L’innalzamento dei mari e tutto quello che c’è da fare per evitare una catastrofe

300 milioni le persone che vivono in aree a rischio, minacciate da inondazioni e dall'innalzamento del livello del mare, il triplo rispetto alle precedenti previsioni. Stavolta l'orizzonte temporale è ancora più ravvicinato: 2050. Cioè fra 30 anni, in tutti gli scenari possibili, per Venezia non ci sarà scampo

Non basta­va­no le poco ras­si­cu­ran­ti pro­ie­zio­ni futu­re sul cli­ma e le tem­pe­ra­tu­re ela­bo­ra­te dai cli­ma­to­lo­gi del Cli­ma­te Impact Lab, ades­so ci sono le map­pe inte­rat­ti­ve del Cli­ma­te Cen­tral che ci mostra­no dove l’ac­qua som­mer­ge­rà le ter­re emer­se (e soprat­tut­to den­sa­men­te abi­ta­te) del Pia­ne­ta. 300 milio­ni le per­so­ne che vivo­no in aree a rischio, minac­cia­te da inon­da­zio­ni e dal­l’in­nal­za­men­to del livel­lo del mare, il tri­plo rispet­to alle pre­ce­den­ti pre­vi­sio­ni. Sta­vol­ta l’o­riz­zon­te tem­po­ra­le è anco­ra più rav­vi­ci­na­to: 2050. Cioè fra 30 anni, in tut­ti gli sce­na­ri pos­si­bi­li, per Vene­zia non ci sarà scam­po, poi a secon­da che l’au­men­to del­le tem­pe­ra­tu­re medie sia di 1.5, 2 (ipo­te­si otti­mi­sti­che, ormai) o più gra­di ci saran­no rica­du­te non poco signi­fi­ca­ti­ve anche sul­la ter­ra­fer­ma.  Robert Watson, già pre­si­den­te del­l’I­pcc e di Ipbes, a pro­po­si­to degli Accor­di di Pari­gi sostie­ne che «Tec­ni­ca­men­te potreb­be­ro esse­re rag­giun­ti, ma gli impe­gni pre­si dal­la comu­ni­tà inter­na­zio­na­le sono ina­de­gua­ti e non vedo la volon­tà poli­ti­ca di raf­for­zar­li. Solo i 28 Sta­ti mem­bri dell’Ue e altri set­te Pae­si del mon­do han­no assun­to impe­gni coe­ren­ti con l’obiettivo di ridur­re a 1,5 gra­di l’incremento del­la tem­pe­ra­tu­ra. Sia­mo però pro­iet­ta­ti ver­so un mon­do che sarà 3–4 gra­di più cal­do».  In que­sto momen­to la sca­let­ta del­le prio­ri­tà, del­le emer­gen­ze, è muta­to rispet­to allo scor­so anno, anno nel qua­le il tema del col­las­so cli­ma­ti­co è entra­to pre­po­ten­te­men­te nel­la quo­ti­dia­ni­tà e al cen­tro del dibat­ti­to poli­ti­co. Quel­lo del Cli­ma e del­la soprav­vi­ven­za del­la spe­cie uma­na è però il tema che con­tie­ne tut­ti gli altri e che inci­de (aggra­van­do­li) su tut­ti i pro­ble­mi che già ci sono. I cam­bia­men­ti cli­ma­ti­ci cau­sa­no dan­ni eco­no­mi­ci rile­van­ti già ades­so, influen­zan­do anche i set­to­ri socioe­co­no­mi­ci, osta­co­lan­do la ridu­zio­ne del­la pover­tà, la salu­te uma­na, ren­den­do meno sicu­ra la dispo­ni­bi­li­tà di cibo e acqua, e i siste­mi eco­lo­gi­ci. Sono mol­te­pli­ci gli stu­di che con­fer­ma­no quan­to sia mag­gio­re il costo del­l’i­na­zio­ne rispet­to a quel­lo da soste­ne­re per inver­ti­re la rot­ta dei cam­bia­men­ti cli­ma­ti­ci e del­la per­di­ta di bio­di­ver­si­tà. Si dovreb­be­ro sov­ver­ti­re siste­mi e sche­mi eco­no­mi­ci e finan­zia­ri, rein­di­riz­zan­do i sus­si­di ener­ge­ti­ci, agri­co­li e dei tra­spor­ti. Par­ten­do dagli incen­ti­vi per la pro­du­zio­ne e il con­su­mo soste­ni­bi­li. Andreb­be final­men­te inclu­so il capi­ta­le natu­ra­le nei bilan­ci nazio­na­li. Secon­do Scott Kulp, auto­re del­lo stu­dio e ricer­ca­to­re di Cli­ma­te Cen­tral  “i cam­bia­men­ti cli­ma­ti­ci saran­no in gra­do di alte­ra­re cit­tà, eco­no­mie, coste e inte­re regio­ni duran­te la nostra vita”. In Ita­lia non man­ca­no le aree costie­re a for­te rischio innal­za­men­to del mare, saran­no 540.000 mila le per­so­ne col­pi­te da inon­da­zio­ni annua­li da qui al 2050, sen­za par­la­re del­le dife­se costie­re (e dei rela­ti­vi costi) che sareb­be­ro neces­sa­rie per pro­teg­ge­re per­so­ne e beni. La Ban­ca Mon­dia­le ha sti­ma­to il costo del­la minac­cia degli ocea­ni in mil­le miliar­di di dol­la­ri l’anno in tut­to il mon­do. Se non saran­no avvia­ti inter­ven­ti di adat­ta­men­to al rischio. E quin­di se non saran­no crea­ti argi­ni, instal­la­ti siste­mi di pom­pag­gio del­le acque, crea­te cas­se di espan­sio­ne dove far flui­re l’ac­qua in caso di for­ti mareg­gia­te e maree ecce­zio­na­li. Azio­ni che dovran­no esse­re coor­di­nar­te a livel­lo sovra­re­gio­na­le e pen­sa­te per il medio perio­do. Lo stu­dio di Cli­ma­te Cen­tral spie­ga bene che l’a­zio­ne di miti­ga­zio­ne (cioè di taglio del­le emis­sio­ni) da sola non baste­rà a disin­ne­sca­re il rischio per­chè i nostri mari e i nostri ocea­ni han­no assor­bi­to la mag­gio­ran­za del­l’a­ni­dri­de car­bo­ni­ca emes­sa, sono diven­ta­ti più cal­di, più aci­di, si sono innal­za­ti e con­ti­nue­ran­no a cre­sce­re anche dopo un even­tua­le taglio del­le emis­sio­ni. Per evi­ta­re (l’i­ne­vi­ta­bi­le?) nei pros­si­mi decen­ni ser­vi­ran­no inter­ven­ti per tute­la­re il nostro ter­ri­to­rio. Non sarà solo il lavo­ro del futu­ro (imme­dia­to) ma anche un modo di pre­ser­va­re il futu­ro dei gio­va­ni e del­le pros­si­me generazioni.

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