Il 2015 è stato l’anno più caldo dal 1880 ma forse lo ricorderemo come l’anno decisivo nella transizione dalle fonti fossili a quelle rinnovabili. Intendiamoci, siamo solo all’inizio e rimane ancora tantissimo da fare, ma per la prima volta possiamo dire che la transizione è veramente possibile ed è a portata di mano.
Certo è stato importante trovare l’accordo nella Conferenza di Parigi, quando 187 paesi si sono impegnati a mantenere l’innalzamento delle temperature globali “ben al di sotto” dei 2°C e di conseguenza di annullare il ricorso alle fonti fossili entro metà secolo. Ma forse è ancora più importante quello che è successo nel campo delle tecnologie, dei mercati e delle politiche di supporto. I fatti sono tanti, cerchiamo di andare con ordine evidenziando i principali.
Il Costarica, ad esempio, ha chiuso il 2015 con il 99% di produzione di elettricità da fonti rinnovabili. Per ben 285 giorni si è interamente approvvigionata da rinnovabili. L’Uruguay invece ha raggiunto “solo” il 94,5%, grazie a politiche introdotte negli ultimi 10 anni. La Danimarca ha invece realizzato un nuovo record mondiale producendo ben il 42% dell’elettricità da impianti eolici nel 2015. Risultati impressionanti ma che riguardano solo il settore elettrico. La Svezia ha però annunciato un piano per diventare il primo paese al mondo libero dalle risorse fossili. Questo avrà impatti sul settore elettrico, ma anche sui trasporti e su tutti gli altri usi energetici (riscaldamento, industria, …).
Questi esempi possono far pensare che le rinnovabili siano affare di pochi paesi, di piccole dimensioni e geograficamente fortunati. Ma vediamo cosa ha fatto il paese che ad oggi è il maggior produttore mondiale di petrolio (più dell’Arabia Saudita), di gas naturale (più della Russia) e il secondo produttore mondiale di carbone (dietro la Cina): gli Stati Uniti d’America.
Fino al 2014 la presidenza Obama aveva cercato di non forzare la mano per favorire l’adozione di provvedimenti che potessero raccogliere i voti almeno di parte della maggioranza repubblicana del congresso. Ma il presidente statunitense nel 2015 ha cambiato passo. Nel mese di agosto Barack Obama ha approvato il Clean Power Plan che limita le emissioni di anidride carbonica del settore elettrico. Nelle previsioni questo provvedimento porterà alla chiusura di centrali a carbone per un totale di circa 90 GW (giusto per avere un paragone, in Italia in totale sono attive centrali termoelettriche per meno di 80 GW). Gli incentivi alle rinnovabili introdotti faranno in modo che le centrali a carbone dismesse non saranno sostituite da centrali a gas, ma da impianti solari ed eolici. Sulle rinnovabili la Casa Bianca ha inoltre intrapreso un piano che interessa le fasce povere della popolazione, la National Community Solar Partnership che coinvolge amministrazioni locali, investitori, proprietari di casa e affittuari a basso reddito in tutti gli Stati Uniti.
Nel mese di novembre il presidente USA ha poi negato le autorizzazioni alla realizzazione dell’oleodotto Keystone XL, un’opera da quasi 2000 chilometri di lunghezza che avrebbe dovuto portare 800.000 barili di petrolio al giorno (quasi l’1% della produzione mondiale) dai giacimenti canadesi alle raffinerie del Texas.
Il congresso, nel mese di dicembre ha rinnovato il meccanismo di bonus fiscale (il cosiddetto tax credit) per la realizzazione di impianti rinnovabili. Grazie a questa decisione (inattesa persino dagli operatori del settore) si stima che gli investimenti in rinnovabili cresceranno fino a un totale di 73 miliardi di dollari nei prossimi cinque anni. Infine, pochi giorni fa il presidente ha deciso un blocco triennale alle concessioni per nuove miniere di carbone su suolo di proprietà federale.
Gli USA continuano a essere uno dei principali emettitori di anidride carbonica al mondo ciononostante appare evidente come abbiano chiaramente deciso un’inversione di tendenza, senza aspettare di essere costretti dall’esaurimento delle risorse o da altre condizioni esogene.
Ma non sono solo i provvedimenti dell’esecutivo e del congresso da segnalare. Il mercato dell’energia è già rivoluzionato. Ad esempio pare significativo che in Colorado un bando per la realizzazione di nuove centrali di produzione di elettricità sia stato vinto da un progetto fotovoltaico: quindi per grandi impianti l’energia solare è già più conveniente di quella da fonti fossili.
Grazie a questi risultati negli USA, nel 2015 per la prima volta gli occupati del settore fotovoltaico hanno superato quelli impiegati nella estrazione e raffinazione di gas e petrolio. Si parla ormai di bolla fossile, legata al settore del gas e petrolio di scisto, dove importanti investimenti si rivelano ormai sbagliati, i debiti contratti con le banche non saranno ripagati e fatalmente i lavoratori verranno licenziati. Ma la perdita di posti di lavoro non deve essere una preoccupazione, perché è ampiamente dimostrato da esperienze precedenti che a parità di elettricità prodotta, si creano più posti di lavoro nel settore delle rinnovabili e dell’efficienza che in quello delle fonti fossili. Del resto si stima che a livello globale gli impiegati nel settore delle rinnovabili fossero 7,7 milioni già nel 2014 (in crescita del 18% rispetto al 2013).
Sappiamo bene che non è possibile pensare a un mondo 100% rinnovabile senza importanti miglioramenti anche nel settore degli accumuli. Infatti l’energia solare ed eolica sono disponibili solo in alcuni momenti, mentre la domanda elettrica è continua.
Tutti abbiamo sentito parlare del lancio della Tesla Powerwall la superbatteria presentata nel mese di maggio che ha raccolto una enorme quantità di ordini. Un successo che qualcuno ha paragonato a quello di Viagra e Iphone. L’integrazione delle batterie in sistemi domestici provvisti di impianto fotovoltaico potrebbe aiutare a risolvere dei problemi di regolazione della rete elettriche, costituendo quindi un beneficio economico per tutti gli utenti del sistema.
Gli accumuli elettrici stanno diventando importanti non solo per l’integrazione domestica ma anche a scala maggiore. Nel mercato elettrico la produzione deve essere contemporanea al consumo. Ogni volta che accendiamo una lampadina, la produzione di elettricità deve aumentare per compensare questo aumento. Normalmente quindi nell’insieme degli impianti di generazione di un paese, ve ne sono alcuni che sono pensati per essere accesi e spenti velocemente per compensare rapidi aumenti di domanda. Di solito si usano impianti basati su turbine a gas, dove si brucia gas metano. Da qualche tempo invece in California hanno deciso di sostituire gli impianti a metano con dei grandi impianti basati su batterie: quando le rinnovabili producono una parte della produzione viene immagazzinata nelle batterie che possono essere attivate rapidamente al bisogno. Tutto questo è possibile perché oggi in California è più conveniente investire nelle batterie che nelle centrali a turbogas.
Se aveste previsto dieci anni fa anche solo una di queste cose, sareste probabilmente stati presi per dei pazzi visionari, liquidati con una pacca sulla spalla. Questo ci dice quanto siamo intimamente conservatori, quanta fatica facciamo a immaginarci che le cose possono cambiare in modo così radicale e in tempi così rapidi.
Ma questo ci dice anche che stiamo vivendo tempi interessanti. E che il meglio deve ancora venire.