Socialisti francesi: tra frondisti e rischio di scissione

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Fran­cois Hollande

Più l’a­zio­ne rifor­ma­tri­ce del gover­no Ren­zi pro­se­gue, più appa­re evi­den­te il para­dos­so sul­la qua­le si fon­da: le rifor­me pro­po­ste, ela­bo­ra­te, ese­gui­te dal Gover­no, por­ta­te in vota­zio­ne in Aula sem­pre più spes­so non han­no il sup­por­to di un voto popo­la­re che le legit­ti­mi, nel sen­so che non tro­va­va­no col­lo­ca­zio­ne in alcun pro­gram­ma elet­to­ra­le. Nè il pro­gram­ma di «Ita­lia Bene Comu­ne», al qua­le dovreb­be ispi­rar­si il lavo­ro dei par­la­men­ta­ri elet­ti nel­le fila del PD, tan­to­me­no nel pro­gram­ma con il qua­le Mat­teo Ren­zi ha vin­to le pri­ma­rie (che rima­ne, comun­que, un pro­gram­ma con­gres­sua­le). E anzi, alle vol­te sem­bra­no rifor­me con­tro le qua­li, non più di un anno fa, ci sarem­mo bat­tu­ti (rifor­ma del­l’art. 18, bonus bebè, con­ces­sio­ni auto­stra­da­li e tri­vel­la­zio­ni e gran­di ope­re, per fare alcu­ni esempi).

Tale para­dos­so esplo­de nel momen­to in cui su tali rifor­me si pone il voto di fidu­cia. Il caso ita­lia­no, però, non è solo. C’è un pre­ce­den­te mol­to simi­le, e mol­to vici­no, nel tem­po e nel­lo spa­zio. Par­lia­mo del­la Fran­cia, e del secon­do gover­no Valls. Ma andia­mo con ordine.

La V Repub­bli­ca fran­ce­se — ripas­so velo­ce*

Nata con la cri­si alge­ri­na del 1958, nel 1962 vede l’in­tro­du­zio­ne del­l’e­le­zio­ne a suf­fra­gio uni­ver­sa­le del Pre­si­den­te del­la Repub­bli­ca, il qua­le, nel­la pras­si, nomi­na e accet­ta le dimis­sio­ni del Pri­mo Mini­stro. Il pote­re ese­cu­ti­vo è dua­li­sti­co, in quan­to accan­to al Pre­si­den­te, che pre­sie­de il Con­si­glio dei mini­stri (art. 9 Cost.), «vi è il Gover­no che “deter­mi­na e diri­ge la poli­ti­ca nazio­na­le” e il Pri­mo Mini­stro che “diri­ge l’a­zio­ne del Governo”».

Il Par­la­men­to è com­po­sto da due Came­re, entram­be tito­la­ri del­la fun­zio­ne legi­sla­ti­va: l’As­sem­blea nazio­na­le (elet­ta dal cor­po elet­to­ra­le, in cari­ca per cin­que anni) e il Sena­to, ove sie­do­no i rap­pre­sen­tan­ti del­le col­let­ti­vi­tà ter­ri­to­ria­li. Il rap­por­to di fidu­cia inter­cor­re solo tra Assem­blea nazio­na­le e Gover­no. La cari­ca mini­ste­ria­le e il man­da­to par­la­men­ta­re sono incom­pa­ti­bi­li. L’As­sem­blea nazio­na­le può appro­va­re una mozio­ne di sfi­du­cia, a mag­gio­ran­za asso­lu­ta (tenen­do con­to dei soli voti favo­re­vo­li). Infi­ne, il Pri­mo Mini­stro «può por­re la que­stio­ne di fidu­cia sul­la vota­zio­ne di un testo» e «que­sto è con­si­de­ra­to adot­ta­to dal­l’As­sem­blea, a meno che non ven­ga pre­sen­ta­ta entro ven­ti­quat­tro ore e suc­ces­si­va­men­te appro­va­ta una mozio­ne di sfi­du­cia. Quin­di non solo spet­ta all’op­po­si­zio­ne dimo­stra­re che il Gover­no non ha più la fidu­cia del­l’As­sem­blea, ma il testo pro­po­sto dal­l’E­se­cu­ti­vo può esse­re taci­ta­men­te “appro­va­to” sen­za alcun voto dell’Assemblea».

