Nella risoluzione adottata il 25 giugno il Parlamento europeo rammenta “l’impegno dell’UE a promuovere, proteggere e rispettare il diritto di ogni persona e di ogni donna e ragazza di avere il pieno controllo sulle questioni concernenti la propria sessualità e i propri diritti sessuali e riproduttivi e di decidere in modo libero e responsabile al riguardo, senza discriminazioni, coercizioni o violenze”. Il Parlamento europeo ha dichiarato l’accesso all’aborto un diritto umano e incitato gli Stati membri a garantire un accesso universale alla salute sessuale e riproduttiva. In particolare il Parlamento si rammarica della prassi comune in alcuni Stati membri che consente al personale medico di rifiutarsi di fornire servizi sanitari sulla base dell’obiezione di coscienza, negando quindi l’assistenza all’aborto e ponendo a repentaglio la vita e i diritti delle donne. Nella risoluzione si invitano i membri ad attuare “efficaci misure normative ed esecutive che garantiscano che l’obiezione di coscienza non comprometta l’accesso tempestivo delle donne all’assistenza in materia di salute sessuale e riproduttiva”. Si afferma a chiare lettere che “l’obiezione di coscienza individuale non può interferire con il diritto del paziente di avere pieno accesso all’assistenza e ai servizi sanitari” e se ne deve tenere conto di questo aspetto nella distribuzione geografica dei servizi sanitari, sottolinea la risoluzione. In Italia a che punto siamo? Insomma, il nostro governo dovrebbe proprio sentirsi chiamato in causa punto per punto… Ancora nella stessa risoluzione, il Parlamento europeo evidenzia gli effetti negativi della Tampon tax per la parità di genere e chiede ai governi UE di eliminare la tassa sui prodotti per il ciclo, avvalendosi della flessibilità introdotta dalla direttiva UE sull’IVA e applicando esenzioni o aliquote IVA allo 0% . Il testo fa appello ai Paesi UE affinchè affrontino la povertà mestruale, “assicurando che chiunque ne abbia bisogno possa disporre di prodotti mestruali gratuiti”. Si tratta di una proposta di cui Possibile è stato promotore in Italia ma che il contesto di arretratezza culturale della classe politica attuale non è stato in grado di raccogliere. Definiti “beni essenziali” nella risoluzione del Parlamento europeo, in Italia gli assorbenti igienici sono invece tassati come beni di lusso. Il Parlamento chiede inoltre di dare accesso universale a una gamma completa di servizi in materia di salute sessuale e riproduttiva e relativi diritti, prestando un’attenzione particolare ai gruppi emarginati, comprese tra l’altro le donne appartenenti a minoranze etniche, razziali e religiose, le donne migranti, le donne che vivono nelle zone rurali e nelle regioni ultraperiferiche dove i vincoli geografici impediscono l’accesso diretto e immediato a tali servizi, le donne con disabilità, le donne sprovviste di assicurazione sanitaria, le persone LGBTI, le vittime di violenza sessuale e di genere. Infine nella risoluzione “si esprime profonda preoccupazione” per il fatto che alle donne e alle ragazze con disabilità venga troppo spesso negato l’accesso alle strutture nell’ambito della salute sessuale e riproduttiva e il diritto al consenso informato in relazione all’uso dei contraccettivi e che esse siano persino esposte al rischio di sterilizzazione forzata. Si chiede ai governi nazionali, di attuare misure legislative a tutela dell’integrità fisica, della libertà di scelta e dell’autodeterminazione per quanto riguarda la vita sessuale e riproduttiva delle persone con disabilità. Insomma, ritroviamo tante delle battaglie portate avanti nelle proposte politiche di Possibile, ma lasciate ai margini del discorso politico italiano, incapace di agire in tutela dei diritti de* cittadin*. Perché la risoluzione del Parlamento europeo non resti lettera morta, è importante mobilitarsi tutt* a partire dal livello locale e nazionale. Le campagne di Possibile hanno già avuto esito positivo in varie realtà locali, unendo le forze il cambiamento avviene.
Silvia Romano