220 ASL, 220 sistemi di tracciamento diversi. La prima cosa da fare è digitalizzare

È il momento di ribadire l’urgenza di prendere al più presto queste misure: di assumere personale, di investire sul digitale, sul tracciamento e – non ci stancheremo mai di dirlo – sui tamponi, riprendendo quel “Piano Crisanti” che era stato annunciato e mai davvero preso in considerazione.

Ricor­da­te l’Estonia? Ne par­lia­mo da sem­pre, del suo model­lo di pub­bli­ca ammi­ni­stra­zio­ne che ha fat­to negli ulti­mi anni un deci­so sal­to in avan­ti ver­so il digi­ta­le per esten­de­re i suoi ser­vi­zi, garan­tir­li a tut­ti i cit­ta­di­ni, sem­pli­fi­ca­re, e valo­riz­za­re il lavo­ro di quei nodi che pos­so­no diven­ta­re una rete, se solo c’è un siste­ma che con­sen­te loro di farlo.

Ci è tor­na­ta in men­te ieri, leg­gen­do la pre­zio­sa inchie­sta di Repub­bli­ca sul “Nau­fra­gio”, i moti­vi per cui la secon­da onda­ta del Covid ha col­pi­to l’Italia con una velo­ci­tà e una for­za che non abbia­mo sapu­to trattenere.

Già ad apri­le, in un pez­zo di Giam­pao­lo Coria­ni, ave­va­mo invi­ta­to il gover­no ad inve­sti­re in manie­ra mas­sic­cia sul trac­cia­men­to dei posi­ti­vi e dei loro con­tat­ti, uni­co modo per ridur­re la cir­co­la­zio­ne del virus sen­za limi­ta­re le liber­tà per­so­na­li, e sen­za sca­te­na­re quei dram­ma­ti­ci effet­ti socia­li cui stia­mo assi­sten­do e cui pro­ba­bil­men­te con­ti­nue­re­mo ad assi­ste­re nei pros­si­mi mesi. 

Come ave­va­mo invi­ta­to il gover­no a dotar­si di un coor­di­na­men­to nazio­na­le, che aves­se un qua­dro d’insieme sul­la dif­fu­sio­ne dei con­ta­gi su tut­to il territorio.

Di tut­to que­sto, pur­trop­po, è sta­to fat­to mol­to poco, e poco se ne è par­la­to quest’estate, quan­do i pro­ble­mi sem­bra­va­no risol­ti e il rischio di una secon­da onda­ta è sta­to sot­to­va­lu­ta­to da mol­ti, sia tra i cit­ta­di­ni che le istituzioni.

L’inchiesta di Repub­bli­ca di ieri ha mes­so nero su bian­co due cose che tut­ti colo­ro che lavo­ra­no nei Dipar­ti­men­ti di Pre­ven­zio­ne del­le ASL san­no benis­si­mo e che denun­cia­no alme­no dal­la fine di ago­sto, spes­so ina­scol­ta­ti: man­ca­no i trac­cia­to­ri (sui 3mila che dove­va­no esse­re assun­ti, ne sono all’opera solo 346) e man­ca, soprat­tut­to, un siste­ma uni­co di trac­cia­men­to nazionale. 

Le 220 ASL che copro­no il pae­se han­no 220 siste­mi diver­si, che trop­po spes­so non par­la­no tra loro. Alcu­ni impie­ga­no dei soft­ware su base regio­na­le (Vene­to, Emi­lia-Roma­gna, Puglia), altri usa­no fogli excel, o addi­rit­tu­ra la carta.

Fabri­zio Fag­gia­no, diret­to­re dell’Osservatorio Epi­de­mio­lo­gi­co del­la ASL di Ver­cel­li, rac­con­ta a Repub­bli­ca: “I 126 posi­ti­vi del foco­la­io di ago­sto li abbia­mo con­ta­ti uno a uno sfo­glian­do file excel. Men­tre le pro­pag­gi­ni di quel clu­ster che si sono este­se a Nova­ra sono custo­di­te nel­la memo­ria di un altro com­pu­ter, in un’altra ASL.”

