprie famiglie. Infine si potrebbe parlare delle “vittime” indirette di un sistema corrotto che arricchisce i pochi e lascia impoverire e deteriorarsi interi territori. Territori che poi si svuotano di giovani, di intere famiglie. E di ottimismo. Amicizie, affetti, amori che si ritrovano sparpagliati per l’Italia e per il mondo alla ricerca di normalità.
Tutto questo e tanto altro succede soprattutto perché lo Stato non è stato in grado di proteggere né le vittime, né coloro che inghiottiti da un sistema marcio e corrotto, non hanno trovato altre vie d’uscita e si sono resi complici macchiandosi le mani o tacendo, accettando l’inaccettabile.
Così come ogni 23 maggio e 19 luglio mi alzo con un groppo alla gola ed un magone carico di tristezza e di rabbia, perché io mi aspetto ogni volta che chi rappresenta lo Stato, oltre a ricordare e rammaricarsi, chieda scusa e faccia giustizia.
Mi aspetto che chi rappresenta lo Stato chieda scusa ai propri cittadini, alle vittime dirette ed indirette della mafia, per non aver fatto abbastanza. Che lo Stato chieda scusa per i depistaggi e le connivenze commesse dalle proprie istituzioni per mezzo secolo. Che lo Stato chieda scusa per non essere tutt’oggi in grado di fare emergere la verità su quegli omicidi, tutti quanti.
E soprattutto pretendo che lo Stato per primo agisca secondo giustizia e legalità, che punisca secondo la legge i colpevoli e le colpevoli di questi crimini. Pretendo che lo Stato protegga e promuova, i magistrati, gli ufficiali, i giornalisti e gli altri cittadini che si impegnano per fare luce e per scardinare un sistema Stato-Mafia che si tiene ancora in piedi.
I piagnistei e le grandi dichiarazioni — sempre le stesse – ad ogni ricorrenza non servono. Non si possono fare tornare i vita i morti, non si può restituire la pace alle loro famiglie, né ricostituire tutte quelle vite e quelle famiglie che si sono sgretolate nel tempo, per conseguenze dirette ed indirette di un sistema mafioso e corrotto.
Ma la giustizia sì che si può fare, ed è doveroso pretenderla. Per chi ha dato la vita per difenderla, per la nostra dignità di cittadini e per le generazioni future a cui dobbiamo consegnare un mondo pulito e profumato di giustizia”.
Silvia Romano