È notizia di poche ore fa il testo del nuovo disegno di legge anti-corruzione, il quale contiene anche le norme che introducono nell’ordinamento italiano il reato di auto-riciclaggio. Si tratta di un reato particolarmente importante, dato che punisce il riciclaggio e il reimpiego di denaro compiuto da chi ha commesso (o concorso a commettere) il delitto che ha prodotto il profitto illecito. In Italia, il riciclaggio colpisce invece solamente soggetti diversi dagli autori dei reati presupposto..
Tutto bene, quindi? Non esattamente. La storia del reato di auto-riciclaggio si snoda lungo i mesi scorsi (qui trovate un eccellente resoconto delle puntate precedenti), ha trovato l’appoggio sia di Letta che di Renzi, e per farcela raccontare abbiamo interrogato tre persone che hanno seguito molto da vicino la vicenda: l’onorevole Davide Mattiello e la senatrice Lucrezia Ricchiuti, membri della Commissione parlamentare antimafia, e Salvo Tesoriero, avvocato penalista.
L’iter parlamentare del reato di auto-riciclaggio cominciò con un testo di legge, depositato al Senato, specificamente in materia di auto-riciclaggio.
Ricchiuti: “L’autoriciclaggio si è guadagnato le pagine dei giornali per un motivo semplice: è un reato che manca in Italia, unico tra i Paesi europei più avvertiti in materia di criminalità economica e gli operatori lo reclamano da tempo. Per questo c’era un disegno di legge apposito al Senato, che però procedeva molto lentamente. Quasi per una casualità politico-procedurale il reato è stato associato alla discussione del progetto 2247 in discussione alla Commissione Finanze della Camera, in materia di rientro volontario dei capitali”.
Rientro dei capitali altrimenti conosciuto come “voluntary disclosure”.
Ricchiuti: “Esattamente. Si tratta della possibilità, per chi abbia capitali depositati all’estero irregolarmente, di dichiararli, farsi identificare e pagare le imposte dovute con talune agevolazioni. Ma attenzione: non si tratta di condono perché le imposte vengono pagate in larga parte e — soprattutto — vengono accertati dichiarante e fonte del reddito”.
In che modo voluntary disclosure e auto-riciclaggio si tengono assieme?
Ricchiuti: “Siccome la norma penale non è retroattiva, chi aderisce alla voluntary disclosure non si vede applicata la pena prevista dal reato di auto-riciclaggio. Chi non aderisce alla voluntary disclosure, al contrario, dal momento dell’entrata in vigore della legge potrà incorrere nel reato di auto-riciclaggio. Si tratta di un metodo per rendere più stringente l’offerta di chiudere i conti con il fisco. Per questo — con un emendamento a firma Causi, Civati, Mattiello e altri deputati del PD — l’incriminazione dell’auto-riciclaggio è stata aggiunta lo scorso 2 luglio al disegno di legge “.
In queste ultime ore abbiamo saputo del nuovo testo prodotto dal Governo. A che punto si trovava, invece, il disegno di legge di cui abbiamo parlato, il numero 2247 in materia di rientro volontario di capitali?
Ricchiuti: “La Commissione Finanze della Camera ha approvato il testo il 23 luglio e ha inviato il suo testo alla Commissione Giustizia per il parere, e questa lo ha reso il 6 agosto, suggerendo delle lievi modifiche alla descrizione del reato di auto-riciclaggio. Ora dovrebbe essere finalmente tutto pronto per portare il testo in Assemblea. La sua definitiva approvazione appare però impedita dalla nuova proposta del Governo”.
Spostiamoci sull’altro fronte, quello governativo, appunto, che in un preciso momento diventa il luogo in cui il reato di auto-ricicalggio viene discusso. Onorevole Mattiello, il governo come si sta muovendo sul fronte dell’auto-riciclaggio?
Mattiello: “Sto seguendo faticosamente le evoluzioni del reato di auto-riciclaggio… Il ministro Orlando lo aveva inserito nel testo denominato “Criminalità organizzata” portato in Consiglio dei Ministri il 29 agosto, insieme a molti altri testi. Si trattava di un buon testo, sia nel complesso, sia relativamente al reato in oggetto: oltre all’auto-riciclaggio conteva il rafforzamento del falso in bilancio, la riforma delle misure di prevenzione, dell’agenzia nazionale per i beni confiscati, del trattamento dei familiari delle vittime di mafia”.
Un testo che inciderebbe fortemente nel contrasto della criminalità economica.
Mattiello: “Esatto, peccato che non sia mai “atterrato” in Parlamento, diversamente dal testo relativo al processo civile che è stato formalmente depositato in Senato. Pare che le resistenze maggiori siano dovute precisamente al reato di auto-riciclaggio. Mi risulta che il testo sia ancora fermo per questo all’ufficio legislativo del Ministero della Giustizia”.
Infine, si arriva al 24 settembre e alla presentazione di un nuovo testo, sempre di iniziativa governativa. Che giudizio possiamo dare?
Tesoriero: “Si tratta di un passo indietro rispetto all’emendamento Causi – Civati, destinato ad indebolire in modo consistente l’efficacia della tutela rispetto ad una condotta di cui ormai da tempo si chiede (soprattutto da voci sovranazionali) la sanzione penale. Un “prodotto del nazareno”, forse. Certamente un prodotto meno utile”.
Più nello specifico, quali sono gli aspetti che vengono indeboliti rispetto all’emendamento Civati — Causi?
