Le metà del cielo sono molte più delle due che i modi di dire e le frasi fatte, rivelatori di un certo e consolidato modo di pensare, hanno istillato nell’abitudine del linguaggio, anche oscurando la realtà oggettiva dei fatti. Ragazzi che amano ragazzi, ragazze che amano ragazze: sono universi che vanno al di là del sentimento e del rapporto di coppia, richiedendo una regolamentazione giuridica e ‑prima ancora- uno scatto nella società che diverse parti del mondo, dall’Uruguay di Pepe Mujica all’Illinois dell’equal sex marriage, hanno già accolto e fatto diventare prassi. Perché in Italia non è stato possibile anche solo aprire il discorso? Ne parliamo con Daniele Viotti, militante del Partito Democratico, co-fondatore dell’associazione Quore, già coordinatore del Torino Pride: senza reticenze nei confronti della parte politica che vogliamo cambiare.
«Il tema dei diritti delle persone LGBT ha avuto, purtroppo, la stessa evoluzione che hanno avuto altre rilevantissime questioni dentro il PD: nessuno. Come riguardo i temi dell’ambiente e i diritti delle donne, così come per le rivendicazioni delle persone omosessuali e transessuali, questo partito non discute, non approfondisce e alla fine non delibera. C’è un enorme lavoro culturale da fare ‑e che colpevolmente non è stato fatto fino ad ora- per aiutare tutto il partito, e non solo i suoi vertici decisionali, ad assumere posizioni avanzate, complete e definitive. Fino ad ora — continua Viotti — abbiamo assistito ad una discussione su formule generiche e vuote di significato come “pieno riconoscimento dei diritti delle coppie omosessuali” o “civil partnership”, di cui non si è mai discusso né dei contenuti né della portata. Io penso, e Giuseppe Civati se ne fa interprete non solo nel suo documento congressuale ma da molto tempo, che la proposta del Partito Democratico debba essere all’altezza degli altri paesi europei: il matrimonio ugualitario e la possibilità di adozione da parte delle coppie omosessuali sono una realtà a cui dobbiamo arrivare anche noi, senza soluzioni intermedie o al ribasso. Prendendoci, magari, anche il tempo per discutere e approfondire la materia: perché, come dice Fabrizio Barca, spesso nel nostro partito si discute ‑quando si discute- senza conoscere i reali termini degli argomenti».
Intanto le notizie delle ultime settimane raccontano di ragazzi gay giovanissimi che si uccidono perché insultati: è possibile in questo Paese educare alla diversità? «Sulla violenza omofobica, sull’omo-transfobia il Partito Democratico non può avere tentennamenti. Per questo ci battiamo perché in Senato la legge sull’omofobia possa migliorare eliminando gli emendamenti che ne indeboliscono la struttura e ne annullano l’efficacia. Purtroppo su questo, fino ad ora hanno pesato due gravi errori del PD: da un lato c’è il “peccato originale” delle larghe intese che ci impedisce, anche su temi che non sono stati messi nell’agenda del governo, di costruire maggioranze parlamentari diverse, evitando di edulcorare le nostre proposte rendendole sostanzialmente inutili, perché dobbiamo “trattare” con Binetti o Buttiglione o Giovanardi. D’altro canto c’è ormai questa incapacità del PD di aprirsi e confrontarsi, ritenendo di riuscire a trovare tutte le risposte al proprio interno. Non possiamo pensare di avere un rapporto con il movimento e la comunità LGBT solo perché facciamo un paio di dibattiti durante le Feste Democratiche. Il rapporto deve essere costante e continuo e a tutti i livelli. Dobbiamo aprire il nostro partito ad un confronto anche a livello territoriale proprio perché dobbiamo sviluppare una cultura della diversità a partire dalla provincia e dobbiamo sostenere e condividere il lavoro che i circoli e le associazioni, anche le più piccole, compiono faticosamente nelle nostre città. Le leggi sono naturalmente importanti ma altrettanto importante è lavorare sul tessuto sociale e culturale del Paese».
Daniele Viotti sostiene la candidatura di Giuseppe Civati alla segreteria nazionale del partito, con le primarie dell’8 dicembre: «Di Civati mi ha sempre colpito, non da ora, la capacità di “cambiare schema” nell’affrontare i problemi. Pensate a come si pone rispetto ai diritti delle donne, che affronta definendola “questione maschile”: rispetto ai temi di cui mi occupo, per esempio potremmo dire che in questo paese c’è una questione eterosessuale, più che una questione omosessuale e transessuale. Ma per rispondere in pieno alla tua domanda, aggiungo che mi piace molto il disegno di partito di Civati. In queste settimane in cui abbiamo affrontato i congressi provinciali e le convenzioni abbiamo tutti visto come l’unico interesse fosse il voto, degli iscritti, e infatti i momenti di dibattito non erano partecipati, erano poco sentiti. Abbiamo quasi abolito la pratica del confronto che, secondo me, è il sale di un partito. Civati — termina Viotti — intende recuperare questo valore e dare un vero ruolo ai circoli e ai suoi militanti e iscritti. Poi nella mozione di Civati c’è competenza nell’analisi, è il frutto del lavoro collettivo, e c’è estrema nitidezza delle risposte ai grandi temi».
#Civoti 20: Daniele Viotti