Chiedi cos’era l’Ulivo (e prendiamolo tra le braccia)

1996-1b Met­te un po’ d’or­go­glio, sen­ti­men­to che pren­de quan­do sai di fare la cosa giu­sta, il sape­re che alcu­ni nei media e all’inter­no del PD ave­va­no qua­si imme­dia­ta­men­te col­le­ga­to alla cam­pa­gna con­gres­sua­le di Giu­sep­pe Civa­ti la com­par­sa di talu­ni car­tel­lo­ni a Bolo­gna, con l’in­se­gna del­l’Uli­vo. A nes­su­no, tra quan­ti rite­ne­va­no l’i­ni­zia­ti­va in qual­che modo col­le­ga­ta alle pros­si­me pri­ma­rie, era pro­prio pas­sa­to per la men­te che die­tro potes­se­ro esser­ci i comi­ta­ti per Ren­zi o per Cuper­lo: il pri­mo, che gode del sup­por­to di una par­te del­le per­so­ne che furo­no più vici­ne a Roma­no Pro­di, avvol­ge non di rado la que­stio­ne del­l’i­den­ti­tà ‑ne ave­va par­la­to Cor­ra­di­no Mineo- in un bagno post­mo­der­no che, nel­l’ap­pun­ta­re il pas­sa­to peg­gio­re del­la sini­stra, quel­lo da non ripe­te­re, glis­sa sopra quel­lo di cui inve­ce si dovreb­be andar fie­ri, non solo per alcu­ni risul­ta­ti otte­nu­ti e fre­na­ti trop­po pre­sto. Nè pote­va esse­re fari­na del sac­co di Cuper­lo, con­si­de­ra­ta l’a­ta­vi­ca rilut­tan­za dei par­ti­ti fon­da­to­ri (chia­mia­mo­li così, discia­mo) a rico­no­sce­re auto­no­mia poli­ti­ca all’U­li­vo, al cen­tro­si­ni­stra sen­za trat­ti­no, alle deci­sio­ni pre­se sen­za un cena­co­lo alche­mi­co del­le com­po­nen­ti: distan­te anni luce dai vole­ri del­la base, su que­sto sem­pre sta­ta più coe­sa rispet­to alle diri­gen­ze. E que­sto anche mol­to pri­ma del­la fac­cen­da sigla­ta 101, quan­do la tene­ra pian­ti­na medi­ter­ra­nea è sta­ta sepol­ta, il ramo ai pie­di del sim­bo­lo del PD non è sta­to annaf­fia­to, le idee e le pra­ti­che pro­dia­ne umi­lia­te dagli accor­di al ribas­so in nome del­la ragion di Sta­to: se solo il cen­tro­si­ni­stra aves­se avu­to per il suo fede­ra­to­re il rispet­to sacra­le che la destra ha per il pro­prio, con tut­te le dif­fe­ren­ze eti­che tra i due, non sareb­be successo.

langer Ma ci sono anche altre ragio­ni, per cui Civa­ti può dir­si con­ti­nua­to­re idea­le del pen­sie­ro uli­vi­sta, e le ha ricor­da­te anche sta­mat­ti­na alla con­ven­zio­ne nazio­na­le: la costru­zio­ne del par­ti­to uni­ta­rio è avve­nu­ta sbi­lan­cian­do­si sugli affluen­ti mag­gio­ri, dai qua­li ha ere­di­ta­to più i difet­ti ‑ovve­ro la buro­cra­zia inter­na di tra­di­zio­ne pri­ma comu­ni­sta e poi dies­si­na, le cor­ren­ti tipi­che del PPI e poi del­la Mar­ghe­ri­ta- che i pre­gi, con la con­se­guen­za di per­de­re per stra­da il con­tri­bu­to, il peso, le teo­rie di per­so­ne e sto­rie poli­ti­che non solo degnis­si­me e costi­tu­zio­na­li, ma anche più recen­ti e futu­ri­bi­li. Eppu­re que­sto equi­li­brio fu mira­co­lo­sa­men­te rag­giun­to una vol­ta ‑lo spie­ga con pro­prie­tà Pao­lo Cos­sed­du rac­con­tan­do l’il­lu­mi­na­zio­ne die­tro la sor­pre­sa bolo­gne­se- nel 1996, anzi a par­ti­re dal­l’an­no pri­ma, gra­zie ai comi­ta­ti “per l’I­ta­lia che voglia­mo”, alla chia­ma­ta degli ami­ci cat­to­li­ci e con­se­guen­te inve­sti­tu­ra di Roma­no Pro­di men­tre la sini­stra e il cen­tro soste­ne­va­no (assie­me alla Lega!) il dif­fi­ci­le gover­no tec­ni­co pre­sie­du­to da Lam­ber­to Dini, all’a­de­sio­ne del­la Quer­cia ‑che a Pro­di affian­cò subi­to Vel­tro­ni- e di quel­li che un tem­po veni­va­no chia­ma­ti cespu­gli, alla nar­ra­zio­ne del­l’U­li­vo come luo­go di rac­col­ta di ispi­ra­zio­ni comu­ni (labu­ri­sta, anti­fa­sci­sta, euro­pea) e di think tank per il futu­ro, a un accor­do di desi­sten­za con le for­ze di sini­stra che non si pone­va­no il pro­ble­ma del gover­no. Da quei gior­ni, il voca­bo­lo Uli­vo incor­po­ra tut­to que­sto e anche di più, tan­to che di tut­ti i sim­bo­li pre­gres­si, è l’u­ni­co a com­pa­ri­re sti­liz­za­to nel­la nuo­va ban­die­ra demo­cra­ti­ca: come ha det­to Civa­ti alla con­ven­zio­ne, «iden­ti­tà dev’es­se­re sino­ni­mo di coe­ren­za». Anche e soprat­tut­to a par­ti­re dai sim­bo­li, dai perché.

