E insomma, abbiamo il Petrolio. Poco importa se sia di pessima qualità, pieno di impurità che vanno eliminate vicino ai punti estrattivi, difficile da estrarre perché posto in grande profondità e col rischio di contaminare falde acquifere. Non importa se il petrolio che abbiamo sia una melma densa e corrosiva che necessita di numerosi trattamenti ed è ben lontano dall’immaginario texano. Non importa se “l’Europa ci chiede” di ridurre l’utilizzo di fonti fossili e puntare sulle rinnovabili.
Il Governo ha deciso di trivellare l’Italia da nord a sud e ha deciso che il settore è così strategico che non saranno i territori a decidere, ma ogni decisione potrà passare in mani statali.
Due finalità si pone lo Sblocca Italia: raddoppiare le estrazioni di idrocarburi e accentrare nelle mani dello Stato il potere decisorio di tutti i prodotti energetici considerati strategici, anticipando di fatto la riforma dell’art. 117 della costituzione, al momento in stallo.
L’articolo 38 dello Sblocca Italia, in particolare, rivoluziona il settore a tutto vantaggio delle compagnie petrolifere. Si snelliscono i tempi per le autorizzazioni e si scavalcano i territori accentrando in mani ministeriali sia le autorizzazioni ambientali per le concessioni offshore che la competenza sulla Valutazione di Impatto Ambientale. Per i procedimenti attualmente in corso di valutazione presso le Regioni (un centinaio circa su tutto il territorio nazionale), è stata fissata la data del 31 dicembre 2014 per portarle a termine, dopodichè la competenza passerà in mano al ministero. Se tutte dovessero essere approvate ci sarebbe un incremento preoccupante delle trivellazioni in terra e in mare, da nord a sud.
Ci sarebbe molto da dire su questo provvedimento, ma uno ci preme sottolineare ancora una volta. Le istanze dei territori, dei cittadini e degli enti a loro più vicini, non avranno più voce in capitolo.
La salute, il rischio sismico e idrogeologico, la tutela di attività economiche in molti potenziali siti strategici come la pesca, l’agricoltura e il turismo, l’inquinamento dell’aria e dell’acqua saranno questioni tolte dalla valutazione dei territori.
E se lo Sblocca Italia toglie voce ai cittadini, noi nel nostro piccolo, vorremmo dargliela: ecco una piccola rassegna delle nostre antenne sul territorio.
Michele dal Molise: “Visto l’obiettivo del decreto, raddoppio delle estrazioni nazionali di idrocarburi, il Molise e l’intera macroregione adriatica potrebbero subire danni incalcolabili e irreparabili! Con l’aggravante che il Molise passa da una percentuale dell’incidenza delle attività petrolifere sul proprio territorio dal 26% all’86%. Noi, invece, riteniamo che una delle strade maestre possibili per lo sviluppo oggi è la programmazione razionale della produzione di cibo. E per produrre cibo bisogna preservare e ricostruire l’equilibrio naturale delle risorse spontanee, prima di tutto. Inseguire per mera speculazione lo sfruttamento obsoleto delle scarse risorse petrolifere infierendo sul mare devasterà le nostre fragili coste. L’impatto delle trivelle nell’Adriatico blinda di fatto ogni scelta di pianificazione compatibile con il territorio, che vuole sognare e concretizzare progetti di sviluppo turistico esclusivo, anche a breve termine. Non è tollerabile che la micro economia del turismo, della balneazione, della pesca, che già ci sono, vengano spazzate via. In un contesto di crisi delle aziende sarebbe come aggredire la regione con una crociata cieca e priva di qualunque criterio saggio. Abbiamo la possibilità di ammortizzare i colpi durissimi della crisi generale lasciando alle aziende, le nostre piccole aziende a conduzione familiare, che vivono di ristorazione, turismo, agricoltura, la possibilità di resistere e ripensare una economia di difesa, di sopravvivenza e di innovazione. Sostanziale per ricostruire la barriera sociale che il lavoro, anche il piccolo lavoro, garantisce a questi territori. Non possiamo permettercelo perché ciò annienta ogni altra forma di economia possibile. Dobbiamo sostenere la nostra economia di resistenza per attraversare una crisi terribile avendo a disposizione un territorio delicato e friabile. Abbiamo già subito terremoti, alluvioni, e in questo modo ci verrebbe tolto ogni spiraglio di indirizzo progettuale. Non possiamo permettercelo! Il mare Adriatico per noi, per il Molise, per l’intera macroregione adriatica, è una grande cassaforte per lo sviluppo eco-sostenibile.Le nostre regioni hanno una configurazione e una storia che supera i confini amministrativi. Dobbiamo affrontare anche questo tema con il piglio, la forza e i numeri della macro-area. Dobbiamo puntare a essere le Regioni della qualità della vita, dobbiamo avere lungimiranza, dobbiamo favorire gli spostamenti in un ambiente sano. I confini non siano un limite per il diritto dei cittadini alla qualità della vita e per la valorizzazione dei nostri territori.”
