Decine di migliaia di italiani stanno firmando perché nel prossimo giugno si tengano 8 referendum su temi importanti per la vita e il futuro di tutti noi, tre dei quali su materie ambientali. In un appello dieci figure rappresentative del mondo ecologista chiedono ad associazioni, comitati, gruppi impegnati sui temi dell’ambiente e della sostenibilità di mobilitarsi con forza per tagliare entro fine settembre il traguardo delle cinquecentomila firme, soglia minima per giungere al voto.
Questi i firmatari (insieme a chi scrive): Monica Frassoni copresidente del Partito Verde Europeo, Giusi Nicolini sindaca di Lampedusa, Rossella Muroni direttrice generale di Legambiente, Anna Donati ambientalista esperta di mobilità e infrastrutture, Mario Tozzi geologo e commissario del Parco dell’Appia Antica, Gianni Silvestrini direttore scientifico del Kyoto Club, Marco Boschini blogger e attivista ambientale, Paola Natalicchio sindaco di Molfetta.
Cosa si chiede con gli 8 referendum? Si chiede se sia sensata una “riforma” della scuola che si illude di risolverne problemi con i presidi manager, o la scelta contenuta nel “Jobs Act” di ridurre le garanzie a tutela di chi lavora. Se la legge elettorale appena approvata rispetti o meno i diritti costituzionali e democratici delle minoranze. Se vada bene la scelta del governo Renzi di seminare in giro per il Paese, mare compreso, migliaia di trivelle per estrarre petrolio, cioè di “remare contro” la rivoluzione energetica in atto in tutto il mondo che punta invece su efficienza e rinnovabili e riduce ogni giorno l’utilizzo delle fonti fossili. Infine, si chiede se non sia una buona idea cancellare la Legge Obiettivo sulle grandi opere varata a suo tempo dal governo Berlusconi: legge che il giudice Cantone ha definito criminogena, che ha finanziato negli anni quasi soltanto autostrade e altre infrastrutture e ambientalmente devastanti tipo il TAV Torino-Lione, che tra corruzione e sprechi ha sottratto risorse preziose alle opere piccole e grandi indispensabili per mettere in sicurezza il nostro territorio e per dare agli italiani servizi pubblici — dai trasporti alle acque — efficienti e sicuri.
La campagna referendaria sta avendo successo, malgrado il silenzio pressoché totale dei grandi media: una vera censura che purtroppo nel caso dei referendum non è una novità, ma che questa volta ha toccato vette incredibili tanto da indurre i promotori a inviare una segnalazione all’Agcom. Ora comunque si tratta di correre l’ultimo miglio, centrando entro fine settembre l’obiettivo delle cinquecentomila firme necessarie per sottoporre i quesiti referendari al giudizio di legittimità della Corte Costituzionale e poi per arrivare al voto nella prossima primavera.
In particolare per ciò che riguarda i referendum di argomento ambientale, in gioco c’è molto di più dell’abrogazione di leggi sbagliate: c’è una diversa idea di sviluppo, di organizzazione sociale da quella seguita da tutti gli ultimi governi. Insomma un’idea diversa di futuro, la sola in grado costruire autentico benessere e fronteggiare i grandi rischi ambientali planetari a cominciare dai cambiamenti climatici.
Noi pensiamo che l’Italia abbia un’unica vera carta per superare la crisi di questi anni ed evitare il declino: mettersi alla guida di quella parte del mondo che sta mettendo l’ambiente, la sostenibilità al centro del suo modo di produrre, di consumare. Abbiamo più di altri la possibilità di farlo, lo dimostrano migliaia di imprese che dall’energia pulita alla chimica verde, dal riciclaggio dei rifiuti ai nuovi materiali hanno scommesso sul “green” e anche per questo hanno retto meglio degli altri all’urto della crisi economica e spesso, malgrado la crisi, sono cresciute in dimensioni, in occupazione e in capacità competitiva.
Ma questa sfida non riguarda solo l’economia, anzi se resta limitata alle imprese virtuose è una sfida persa. Per vincerla servono politiche pubbliche di radicale cambiamento: che spingano la nuova energia e sacrifichino un po’ della vecchia, che nella scelta delle infrastrutture da realizzare tengano conto più dei bisogni dei cittadini che degli appetiti di qualche lobby potente. Serve, cioè, l’esatto contrario di quanto fatto finora dal governo Renzi e dalla sua maggioranza: che ha lanciato un grande piano di trivellazioni petrolifere a terra e in mare, non si è sognato di toccare la Legge Obiettivo e invece insiste su scelte costosissime e dannose (la Torino-Lione su tutte), che anziché promuovere la modernizzazione del ciclo dei rifiuti — riduzione, recupero, riuso, riciclaggio — ha previsto con una norma recente la costruzione di dodici nuovi inceneritori di rifiuti.
Dicevamo e ripetiamo: ora c’è da correre l’ultimo miglio per giungere davvero alla convocazione dei referendum. Per tagliare il traguardo delle cinquecentomila firme occorre l’impegno di tutti coloro che la pensano, sui temi oggetto dei quesiti referendari, come noi: associazioni ambientaliste, comitati che si battono contro le trivellazioni e le grandi opere anti-ambientali, cittadini convinti che il “green new deal” proposto dagli ecologisti in tutta Europa sia per l’Italia una prospettiva tanto più necessaria e promettente. Ci sono ancora tre settimane per offrire agli italiani una scelta di vero, radicale, positivo cambiamento: mettiamoci la firma!