Manuel Valls
Manuel Valls

Il pri­mo gover­no Valls

Manuel Valls (Par­ti­to Socia­li­sta) è sta­to nomi­na­to Pri­mo Mini­stro il 31 mar­zo 2014, a segui­to del­le dimis­sio­ni di Jean-Marc Ayrault dovu­te alla scon­fit­ta del Par­ti­to Socia­li­sta alle ele­zio­ni ammi­ni­stra­ti­ve. Il 2 apri­le 2014 è sta­ta annun­cia­ta la lista dei mini­stri, con la novi­tà del­la man­ca­ta par­te­ci­pa­zio­ne dei Ver­di. Il pri­mo gover­no è cadu­to il 25 ago­sto del­lo stes­so anno a segui­to del­le dimis­sio­ni del pri­mo mini­stro Valls. 

Le dimis­sio­ni di Valls nasco­no da uno scon­tro con l’al­lo­ra mini­stro del­l’E­co­no­mia, Arnaud Mon­te­bourg (già can­di­da­to alle pri­ma­rie socia­li­ste del 2012, risul­ta­to ter­zo con il 17% dei voti), il qua­le giu­di­ca­va la linea del­l’e­se­cu­ti­vo trop­po suc­cu­be alla poli­ti­ca di auste­ri­tà impo­sta all’Eu­ro­pa dal­la Ger­ma­nia, o più in gene­ra­le cri­ti­can­do una «linea poli­ti­ca giu­di­ca­ta da alcu­ni, sem­pli­fi­can­do, più di destra che di sini­stra e, in ogni caso, poco corag­gio­sa»

Arnaud Montebourg
Arnaud Mon­te­bourg

Il secon­do gover­no Valls

Inca­ri­ca­to nuo­va­men­te da Hol­lan­de, Valls for­ma il suo secon­do gover­no il 26 ago­sto 2014. Esco­no dal­l’e­se­cu­ti­vo, oltre a Mon­te­bourg, Benoit Hamon (Istru­zio­ne) e Auré­lie Filip­pet­ti (Cul­tu­ra), «che ha pub­bli­ca­to una pole­mi­ca let­te­ra con­tro Valls e Hol­lan­de, accu­sa­ti di aver “aggra­va­to la cri­si” e tra­di­to il pro­prio elet­to­ra­to, tas­san­do la clas­se media e pri­vi­le­gian­do sgra­vi fisca­li alle impre­se. “Man­ca solo che ci scu­sia­mo di esse­re di sini­stra”, ha chio­sa­to Filippetti».**

Al posto di Mon­te­bourg, all’e­co­no­mia, è arri­va­to Emma­nuel Macron, «il ban­chie­re d’af­fa­ri, già con­si­glie­re eco­no­mi­co di Hol­lan­de, è auto­re del “Pat­to di respon­sa­bi­li­tà”, il pac­chet­to di sgra­vi alle impre­se che ha pro­vo­ca­to la pro­te­sta dei depu­ta­ti “fron­di­sti”. La nomi­na di Macron è un segna­le chia­ro all’a­la riot­to­sa del Ps», scri­ve­va Repub­bli­ca

La fidu­cia e i dissidenti

16 set­tem­bre 2014, citan­do Il Post:

Il pre­mier fran­ce­se Manuel Valls, socia­li­sta, ha otte­nu­to la fidu­cia del Par­la­men­to con 269 voti favo­re­vo­li e 244 con­tra­ri. I voti a favo­re sono sta­ti infe­rio­ri rispet­to all’ultimo voto del­lo scor­so apri­le, quan­do era­no sta­ti 306. Sono 31 i socia­li­sti che si sono astenuti.