Valentina dalla Sicilia: “In Sicilia, “dove tutte le navi passano, dove tutti i pescatori pescano”, nel cuore più prezioso del Canale, lo Stato italiano vorrebbe trasformare il tragitto ad una corsa ad ostacoli sotto il segno del petrolio. Con un colpo di spugna il decreto legge “Sblocca Italia” del governo Renzi spazza via una legge che blindava le coste più preziose della Sicilia spalancando i cancelli alle trivelle off-shore. Un decreto che rappresenta un elemento di forte pericolo per il nostro territorio isolano da secoli soggetto ad attività sismica, per l’intero ecosistema ricco di fonte di benessere e di risorse naturali che rischiano di essere vittima della peggiore cementificazione incontrollata. Si pensi che nelle Egadi sorge la più grande area protetta dell’Europa. Una grave minaccia anche per tutti quei settori dell’economia come la pesca e il turismo che dipendono dal mare e che sono fonte di sviluppo per la nostra isola. La mobilitazione delle “coscienze” in Sicilia si è attivata sin da subito per scongiurare l’eventualità di uno stravolgimento ambientale notevole. Da anni, comitati “No Trivellazioni”, organizzazioni di categoria del settore ittico, Legambiente, Greenpace, amministratori locali e cittadini insieme — con proteste pacifiche — chiedono ai governi di fermare le trivellazioni a tutela della biodiversità del Mediterraneo. Nessuna risposta dai Governi nazionali e solo bugie dal governo regionale. Il Presidente Crocetta, renziano della seconda ora, — che nell’aprile 2013 garantiva un’audizione all’ARS (Assemblea Regionale Siciliana) contro tali progetti — ha di fatto regalato il nostro mare ai petrolieri. Greenpeace, WWF e Legambiente insieme a LIPU Birdlife Italia, Italia Nostra, Touring Club Italia, Legacoop Pesca Sicilia, ANCI Sicilia e i comuni di Licata, Vittoria, Ragusa, Scicli, Palma di Montechiaro e Santa Croce Camerina, hanno presentato ricorso al TAR del Lazio contro il decreto 149/14, emanato dal Ministro dell’Ambiente, che sancisce la compatibilità ambientale del progetto “Off-shore Ibleo” di ENI. Si tratta del primo progetto nel Canale di Sicilia che prevede otto pozzi, una piattaforma e vari gasdotti al largo della costa tra Gela e Licata, nonostante una valutazione davvero carente e inaccettabile, come denunciato da Greenpeace nei mesi scorsi. È la prima volta che un fronte così ampio si schiera compatto contro le trivellazioni off-shore, confermando che la tutela del mare non è solo una priorità per gli ambientalisti, ma una necessità anche per le amministrazioni locali e per chi rappresenta attività economiche come il turismo e la pesca fondamentali per il Paese. Contro le trivellazioni petrolifere anche i Sindaci siciliani del Partito Democratico sono scesi in campo annunciando iniziative in merito alla difesa dell’ambiente e dei loro territori. Per agevolare un’azione congiunta Anci Sicilia ha creato un coordinamento trasversale ed inclusivo di tutti i sindaci dell’isola. Le battaglie continueranno. Non ci fermeremo! Renzi ci dica cosa vuole fare della Sicilia. Se trasformarla in una piattaforma industriale oppure valorizzare il patrimonio dell’isola nel segno della sostenibilità. Lucio Dalla in una delle sue canzoni diceva: “Così stanno umiliando il mare, così stanno piegando il mare”. Noi difenderemo a tutti i costi il nostro mare e siamo certi che lui nella sua immensità sopravviverà.”
