Il 17 gennaio è previsto a Milano, presso Palazzo Lombardia, un convegno organizzato da Regione Lombardia dal titolo “Difendere la famiglia per difendere la comunità”.
Il governatore Maroni concluderà i lavori con un suo intervento. La locandina è stata creata sulla base delle linee guida della comunicazione di Regione Lombardia ed è organizzato dalla Direzione Generale Culture Identità ed Autonomie, con la collaborazione di associazioni che hanno come obiettivo la “cura dell’omosessualità”.
Il tema del dibattito sarà proprio la tutela della famiglia tradizionale, costituita da uomo e donna, con un chiaro attacco ai cittadini omosessuali ed alle loro famiglie.
In Lombardia risiedono molte famiglie omogenitoriali (famiglie composte da genitori dello stesso sesso), che non possono non essere offese e preoccupate da quanto ha deciso la Regione.
Regione Lombardia è un’istituzione pubblica e, come tale, ha il dovere di creare le condizioni per una società democratica in cui i cittadini possano sentirsi liberi e, sulla base dei contributi economici di ognuno, tuteli le loro libertà e la loro vita. Le istituzioni hanno il dovere di proteggere i propri cittadini e non devono in nessun modo creare le basi per comportamenti omofobi e pericolosi.
Dopo la Regione Veneto, che ha inteso come famiglia naturale quella fondata sul matrimonio tra un uomo ed una donna, anche la Regione Lombardia contrasta l’esistenza delle famiglie omoparentali, rischiando di mettere in pericolo i bambini e i ragazzi che compongono queste famiglie.
Posizioni culturali come quelle espresse dalle associazioni che collaborano per questo convegno, sono in contrasto con l’articolo 3 della Costituzione, che vieta ogni discriminazione.
L’associazione Famiglie Arcobaleno stima che i figli di famiglie omogenitoriali siano circa 100.000 unità.
L’omofobia si traveste, dunque, da “opinione” durante convegni in cui si sostiene che l’omosessualità è una malattia. L’Organizzazione Mondiale della sanità, l’ordine degli psicologi e molte ricerche nel campo, hanno già escluso che di malattia si tratti, definendola, invece, come espressione di identità personale.
La “Giornata della famiglia” non può essere il presupposto per comportamenti anti-democratici e discriminatori da parte delle istituzioni, soprattutto in occasione di un evento mondiale come EXPO, che dovrebbe essere aperto a tutti i popoli e durante il quale l’Italia dovrebbe mettere in vetrina il proprio carattere libertario e aperto alle sfide del mondo attuale. Una minoritaria parte della società civile vuole confinare la definizione di famiglia, alla famiglia tradizionale composta da uomo e donna, ma la realtà è ben più complessa.
A maggio arriveranno persone e famiglie da tutto il mondo, per confrontarsi sul futuro dell’umanità e su come le generazioni attuali possono aiutare le generazioni future a vivere in pace. Purtroppo tante famiglie definite tali nel loro paese, arriveranno e soggiorneranno in Italia, un Paese che invece non le riconosce e che le discrimina apertamente. E ancor peggio, tanti saranno i turisti e gli uomini e donne d’affari omosessuali che parteciperanno all’esposizione, che verranno accolti da istituzioni retrograde e da uno Stato che non prevede il reato di omofobia, che sostiene posizioni culturali ostili e che non riconosce la loro esistenza nella società, se non per la capacità di contribuire economicamente alle casse dello stato.
L’utilizzo del logo di Expo 2015, da regolamento, è possibile solo con la concessione del patrocinio di Expo, che può essere richiesto come “patrocinio non oneroso” ad “iniziative di alto profilo culturale, scientifico e/o umanitario, in attinenza con i valori fondanti del BIE Bureau International des Expositions (pace, tolleranza, dialogo, ecc.) e i temi e le finalità di Expo Milano 2015”, il cui tema centrale è “Nutrire il pianeta”. In questo caso l’utilizzo del logo di Expo sulla locandina del convegno, appare come l’ennesimo dirottamento di fondi pubblici impegnati per un obiettivo specifico, verso iniziative non attinenti, per fini propagandistici o legati alle velleità di alcuni politici.
Organizzare un convegno di confronto durante la giornata della famiglia, sarebbe stata un’occasione importante per discutere dei cambiamenti intervenuti nella società, a livello italiano e mondiale, mentre l’organizzazione di un convegno definibile senza alcun dubbio “omofobo”, allontana Regione Lombardia dalla realtà dei cittadini omosessuali che vivono in Lombardia e che tutti i giorni operano nella società lombarda, creando una spaccatura pericolosa.
Il convegno deve essere annullato, per far spazio ad un altro convegno che faciliti il dialogo, aperto alle diverse posizioni culturali dei popolo lombardo sull’argomento, comprese quelle delle famiglie omogenitoriali. Solo così Regione Lombardia creerà dei buoni presupposti per il vivere civile in Lombardia e l’accoglienza che i lombardi dovranno assicurare durante i mesi di Expo.
Silvia Grossi e Paola Ferrario — Forum Diritti Pd Lombardia