In sostan­za, il secon­do Gover­no Valls non ha otte­nu­to la mag­gio­ran­za asso­lu­ta. Ed è sta­to deter­mi­nan­te il com­por­ta­men­to dei socia­li­sti dis­si­den­ti, quel­li più vici­ni a Mon­te­bourg. Sono sta­ti espul­si? No, sono anco­ra tut­ti quan­ti nel grup­po socia­li­sta.

In que­sta info­gra­fi­ca (atten­zio­ne: risa­le al 29 ago­sto, quin­di è pre­ce­den­te al voto di fidu­cia) tut­ti i par­la­men­ta­ri socia­li­sti sono sta­ti cata­lo­ga­ti in base al loro posi­zio­na­men­to. I «fron­deur» sono colo­ro i qua­li han­no rifiu­ta­to «de voter le pro­gram­me de sta­bi­li­té bud­gé­tai­re en avril»: furo­no ben 41 a non votar­lo, più tre «che­vè­ne­men­ti­stes», lega­ti al grup­po socialista.

Cir­ca la metà di que­sti, appar­ten­go­no al col­let­ti­vo «Vive la gau­che!», il qua­le:

Ras­sem­ble notam­ment les «fron­deurs» socia­li­stes, récla­me une réfor­me fisca­le, un «ryth­me de réduc­tion des dépen­ses publi­ques «adap­té à la con­jonc­tu­re», une «réo­rien­ta­tion» de l’Europe et une refon­te des insti­tu­tions, dans sa con­tri­bu­tion aux éta­ts géné­raux du socialisme. 

Martine Aubry
Mar­ti­ne Aubry

La fron­da si allarga 

Oltre al calo di con­sen­si, (a fine set­tem­bre l’86 per cen­to dei fran­ce­si si dichia­ra­va insod­di­sfat­to del­l’o­pe­ra­to di Hol­lan­de), a col­pi­re la cop­pia Hol­lan­de — Valls ci ha pen­sa­to, negli ulti­mi gior­ni, anche Mar­ti­ne Aubry, la qua­le alle pri­ma­rie pre­si­den­zia­li del 2011 si clas­si­fi­cò secon­da, die­tro a Hol­lan­de e davan­ti a Mon­te­bourg. La que­stio­ne è così tor­na­ta in Parlamento:

Ben 39 depu­ta­ti socia­li­sti si sono aste­nu­ti nel­la vota­zio­ne di mar­te­dì 21 otto­bre sul­la leg­ge di bilan­cio. Fra loro i due ex mini­stri Ps Del­phi­ne Batho e Auré­lie Filip­pet­ti. Il pro­get­to di leg­ge è pas­sa­to con 266 voti a favo­re, 245 con­tra­ri e 56 asten­sio­ni. Ora pase­rà all’e­sa­me del Sena­to. I “fron­di­sti” cri­ti­ca­no soprat­tut­to i tagli di 21 miliar­di di euro, secon­do loro indi­scri­mi­na­ti e trop­po pesan­ti per gli enti loca­li, che subi­ran­no tagli di 3,7 miliar­di di euro. Inol­tre essi lamen­ta­no “la man­can­za di dia­lo­go” fra il gover­no e i depu­ta­ti del­la maggioranza.

Ipo­te­si di scissione?

Il dibat­ti­to sul­la scis­sio­ne del Par­ti­to Socia­li­sta è comun­que in cor­so. Gérard Grun­berg, poli­to­lo­go, in un’in­ter­vi­sta rila­scia­ta una set­ti­ma­na fa a Le Figa­ro, dichia­ra:

Per il momen­to, le diver­se cor­ren­ti sono obbli­ga­te a coe­si­ste­re, per ragio­ni poli­ti­che e pra­ti­che. Nes­su­no in fon­do ha inte­res­se che il Par­ti­to Socia­li­sta esplo­da. I ribel­li stes­si non voglio­no la scis­sio­ne, e pre­fe­ri­sco­no pren­de­re il con­trol­lo del par­ti­to, alme­no ideo­lo­gi­ca­men­te. Non pesa­no anco­ra abba­stan­za sul­la scac­chie­ra poli­ti­ca, e non pos­so­no spe­ra­re in un’alleanza con altri par­ti­ti di sini­stra, come il Par­ti­to Comu­ni­sta, per vin­ce­re in caso di rot­tu­ra col PS. Resta­no al momen­to mino­ri­ta­ri, e san­no che in caso di rot­tu­ra ren­de­reb­be­ro fra­gi­le la mag­gio­ran­za pre­si­den­zia­le, il gover­no, e apri­reb­be­ro la stra­da a una cri­si di cui nes­su­no cono­sce l’esito. Pre­fe­ri­sco­no dun­que con­ti­nua­re a soste­ner­lo, sep­pur criticandolo.

