Uguaglianza è una parola che negli ultimi anni è quasi scomparsa dal vocabolario della sinistra che vuole sembrare moderna, forse per l’incapacità di declinarla in politiche efficaci e appetibili. Giuseppe Civati l’ha scelta come filo conduttore di tutto il suo documento congressuale e con coraggio ridona ad essa un vero significato progressista.
Il documento, con grande decisione, coglie appieno le potenzialità della lotta alla diseguaglianza:“Noi crediamo che abbattere la disuguaglianza sia fondamentale per avviare una lotta serrata contro l’inefficienza del sistema”. Questo principio è perfettamente in linea con il pensiero di Alan Krueger, già capo degli economisti di Barack Obama oltre che professore a Princeton, che è riuscito a giungere al grande pubblico nel 2012 con la presentazione di quella che lui ha chiamato la Great Gatsby Curve. La curva mostra come una maggiore disuguaglianza nella distribuzione del reddito (misurata sull’asse orizzontale con l’indice di Gini) sia associata ad una scarsa mobilità sociale (misurata sull’asse verticale con l’elasticità intergenerazionale del reddito).
Questa forte relazione sembra quindi affermare che la distinzione, molto popolare nel dibattito politico, tra uguaglianza delle opportunità e uguaglianza degli esiti pur avendo un accattivante interesse teorico ha molta meno rilevanza empirica: o le ottieni entrambe o nessuna.
La posizione nel grafico dell’Italia è decisamente molto preoccupante, soprattutto se riflettiamo con onestà alla scarsa promozione del merito (ormai un concetto quasi eversivo) nel nostro paese. Le possibilità di successo e affermazione personale di un bambino nato in Italia nel 2013, dipendono quasi esclusivamente dalle condizioni della famiglia in cui nasce. Tutto questo genera un’enorme perdita di opportunità e una grossa inefficienza per il nostro immobile paese: non stiamo dando la possibilità a migliaia di bambini di crescere e dimostrare quanto valgono. Chissà quanti potenziali geniali ingegneri o brillanti avvocati del futuro saranno in realtà vittima dell’abbandono scolastico o delle disparità regionali nella qualità del sistema scolastico e dei servizi all’infanzia?
Perché è proprio ai bambini, anche piccolissimi, che bisogna dedicare le energie e politiche di riduzione della disuguaglianza come più volte sostenuto anche da James J. Heckman (premiato con il Nobel per l’economia nel 2000). Il suo pensiero, in breve, afferma che per coltivare il successo individuale, ottenere una maggior uguaglianza delle opportunità, promuovere un’economia più dinamica e una società più sana bisogna focalizzare gli interventi di politica economica verso la prima infanzia. È infatti nella prima infanzia che si formano quelle abilità non-cognitive che tanto aiutano nella crescita e nella vita, ed è la mancanza di queste abilità che differenzia veramente i bambini nati in famiglie svantaggiate rispetto a quelli nati in famiglie benestanti.
L’obiettivo di politiche genuinamente di sinistra dovrebbe essere una “predistribuzione” delle risorse perché esse possono avere un miglior effetto di lungo periodo sulla riduzione delle disuguaglianze rispetto a più tradizionali politiche redistributive che agiscono solo nell’immediato.
Giuseppe Civati sottolinea come sia fondamentale aumentare la disponibilità di asili nido e estendere il tempo pieno nella scuola primaria, che sono vere e proprie fonti di acquisizione di abilità non-cognitive che tanto possono aiutare nello sviluppo personale.
Questo approccio all’uguaglianza, e al miglioramento delle condizioni iniziali di tutti, ha un risvolto anche più prettamente rivolto al mercato che ritroviamo nell’affermazione “uguaglianza è concorrenza leale, legalità è promozione del merito”. Ma questo è un altro post.
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