Questo articolo muove da un quesito che ci siamo posti, con Possibile: al di là dell’aspetto formativo, la didattica a distanza può bastare, ai nostri ragazzi per lo sviluppo della loro personalità e per il loro benessere psichico? O, ancor peggio, la didattica a distanza può fare addirittura dei danni? E se è così, non è forse arrivato il momento di mettere la salute di tutti sul piatto della bilancia, compresa quella emotiva dei più giovani?
L’obiettivo di questo lavoro, sia chiaro, non è scotomizzare i drammatici problemi legati alla pandemia da Coronavirus, né fornire banali soluzioni (vedi banchi con le rotelle) che avrebbero vita breve ed efficacia risibile. L’obiettivo è parlarne e pensare insieme. Perché gli adolescenti non debbano essere immolati sull’altare dell’emergenza sanitaria che, dopo oltre un anno, emergenza non è più.
I dati ci dicono che la salute psichica dei nostri figli abbia subito un drastico crollo nell’ultimo anno: aumento di casi di disturbo da stress post – traumatico, disturbi da stress acuto, ma anche depressione, lutto complicato e disturbi del sonno, nonché dell’ideazione suicidaria tra gli adolescenti.
I ragazzi che i sintomi di patologie psichiche li avevano già prima della pandemia, nonché le loro famiglie, a oggi, hanno quasi uniformemente visto ridursi benessere, supporto educativo e scolastico, socializzazione e qualità / quantità delle cure fornite: esistono studi che rivelano l’aggravarsi di patologie quali il disturbo ossessivo compulsivo, i disturbi del comportamento alimentare, autismo, disturbi della condotta e disabilità intellettiva.
Ritornando al nostro quesito iniziale possiamo, quindi, concordare sul fatto che la didattica a distanza non è sufficiente per garantire uno sviluppo psichico e personologico confrontabili con quello della didattica in presenza. Ma un altro quesito ci aveva mossi: la didattica a distanza e l’impossibilità conseguente dei ragazzi di uscire di casa per recarsi a scuola, potrebbe creare nocumento?
Si, perché gli studi ci dicono ci esistono anche effetti negativi diretti generati dall’aumento dell’uso dell’informatica che si accompagna alla didattica a distanza: l’entità dell’attuale sfruttamento di internet e dei social network ha generato un aumento dell’uso patologico di videogame, internet addiction (vi ricordate quanto se ne parlava, prima del COVID, della dipendenza da internet, arrivando addirittura a definirla “pandemia”?), ma anche aumento dell’insicurezza nei confronti del proprio corpo, scarsa autostima e ideali di magrezza correlati all’uso sensibilmente aumentato dei social network.
Perturbante il dato per cui la permanenza a casa, soprattutto nei nuclei familiari più fragili, si correlerebbe con aumentato rischio di violenza familiare, lavoro minorile, traffico di bambini, matrimoni precoci, sfruttamento sessuale e morte.
Compreso chi scrive, siamo in molti in Possibile ad avere una storia politica iniziata da pochissimo, quel gruppo via via sempre più grande di nuovi tesserati che tanto impensieriscono l’ispettore Vassalotti, ma lo stile del partito è chiarissimo: critiche si, ma costruttive. E allora vada per le nostre idee.
Punto primo: gli psicologi. Dobbiamo assumerne di più, soprattutto psicologi specializzati nella psicoterapia dell’età evolutiva. Va superato l’attuale modello medicocentrico della gestione del disagio psicologico, ma al contempo bisogna fornire più cure gratuite ed all’interno del sistema sanitario nazionale per tale disagio. I supporti alla salute psichica devono essere distribuiti sul territorio (questo è risultato tristemente vero per tutta la sanità pubblica, anche alla luce delle eclatanti falle del sistema lombardo durante il COVID), devono lavorare su sistemi di prossimità, devono avere un atteggiamento proattivo nei confronti del malessere, devono puntare alla destigmatizzazione della malattia mentale.
Punto secondo: aiutare economicamente le famiglie più in difficoltà, quelle per cui tale pandemia è diventata la benzina su un incendio che in molti casi era già acceso ma che ora si è fatto intollerabile ed in cui il prezzo è pagato soprattutto dai ragazzi. Tali aiuti economici, in molti casi andranno accompagnati da aiuti sociali: supporti alla genitorialità, pasti gratuiti, affiancamento nello svincolo di donne e bambini da situazioni di violenza perpetrate su un retroterra culturale patriarcale e che nel periodo pandemico si è reso ancor più grave data la perdita di occupazione drammaticamente a spese delle donne.
Ultimo punto ma primo in ordine di importanza: dare la priorità alla riapertura delle scuola. Il nostro comitato “Alla base la scuola” ha sviluppato proposte alternative all’attuale DAD (no classi pollaio, modifiche del ciclo annuale scolastico, turnazioni nell’arco della giornata e molte altre) e tali idee sono da attuarsi in modo rapido per ridurre i danni già causati, come dimostrato sopra.
Tutto per riportare i ragazzi ad una normalità che, probabilmente, sarà diversa da quella pre-COVID ma che non deve essere in nessun modo inferiore: sono gli anni in cui formiamo gli adulti di domani e come diceva Douglass “E’ più facile costruire bambini forti che riparare uomini rotti.”