Tesoriero: “Vi sono almeno tre punti che destano perplessità e/o meritano modifiche nella formulazione della fattispecie. Il primo punto riguarda l’area di operatività della norma, irragionevolmente ridotta. La norma “si applica .. a chiunque, avendo commesso o concorso a commettere un delitto non colposo punito con la reclusione non inferiore nel massimo a cinque anni”. Sulla base di questa formulazione, rimarrebbero non punite le condotte di autoriciclaggio che s’innestano su reati presupposto puniti con pene meno gravi (reclusione inferiore nel massimo a cinque anni), tra cui, solo per fare esempi rilevanti, alcuni importanti delitti tributari, l’appropriazione indebita, la truffa semplice. In relazione a questi (e altri) reati le condotte di autoriciclaggio rimarrebbero impunite. Si tratta di una restrizione del perimetro punitivo non opportuna perché neutralizza l’operatività del reato rispetto ad alcuni fatti, in particolare di matrice prettamente economica, in cui la condotta di autoriciclaggio si configura di rilevanza apprezzabile (anche a livello penale) non diversamente dalle altre condotte punite. E’, in questo senso, preferibile una formulazione che preveda in casi analoghi una circostanza attenuante ad effetto speciale. La condotta di autoriciclaggio sarebbe comunque punita ma con pena inferiore”.
E questo è solo il primo punto… Il secondo?
Tesoriero: “Il secondo riguarda la formulazione delle condotte tipiche, che è fragile e si espone a dubbi interpretativi. La norma sanziona anche il “trasferimento ovvero l’impiego in attività economiche o finanziarie del provento del reato”. Si tratta di una condotta scivolosa perché sanziona anche il mero impiego (seppur “in attività economiche o finanziarie”). La condotta punibile rimane ambigua. Ed infatti — tipico caso di cattiva coscienza — il comma successivo si premura di specificare che l’autore non è punibile quando il denaro è destinato all’utilizzazione o al godimento personale. Formulazione anche questa ambigua, che potrebbe dar vita a seri contrasti nell’interpretazione della norma. Sarebbe preferibile non punire radicalmente il reimpiego, oppure operare con modifiche adeguate direttamente sull’art. 648 ter c.p. “impiego di denari, beni o utilità di provenienza illecita” (in modo che sia più chiara la condotta sanzionata).
Anche l’utilizzo dell’avverbio “concretamente” rischia di rivelarsi fonte di ambiguità interpretative. L’esigenza che sta sullo sfondo del ricorso alla locuzione avverbiale mi sembra nobile (restringere l’area di applicazione della norma alle ipotesi in cui si ostacoli realmente l’identificazione della provenienza delittuosa del bene). Ed in questo senso una locuzione sostanzialmente equivalente compare anche nelle proposte di alcune Commissioni di studio (ad es. Commissione Fiandaca). Credo, però, che la formulazione legislativa possa evitare di farsi carico della dimensione “concreta” dell’ostacolo: l’ostacolo deve essere concreto; se non è concreto non è un ostacolo”.
Arriviamo al terzo punto di debolezza.
Tesoriero: “È necessario incentivare maggiormente le condotte collaborative. L’attenuante per le condotte collaborative (che nel testo prevede uno sconto di pena fino alla metà) potrebbe essere potenziata per favorire le condotte collaborative (ad esempio “scontando” la pena di due terzi, come previsto nell’emendamento Causi-Civati)”.
Nel complesso, che giudizio possiamo formulare?
Tesoriero: “L’introduzione del reato di autoriciclaggio è obiettivo importante che va perseguito attraverso una formulazione convincente della norma. In questo senso, guardare a ciò che è stato già fatto, in termini di lavoro parlamentare, avvicina l’obiettivo”.
Ricchiuti: “Il nuovo testo propone di limitare l’ambito di applicazione del reato di autoriciclaggio ai proveniti di delitti puniti con non meno di cinque anni di reclusione. Questa limitazione ha due controindicazioni: la prima è che esclude i reati fiscali, giacché i vari reati di falsa dichiarazione dei redditi e di omessa dichiarazione sono puniti con pene più basse e questo — di per sé — è assurdo; ma poi proprio questo elemento spezza il nesso tra rientro dei capitali e autoriciclaggio, rendendo il primo meno invitante, laddove invece il MEF si aspetta che esso porti nelle casse dello Stato almeno un miliardo di euro (secondo alcuni esperti molto di più). Le opinioni qui si dividono: secondo taluni così non va bene per niente e non se deve fare nulla più (giacché la voluntary disclosure sarebbe così nient’altro che un condono mascherato); io viceversa penso che dotare il nostro sistema penale di un attrezzo fondamentale per il contrasto della criminalità economica e mafiosa sia sempre meglio di niente”.
Mattiello: “Il nuovo reato di auto-riciclaggio deve colpire chi evade le tasse, perché bisogna colpire la condotta più odiosa e dannosa per l’economia. Chi froda il fisco e poi impiega il tesoretto così accumulato per fare affari, colpisce gravemente e doppiamente il nostro Paese: prima perché non contribuisce con le tasse al mantenimento dei servizi pubblici, venendo meno al dovere di solidarietà cui siamo tutti tenuti dalla Costituzione, poi perché entra in maniera sleale nel mercato, distorcendo la concorrenza”.
Per concludere, dal momento della presentazione del nuovo testo, su pressione del MEF e dei parlamentari già citati, si sta cercando di lavorare ad una soluzione che superi lo scoglio dei cinque anni, ritenendo che questo limiti fortemente la punibilità del reato di auto-riciclaggio, rendendolo di fatto inefficace. Sviluppi parlamentari si attendono settimana prossima, quando il testo sarà discusso in Commissione Finanze.