Prodi e Ciampi 2 Moti­vi e mozio­ni han­no la stes­sa radi­ce seman­ti­ca, ossia dare il sen­so di quel­lo che si sta facen­do («a que­sta sto­ria», rimar­ca­va Ber­sa­ni), di ciò che muo­ve a impe­gnar­si in poli­ti­ca. E respin­gia­mo con for­za, anche in nome di quei nati­vi demo­cra­ti­ci, spe­cie gio­va­ni e gio­va­nis­si­mi che han­no incon­tra­to la pas­sio­ne per gli inte­res­si del Pae­se per la pri­ma vol­ta dopo il 2007, l’as­sun­to che il Par­ti­to Demo­cra­ti­co deb­ba esse­re la mera som­ma­to­ria del ceto poli­ti­co che fu dies­si­no e che fu popo­la­re: è oppor­tu­no che anche chi non c’e­ra cono­sca qua­li furo­no il sale, le spe­zie, il lie­vi­to uma­ni­sti­co attor­no al qua­le si anda­va ali­men­tan­do l’U­li­vo. «Tra­di­zio­ni for­ti, bel­le, dimen­ti­ca­te», ha det­to Civa­ti: c’è sta­to un perio­do, non trop­po lon­ta­no, in cui gli ambien­ta­li­sti non com­bat­te­va­no le pro­prie bat­ta­glie ridu­cen­do­si allo scon­tro fisi­co anche gre­ve con­tro ana­lo­ga sor­di­tà, nè rive­la­va­no retro­pen­sie­ri nim­by, ben­sì inter­cet­ta­va­no biso­gni nuo­vi, postu­la­va­no pra­ti­che miglio­ri, pen­sa­va­no in chia­ve uni­ver­sa­le e lascia­va­no intra­ve­de­re un futu­ro pos­si­bi­le. Allo­ra c’e­ra uno come Ale­xan­der Lan­ger, uno da pan­theon, una figu­ra sen­za la qua­le sia­mo tut­ti più pove­ri, non solo a sini­stra: un pen­sa­to­re per l’Eu­ro­pa, paci­fi­sta lun­gi­mi­ran­te e sen­si­bi­le, che avreb­be pro­ba­bil­men­te aiu­ta­to gli eco­lo­gi­sti ita­lia­ni a rag­giun­ge­re risul­ta­ti tede­schi e fran­ce­si. Inve­ce sta­ma­ne i Ver­di resi­dua­li han­no elet­to nuo­vi orga­ni diri­gen­ti per l’en­ne­si­ma ripar­ten­za: l’im­pe­gno è far capi­re che solo nel­la casa comu­ne dei pro­gres­si­sti le idee, le istan­ze, i valo­ri che rap­pre­sen­ta­no pos­so­no tro­va­re soddisfazione.

