Pochi giorni fa il Sole 24 ore ha pubblicato i risultati di un’analisi condotta insieme al Centro Studio Real Sintesi che cercava di quantificare in termini pro-capite l’effetto netto della finanziaria sui cittadini di ogni comune capoluogo di provincia in termini di trasferimenti dallo stato all’amministrazione comunale.
L’obiettivo della legge di stabilità nei confronti dei bilanci dei comuni è correggere alcuni difetti strutturali nella gestione dei medesimi, puntando su tagli da un lato e sconti sugli obiettivi del Patto di Stabilità dall’altro. Rimangono dubbi sulla sostenibilità ed efficacia della manovra per il semplice fatto che i tagli sono certi mentre per sfruttare gli sconti i comuni devono essere virtuosi e avere risorse da spendere.
La manovra si compone sostanzialmente di tre componenti, due di segno negativo e uno potenzialmente positivo. La prima sono i tagli ai trasferimenti diretti. La seconda è la costituzione di un fondo paracadute per coprire le mancate riscossioni di oneri e tributi da parte delle amministrazioni (detto Fondo crediti di dubbia esigibilità). Questi fondi saranno tanto più ingenti quanto minore la percentuale di riscossione, la media è del 66,5% ma al sud si arriva fino al 44–45%. La terza, quella di segno positivo, è l’allentamento del Patto di Stabilità che è stato pensato per liberare la spesa su investimenti locali che rispetto alle grandi infrastrutture dovrebbero tradursi in lavoro reale molto più velocemente. Il problema è che la somma algebrica di questi tre elementi per molti comuni, in particolare la maggioranza di quelli al centro-sud, potrebbe essere negativa.
L’analisi mostra quindi che il saldo netto della manovra per ogni abitante di Reggio Calabria sarà -172€ mentre a Siena sarà di +61€. Sembra però che il periodo felice per le città con saldo positivo potrebbe durare un anno soltanto, perché dall’anno prossimo l’entità del fondo paracadute sarà maggiore e prosciugherà ancora più risorse. Esempio lampante di quello che potrebbe succedere è Milano che, nonostante abbia tassi di riscossioni superiori alla media già applica in via sperimentale le regole nella versione più stringente, presenta il secondo peggior saldo a livello nazionale con -138€.
La parte della legge di stabilità che riguarda i comuni presenta quindi un lato meritevole previsto dalla riforma della contabilità degli enti locali, che cerca di ridurre la pratica di inserire nei bilanci entrate che poi non vengono incassate e che troppo spesso ha finito per finanziare spese reali con entrate teoriche. La costrizione ad una maggiore disciplina purtroppo però fa sì che l’allentamento del patto di stabilità venga in molti casi vanificato, lasciando i comuni con minori risorse.
È utile ricordare che in assenza di un piano nazionale contro la povertà, che riordini molti istituti a sostegno delle fasce più deboli, le politiche sociali sono in mano agli enti locali. Purtroppo anche la sperimentazione avviata sul Reddito Minimo dal Governo Letta è stata interrotta dal presente Governo e il tema assai discusso nella scorsa campagna elettorale sembra sparito dall’agenda politica italiana.
Molti comuni, specialmente al sud, dove la crisi si è fatta maggiormente sentire, hanno quindi un saldo di trasferimenti pro-capite negativo. Facile pensare che tra le prime vittime di questi tagli ci saranno gli interventi contro la povertà e altre politiche sociali, tra cui magari i nidi d’infanzia. I destinatari di queste spese dei comuni sono spesso coloro che sono così poveri che non ricevono nemmeno gli 80€ in più in busta paga, perché non hanno un lavoro o non sono dipendenti. Siamo quindi sicuri che le risorse arriveranno a chi ne ha più bisogno? Io no.