22 marzo: primo sciopero nazionale della filiera Amazon

Lune­dì 22 mar­zo si ter­rà il pri­mo scio­pe­ro nazio­na­le dell’intera filie­ra di Amazon.

A indi­re lo scio­pe­ro sono sta­te le più impor­tan­ti asso­cia­zio­ni sin­da­ca­li di cate­go­ria che denun­cia­no l’indisponibilità dell’azienda a trat­ta­re (par­lia­mo di con­trat­ta­zio­ne di secon­do livel­lo) sui cari­chi di lavo­ro rite­nu­ti ecces­si­vi e logo­ran­ti per la salu­te psi­co­fi­si­ca dei lavo­ra­to­ri e sul­le armo­niz­za­zio­ni di con­trat­ti e sala­ri, oltre alla richie­sta dell’indennità covid per la con­ti­nui­tà del lavo­ro duran­te la pandemia.

A fer­mar­si quin­di saran­no sia i dri­ver (o cor­rie­ri che dir si voglia), sia i dipen­den­ti del­la logi­sti­ca nei magaz­zi­ni, bloc­can­do non solo Ama­zon Logi­sti­ca Ita­lia e Ama­zon Trans­port Ita­lia, ma anche tut­te le socie­tà di ser­vi­zi che per esse ope­ra­no a diver­so tito­lo e che in tota­le dovreb­be­ro arri­va­re a com­pren­de­re cir­ca 40.000 dipen­den­ti tota­li. Di que­sti meno di 10.000 sareb­be­ro assun­ti diret­ta­men­te dall’azienda a tem­po inde­ter­mi­na­to, men­tre tut­ti gli altri sono lavo­ra­to­ri in appal­to o som­mi­ni­stra­ti. Anche que­sti ulti­mi, nono­stan­te la con­di­zio­ne di estre­ma asim­me­tria nei rap­por­ti di pote­re e nono­stan­te sia­no più facil­men­te ricat­ta­bi­li a cau­sa dei loro con­trat­ti che li lascia­no in una con­di­zio­ne di estre­ma pre­ca­rie­tà, costret­ti ad accet­ta­re qual­sia­si con­di­zio­ne loro pro­po­sta, si uni­ran­no alla pro­te­sta. Secon­do i sin­da­ca­ti, inol­tre, que­sto tipo di con­trat­to in alcu­ni siti sareb­be pre­va­len­te rispet­to alle assun­zio­ni diret­te, crean­do così non solo una situa­zio­ne ille­ci­ta, ma una mag­gio­re pres­sio­ne per tut­ti que­sti lavo­ra­to­ri che si ritro­va­no a non sape­re se e in base a qua­li cri­te­ri si vedran­no rin­no­va­to o sta­bi­liz­za­to il con­trat­to. Que­sto costrin­ge i dipen­den­ti ad accet­ta­re cari­chi di lavo­ro sem­pre mag­gio­ri nel­la spe­ran­za di poter con­ti­nua­re a lavo­ra­re per l’azienda logo­ran­do­li sia fisi­ca­men­te che psicologicamente.

Tra le cau­se di stress e disa­gio psi­co­lo­gi­co si rin­ven­go­no oggi, non solo la con­di­zio­ne socio-eco­no­mi­ca dif­fi­ci­le, ma diret­ta­men­te fat­to­ri cor­re­la­ti al lavo­ro, qua­li l’aumento dei rit­mi di pro­du­zio­ne e la pre­ca­riz­za­zio­ne del lavo­ro. Se aggiun­gia­mo gli stress dovu­ti alla pan­de­mia, la situa­zio­ne rischia di diven­ta­re esplo­si­va, oltre che pericolosa.

Come denun­cia­to da un’inchiesta di Buz­z­Feed e Pro­Pub­bli­ca (oltre alle già note e nume­re­vo­li testi­mo­nian­ze) l’unica cosa che sem­bra con­ta­re nel mon­do di Ama­zon è la velo­ci­tà del lavo­ro e del­le con­se­gne. Poco impor­ta dei rit­mi di vita, del traf­fi­co, del­le esi­gen­ze per­so­na­li come il dover man­gia­re o l’eccessivo stress, l’importante è aumen­ta­re costan­te­men­te il rit­mo, il qua­le è det­ta­to dagli algo­rit­mi. Inol­tre, il siste­ma di rego­le azien­da­li pre­ve­de che le con­se­gne non ven­ga­no pas­sa­te da un cor­rie­re a quel­lo del tur­no suc­ces­si­vo, ma resti­no a pesa­re su quel­lo che le ave­va pre­se in cari­co, che dovrà quin­di smal­tir­le il gior­no suc­ces­si­vo, rischian­do un accu­mu­lo di lavo­ro e stress rilevante.