Le diver­gen­ze attua­li, già for­ti, sono raf­for­za­te dal fat­to che il par­ti­to sia al pote­re, e appli­chi con­cre­ta­men­te una cer­ta visio­ne del pro­gram­ma socia­li­sta. Nes­sun dub­bio che andran­no ad ampli­fi­car­si nei mesi a venire.

Tut­ta­via, se le cor­ren­ti sono costret­te a coe­si­ste­re per il momen­to, la situa­zio­ne rischia di cam­bia­re dra­sti­ca­men­te dopo le ele­zio­ni nazio­na­li del 2017. Non esclu­do che allo­ra una frat­tu­ra defi­ni­ti­va si insi­nui in seno al Partito.

C’è una dif­fe­ren­za, però, rispet­to all’I­ta­lia: Pri­mo Mini­stro e Segre­ta­rio del Par­ti­to Socia­li­sta non coin­ci­do­no, e il secon­do non cer­ca osses­si­va­men­te lo strap­po con i dis­si­den­ti, attra­ver­so con­ti­nue pro­ve di for­za. Jean-Chri­sto­phe Cam­ba­dé­lis, il Pri­mo Segre­ta­rio socia­li­sta, sta — al con­tra­rio — facen­do il pos­si­bi­le per tene­re assie­me le diver­se ani­me del partito.

E in Italia?

Non sap­pia­mo qua­le sarà il trat­ta­men­to che ver­rà riser­va­to ai dis­si­den­ti del Par­ti­to Demo­cra­ti­co, sep­pu­re le paro­le del Pre­mier e Segre­ta­rio, Mat­teo Ren­zi, non sem­bra­no far pen­sa­re ad alcun tipo di com­pren­sio­ne rispet­to alle posi­zio­ni assun­te dai par­la­men­ta­ri che espli­ci­ta­no la man­can­za di cor­ri­spon­den­za tra il man­da­to rice­vu­to e le poli­ti­che attua­te dal Gover­no. Anzi, il con­ti­nuo ricor­so allo stru­men­to del­la fidu­cia (e addi­rit­tu­ra alla fidu­cia sul­la fidu­cia, la fidu­cia al qua­dra­to, richie­sta sul­la rifor­ma del lavo­ro) non fa pre­sa­gi­re nul­la di buono.

Nel caso di un Pre­mier che assom­ma su di sé anche la cari­ca di Segre­ta­rio (lad­do­ve que­sta indi­chi la lea­der­ship del par­ti­to), gra­va a mag­gior ragio­ne l’o­ne­re di tene­re insie­me il par­ti­to. E in effet­ti (è il caso Ingle­se) la coin­ci­den­za di pre­mier­ship e lea­der­ship ha sen­so in una logi­ca che cer­ca di ren­de­re l’e­se­cu­ti­vo più sta­bi­le, se la lea­der­ship è uti­liz­za­ta per con­so­li­da­re pri­ma la posi­zio­ne nel par­ti­to per por­tar­la solo suc­ces­si­va­men­te come pro­po­sta nel­le Isti­tu­zio­ni. In que­sto dop­pio pas­sag­gio, sarà il lea­der a dover valu­ta­re se la sua stes­sa lea­der­ship è mes­sa in discus­sio­ne, e in qua­le misura.

Vive la Fran­ce!, dob­bia­mo met­ter­la così?

___________

*Mor­bi­del­li, Pego­ra­ro, Repo­so, Vol­pi. Dirit­to pub­bli­co com­pa­ra­to, Giap­pi­chel­li Editore.

**Repub­bli­ca, 26 ago­sto 2014.

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