Paolo dall’Abruzzo: “In Abruzzo abbiamo tre progetti in particolare: 1) Ombrina mare 2: si prevede la realizzazione (ad opera della Medoilgas) di una piattaforma in mare a circa 6 km dalla Costa dei Trabocchi (una delle più belle e suggestive dell’intera costa adriatica) di fronte a San Vito Chietino (CH), per l’estrazione di idrocarburi. Ad essa sarà affiancata una nave enorme (ad ancoraggio quasi fisso) per lo stoccaggio e prima raffinazione degli estratti (desolforazione); 2) Elsa 2: è previsto, inoltre, un pozzo (ad opera della Petroceltic) esplorativo a circa 7 km dalla costa tra Francavilla (CH) e Ortona (Ch), e nei pressi di tre riserve naturali regionali (Ripari di Giobbe, Punta dell’Acquabella e Lido Riccio); 3) E’ prevista, infine, la richiesta di trivellazioni per l’attivazione di nuovi pozzi presso la piattaforma Rospo Mare, a largo di Vasto (CH) e con le acque molisane. Tantissimi i no abruzzesi a questi progetti, partire dal Presidente di Regione che auspica una strategia unitaria in collaborazione con i partner della strategia europea per la regione adriatico-ionica (Eusair) recentemente riuniti a Bruxelles.”
Infine una testimonianza dalla Regione più sacrificata al petrolio, quella di Giammaria dalla Basilicata: “La Valle dell’Agri è un lembo di terra lucano sconosciuto da molti: 1.400 km² nella regione più sconosciuta d’Italia, la Basilicata. In questo piccolo pezzetto di terra, con poco più di 30.000 abitanti sparsi in 21 paesini, esiste l’oro: l’oro nero. Sotto di essa c’è il giacimento petrolifero più grande d’Europa, dove si estraggono 85.000 barili da oltre 40 pozzi, oltre il 7% del fabbisogno nazionale. Scrivi petrolio e leggi ricchezza: il Texas d’Italia, lucania saudita, lavoro per tutto. Non in Val d’Agri. La Basilicata è una delle regioni più povere d’Europa, 1 famiglia su 3 è sotto la soglia di povertà, le royalties che provengono dal petrolio (il 15%, una delle percentuali più basse del mondo) non hanno portato ricchezza ma solo povertà. L’ENI, azienda pubblica quotata in borsa, viene vista come un nemico, un invasore, un predone. Pochi lucani ci lavorano, poche infrastrutture sono state costruite, poche aziende investono. Si estrae soltanto, e poi si inquina. Nessuno vuole più comprare i prodotti di questa terra: sono inquinati, dicono. Ed ora con lo Sblocca Italia vorrebbe ridurre la Basilicata in un colabrodo, trasferendo allo stato la competenza delle concessioni petrolifere. Il Governo deciderà se far fare altri 10, 50, 100 pozzi: “perchè non andare ad estrarre il petrolio se ne abbiamo a sufficienza” dice Renzi, non pensando minimamente a venire qui in val d’Agri a parlare con la popolazione, a vedere le loro facce, le loro speranze, le loro paure. A questi loro abitanti avevano promesso ricchezza e benessere e hanno ricevuto polvere , inquinamento e indifferenza, trattati peggio di un popolo da colonizzare. Sblocca Italia = sblocca trivelle, la peggior cosa che si poteva fare.”