Que­sto, nono­stan­te una poli­ti­ca azien­da­le di tol­le­ran­za zero ver­so i tra­sgres­so­ri del­le rigi­de rego­le azien­da­li in mate­ria di sicu­rez­za, ha por­ta­to Ama­zon (in que­sto caso Ame­ri­ca) ad ave­re un’incidenza di infor­tu­ni di cir­ca il dop­pio del­la media nazionale.

Sul ter­ri­to­rio Ita­lia­no Ama­zon van­ta miliar­di di inve­sti­men­ti, deci­ne di miglia­ia di posti di lavo­ro crea­ti diret­ta­men­te e indi­ret­ta­men­te tra­mi­te l’indotto col­le­ga­to all’azienda, ma tut­to que­sto non può pre­scin­de­re dal­la tute­la del­la salu­te e del­la digni­tà del­le per­so­ne, ne può met­te­re l’impresa in una con­di­zio­ne di chiu­su­ra (qua­si) tota­le ver­so i sindacati.

Men­tre il pro­prie­ta­rio del colos­so ame­ri­ca­no aumen­ta­va il suo patri­mo­nio di sva­ria­te deci­ne di miliar­di (si sti­ma un aumen­to di 70 miliar­di, por­tan­do­lo ad esse­re l’uomo più ric­co del mon­do o il secon­do in base alle sti­me), solo nel 2020, un anno disa­stro­so per l’economia glo­ba­le, i suoi lavo­ra­to­ri non han­no rav­vi­sa­to un visto­so miglio­ra­men­to del­le pro­prie con­di­zio­ni ed anzi si sono ritro­va­ti a dover chie­de­re rego­le basi­che di tute­la in tem­po di pandemia.

La pro­te­sta dei lavo­ra­to­ri di Ama­zon segue quel­la dei lavo­ra­to­ri del­la logi­sti­ca di Pia­cen­za del­la TNT (grup­po FedEx), i qua­li han­no otte­nu­to il rispet­to di con­trat­ti basi­la­ri dopo anni di lot­te, ma si sono visti col­pi­re dall’attuazione dei decre­ti Sal­vi­ni dopo le ulti­me mani­fe­sta­zio­ni, la qua­le ha por­ta­to a 29 inda­ga­ti e 2 sin­da­ca­li­sti agli arre­sti domi­ci­lia­ri. Per­so­ne che sen­za l’uso del­la vio­len­za han­no mani­fe­sta­to chie­den­do il rispet­to dei loro diritti.

Anche per que­sto il bloc­co dell’intera filie­ra Ama­zon (dopo sin­go­li scio­pe­ri del­le varie filia­li suc­ce­du­ti­si negli anni) è l’ennesima dimo­stra­zio­ne che qual­co­sa nel­la logi­sti­ca e nel­la distri­bu­zio­ne non fun­zio­na come dovrebbe.

Lo scio­pe­ro del­la filie­ra Ama­zon va quin­di ad inse­rir­si in un più ampio con­te­sto di riven­di­ca­zio­ni di dirit­ti e digni­tà da par­te di tut­ti quei lavo­ra­to­ri del­la logi­sti­ca e dei tra­spor­ti che abbia­mo con­si­de­ra­to essen­zia­li, sopra­tut­to nel­le fasi più cri­ti­che del­la pan­de­mia, ma ai qua­li anco­ra non sem­bria­mo in gra­do di accor­da­re tute­le ade­gua­te. Azien­de che han­no visto aumen­ta­re enor­me­men­te il loro fat­tu­ra­to negli ulti­mi mesi non pos­so­no esi­mer­si dal­le loro respon­sa­bi­li­tà spe­ran­do che basti­no sofi­sti­ca­te tec­ni­che di mar­ke­ting e pub­bli­ci­ta­rie per ripu­li­re la loro imma­gi­ne: i lavo­ra­to­ri chie­do­no rispet­to e noi chie­dia­mo lo stes­so per loro.

Gia­co­mo Berni

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