Su queste pagine abbiamo già ricordato che la piena e corretta applicazione della legge 194 è lontanissima dall’essere realizzata, nel nostro Paese tutto — l’obiezione raggiunge il 70% di media -, e in alcune regioni in particolare — 82% in Campania, 90% in Basilicata, 93,3% in Molise.
Inoltre, il 40 per cento dei reparti di ginecologia e ostetricia italiani non eroga il servizio tout court (obiezione di struttura). Dai dati è inoltre possibile dedurre — attraverso un semplice calcolo — che il ricorso all’aborto clandestino è un fenomeno di ampia portata e in preoccupante crescita.
All’interno di questo scenario, lo scorso 15 gennaio il governo ha approvato un decreto che depenalizza — per la gestante — il reato di aborto clandestino ma che, allo stesso tempo, innalza le sanzioni, passando da “fino a 51 euro” a “fino a 10.000 euro”. Un aumento vertiginoso e del tutto disallineato rispetto ai dati riguardanti l’applicazione della 194 che abbiamo poco fa ricordato.
Una duplice beffa: mancata applicazione di diritti riconosciuti dalla legge e innalzamento delle sanzioni.
Per intervenire alla radice del problema abbiamo depositato una proposta di legge che mira alla piena applicazione della legge 194, intervenendo perciò direttamente sulle cause, assicurando che tutti gli enti ospedalieri e tutte le case di cura autorizzate siano poste nelle condizioni di garantire quanto prescritto dalla legge, disinnescando le conseguenze che — in molte strutture — ha l’obiezione di coscienza.
Riportiamo dalla relazione introduttiva della proposta di legge:
Su queste basi, il presente testo di legge, intervenendo in modo del tutto limitato sulla legge vigente, mira – alla luce delle circostanze di fatto sopra evidenziate – ad un migliore bilanciamento tra il legittimo esercizio dell’obiezione di coscienza e l’altrettanto legittimo ricorso all’interruzione volontaria della gravidanza, mirando a garantire che almeno il 50 per cento del personale sanitario e ausiliario degli enti ospedalieri e delle case di cura autorizzate sia non obiettore. Ciò, al fine di salvaguardare i diritti dei lavoratori interessati (anch’essi sacrificati, oggi, per il personale non obiettore, che deve sobbarcarsi un lavoro straordinario), avviene attraverso la considerazione dell’equilibrio tra personale obiettore e non obiettore al momento dell’assunzione e anche attraverso le procedure di mobilità relative al personale che esercita il proprio diritto all’obiezione.