Non ave­re un siste­ma uni­co di trac­cia­men­to non signi­fi­ca solo fare più fati­ca a rico­strui­re le cate­ne di con­ta­gio, signi­fi­ca anche non riu­sci­re a basa­re su dati cer­ti e atten­di­bi­li le scel­te su cosa chiu­de­re. A oggi, non pos­sia­mo sape­re con cer­tez­za se i tra­spor­ti pub­bli­ci sono effet­ti­va­men­te il prin­ci­pa­le luo­go di tra­smis­sio­ne del virus; non pos­sia­mo sape­re con cer­tez­za il ruo­lo avu­to dal­la ria­per­tu­ra del­le scuo­le; non pos­sia­mo sape­re se ci si amma­la di più a casa, a lavo­ro, allo Sta­dio, al bar o al risto­ran­te.

Non pos­sia­mo saper­lo, per­ché man­ca­no i dati: quel­li che solo attra­ver­so un lavo­ro coor­di­na­to dei Dipar­ti­men­ti di Pre­ven­zio­ne e un’analisi atten­ta e rigo­ro­sa pos­so­no rive­lar­ci qual­co­sa di più sul virus e su come fermarlo. 

Lo ha scrit­to anche il Grup­po di Ricer­ca “Uni­ti si ripar­te”, in una let­te­ra indi­riz­za­ta al Capo del­lo Sta­to Mat­ta­rel­la e ideal­men­te al gover­no: “è neces­sa­rio rac­co­glie­re milio­ni di dati, ren­der­li com­pa­ti­bi­li tra loro e con­di­vi­der­li più rapi­da­men­te pos­si­bi­le per poter­li stu­dia­re con tut­ti gli stru­men­ti dispo­ni­bi­li, com­pre­so l’uso dell’intelligenza arti­fi­cia­le avan­za­ta. Per far­lo basta cono­sce­re e adot­ta­re le tec­no­lo­gie e le pro­ce­du­re cor­ret­te. In poche set­ti­ma­ne si potreb­be­ro rea­liz­za­re data­ba­se frui­bi­li e alta­men­te infor­ma­ti­vi”.

Oggi, in una gior­na­ta in cui il nume­ro di posti in tera­pia inten­si­va occu­pa­to è aumen­ta­to di nuo­vo di 100 uni­tà e quel­lo dei rico­ve­ri di 1196, in un gior­no in cui il tas­so di posi­ti­vi­tà dei tam­po­ni si è atte­sta­to su un pre­oc­cu­pan­te 17.1%, pro­ba­bil­men­te non è il momen­to di con­cen­trar­si sul­le respon­sa­bi­li­tà di chi ci ha fat­to accu­mu­la­re ritar­di decen­na­li dell’amministrazione pub­bli­ca sul­la digi­ta­liz­za­zio­ne, né sugli erro­ri – fat­ti da mag­gio a tut­ti i livel­li e mani­fe­sta­ti­si in tut­ta la loro gra­vi­tà in que­ste set­ti­ma­ne – che ci han­no con­dot­to nel­la situa­zio­ne in cui ci troviamo.

È il momen­to, però, di riba­di­re l’urgenza di pren­de­re al più pre­sto que­ste misu­re: di assu­me­re per­so­na­le, di inve­sti­re sul digi­ta­le, sul trac­cia­men­to e – non ci stan­che­re­mo mai di dir­lo – sui tam­po­ni, ripren­den­do quel “Pia­no Cri­san­ti” che era sta­to annun­cia­to e mai dav­ve­ro pre­so in considerazione.

Per­ché, ce lo ha ricor­da­to pro­prio Andrea Cri­san­ti in un’intervista di qual­che gior­no fa a TPI, con ogni pro­ba­bi­li­tà alla secon­da onda­ta segui­rà una ter­za, e per allo­ra dovre­mo far­ci tro­va­re preparati. 

Con un’occhio all’Estonia, e uno alla sani­tà pubblica.

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