“L’Italia è una Repubblica fondata sul lavoro” recita il primo articolo della nostra Costituzione. Ma allo stato attuale delle cose si potrebbe dire che l’Italia è una Repubblica fondata sulle tasse sul lavoro. Il fisco italiano è responsabile dello svilimento del ruolo del lavoro. Si pensi che l’Italia contende al Belgio il primato della più alta tassazione sul lavoro tra tutti i paesi sviluppati. Un podio di cui non andare fieri e a cui bisogna subito porre rimedio. Per capirci, se un dipendente percepisce 1.600 euro lordi al mese e il datore di lavoro decidesse di aumentargli lo stipendio di 100 euro, 30 euro finirebbero nello stipendio del dipendente, 38 euro svanirebbero per l’imposta sul reddito delle persone fisiche, due euro in addizionali comunali e regionali e gli altri 30 in contributi sociali. Chi oggi guadagna 10.000 euro lordi paga un’aliquota marginale quasi doppia rispetto al 1975, quella che era del 13% oggi è del 23%.
Ecco perché il primo obiettivo di un governo che volesse ridare davvero centralità al lavoro dovrebbe essere quello di tagliare da subito le tasse sul lavoro piuttosto che dedicarsi all’abolizione della tassa sulla prima casa. La tassazione degli immobili non è dopotutto una nostra invenzione, basti pensare che il gettito in percentuale di Pil è circa la metà della Gran Bretagna e della Francia. Oltre a mantenere i 4 miliardi di gettito derivante dall’Imu è innegabile che servirebbero altre risorse per ridurre la tassazione sul lavoro. L’Imu da sola purtroppo non è sufficiente per coprire la riduzione delle aliquote. Innanzi tutto si sente la necessità una forte lotta all’evasione fiscale, serve un cambio di prospettiva e di metodo: riduzione del contante, digitalizzazione e centralizzazione delle fatture, riorganizzare il sistema delle deduzioni, rendere detraibili più spese per scoraggiare l’evasione fiscale.
Se queste risorse strappate all’evasione fiscale verranno impegnate per la riduzione delle imposte sul lavoro avremmo premiato tutti i cittadini onesti e non solo punito quelli disonesti. Questo potrà essere un Paese diverso: con un’evasione fiscale ai livelli delle altre economie sviluppate e un livello di imposizione del reddito da lavoro ridotto del 20% rispetto ad oggi.
Altre risorse potrebbero venire dalla riduzione della spesa pubblica che non eroga servizi, in particolare con la riduzione degli stipendi delle posizioni apicali. Nessuno potrà guadagnare più del Presidente della Repubblica. Nessuno della pubblica amministrazione, anche cumulando diversi incarichi, potrà guadagnare più di 210.000 euro lordi. Anche queste risorse risparmiate dalla spesa pubblica potranno essere impegnate a favore dei lavoratori, tagliando le aliquote dell’imposta sui redditi.