[vc_row][vc_column][vc_column_text]250 mila metri cubi. È questa la massa di ghiaccio che rischia di collassare verso l’abitato di Courmayeur. A dare l’allarme sono state le strutture tecniche della Regione Valle D’Aosta e la Fondazione Montagna Sicura. Entrambi gli istituti hanno registrato una forte accelerazione nello scivolamento del ghiacciaio Planpincieux, che ha raggiunto la velocità di 50–60 centimetri al giorno.
Per queste ragioni, l’amministrazione comunale ha disposto un’ordinanza che vieta l’accesso nelle zone a rischio e la contestuale evacuazione delle medesime.
«Abbiamo dovuto adottare tali misure — ha spiegato il sindaco Stefano Miserocchi — poiché lo scenario di eventuale caduta della porzione di ghiacciaio interessa questa volta il fondo valle antropizzato. Tali fenomeni testimoniano ancora una volta come la montagna sia in una fase di forte cambiamento dovuto ai fattori climatici, pertanto è particolarmente vulnerabile. Nella fattispecie si tratta di un ghiacciaio temperato particolarmente sensibile alle elevate temperature».
Nella stessa valle, il 7 agosto scorso un evento franoso aveva causato la morte di due turisti, travolti a valle nella loro auto. E come scordare l’alluvione “senza piogge” che ha travolto Zermatt a luglio. Per non parlare del monitoraggio serrato a cui è sottoposto il Cervino a rischio crollo e le coperture per rallentare lo scioglimento del ghiacciaio del Presena.
«Mi sento “gretino” — ha scritto Luca Mercalli a seguito della sua ultima operazione di rilievo — perché anche quest’anno sul ghiacciaio Ciardoney (Gran Paradiso), che osservo da trentatré anni, ho misurato 1,7 metri di perdita di spessore».
Quella di ghiacciai e montagne, elementi apparentemente immutabili ma in realtà in continuo cambiamento e movimento, è una condizione di grande fragilità di fronte all’emergenza climatica e all’innalzamento delle temperature. Si sciolgono i ghiacciai, che perdono estensione e spessore, ma si scioglie anche il “permafrost”, il ghiaccio perenne che tiene insieme le rocce.
Questo significa che le conseguenze non arriveranno nel 2050, e nemmeno nel 2030: significa che oggi le montagne sono meno sicure per le persone, gli abitati e per l’intero ecosistema. Significa che oggi chiudiamo strade ed evacuiamo aree urbanizzate e valutiamo la chiusura dei sentieri alpini. Significa che oggi sono minacciate le risorse idriche e l’equilibrio delle comunità alpine.
Le conseguenze dell’emergenza climatica sono sempre più evidenti e sempre più evidente è che non stiamo parlando di un “capriccio da ecologisti”, ma di una vera e propria minaccia che rischia di travolgere tutti quanti, a partire dalla specie umana. Ecco perché abbiamo una “cartellina verde” di misure possibili e necessarie per un governo del cambiamento climatico.
Stefano Catone
Francesca Druetti[/vc_column_text][/vc_column][/vc_row]