ulivo pds pd E se per cer­ti ver­si l’e­re­di­tà poli­ti­ca dei Ver­di pri­mi­ge­ni ha tro­va­to foce ‑alme­no sul pia­no di una nuo­va offer­ta rela­ti­va agli sti­li di vita- nei movi­men­ti e nei grup­pi refe­ren­da­ri che nel­le ulti­me sta­gio­ni han­no ani­ma­to il Pae­se, col pro­po­si­to di allar­ga­re i dirit­ti civi­li e socia­li, di man­te­ne­re alla col­let­ti­vi­tà il pri­ma­to sui beni indi­spo­ni­bi­li, non tro­van­do a loro vol­ta una spon­da sem­pre effi­ca­ce nel Par­ti­to Demo­cra­ti­co (con Civa­ti segre­ta­rio la musi­ca sarà diver­sa, in que­sto sen­so), anche meno lusin­ghie­ra è sta­ta la sor­te capi­ta­ta negli anni Due­mi­la ad altre due filie­re sto­ri­che del­la sini­stra. L’arci­pe­la­go socia­li­sta e social­de­mo­cra­ti­co ‑nel­la par­te che ha resi­sti­to alle sire­ne ber­lu­sco­nia­ne- non ha tro­va­to ubi con­si­stam nel­la dina­mi­ca dei refe­ren­ti mag­gio­ri, veden­do sacri­fi­ca­ta ad esem­pio la ten­sio­ne a raf­for­za­re i fon­da­men­ti e le risor­se per la scuo­la pub­bli­ca, caval­lo di bat­ta­glia ulti­mo e anti­co nel più vasto mare del wel­fa­re, che vor­rem­mo più vici­no agli stan­dard nor­di­ci o emi­lia­ni. Dal can­to suo, l’azio­ni­smo lai­co che duran­te la Pri­ma Repub­bli­ca si era rico­no­sciu­to spes­so nel PRI dei La Mal­fa e Spa­do­li­ni, è rima­sto pri­vo di rap­pre­sen­tan­za per le sue paro­le d’or­di­ne e moti­va­zio­ni, che anda­va­no oltre l’i­dea di una ter­za via tra i due gran­di par­ti­ti di mas­sa: si deve ad esem­pio a un galan­tuo­mo come Bru­no Visen­ti­ni la pri­ma, seria e inci­si­va cam­pa­gna di lot­ta all’e­va­sio­ne fisca­le gene­ra­liz­za­ta, nel cuo­re degli anni Ottan­ta, che pose le basi per l’in­fles­si­bi­li­tà del rigo­re, assur­to poi a para­dig­ma uni­co in Ita­lia ed Europa.

base altezze A ben sca­va­re, ambien­ta­li­sti, lai­ci, socia­li­sti non sono le uni­che cate­go­rie del pen­sie­ro poli­ti­co a meri­ta­re un mag­gior coin­vol­gi­men­to all’in­ter­no del con­te­ni­to­re demo­cra­ti­co, inte­so come luo­go del­la sini­stra di gover­no in Ita­lia, ter­re­no comu­ne per tut­ti i labu­ri­smi di pro­gres­so. Tor­nan­do all’i­ni­zio, furo­no Gio­van­ni Bian­chi e Benia­mi­no Andreat­ta, espo­nen­ti del Gon­fa­lo­ne popo­la­re gui­da­to da Gerar­do Bian­co, ad avan­za­re a Pro­di la gran pro­po­sta: cosa rima­ne ora, negli argo­men­ti più che nel­le per­so­ne, del­la sto­ria che dal­la sini­stra DC di matri­ce dos­set­tia­na ha avvi­ci­na­to pro­gres­si­va­men­te quel­la comu­ni­sta, e che Loren­zo Bion­di rac­con­ta nel suo volu­me “La Lega demo­cra­ti­ca”? Con fran­chez­za, non scor­gia­mo nel­lo scout Ren­zi e nem­me­no nel­l’at­tua­le pre­mie­ra­to di Enri­co Let­ta, che ne sareb­be l’e­re­de diret­to più auto­re­vo­le assie­me a Fran­ce­schi­ni, i sin­to­mi di quel pro­ces­so di cari­tà e ser­vi­zio. Pen­so anche che com­po­nen­ti di base qua­li la Comu­ni­tà di San­t’E­gi­dio e le ACLI non pos­sa­no sen­tir­si estra­nee al PD, astraen­do­si entro inna­tu­ra­li trat­ta­ti­ve con la rispet­ta­bi­le tec­no­cra­zia tory di Mario Mon­ti. Così come gli inno­va­to­ri del­l’a­gen­da digi­ta­le, influen­ti ancor­ché in nume­ro non esor­bi­tan­te, dovran­no tro­va­re nel nuo­vo PD una spon­da ai loro pro­get­ti, all’e­co­si­ste­ma di start up e pro­fes­sio­ni­sti voca­ti a tra­sci­na­re in avan­ti l’I­ta­lia, sen­za sen­tir­si a disa­gio nel “cor­pac­cio­ne” del par­ti­to. Il qua­le ulti­mo deve com­pie­re i pas­si più pesan­ti, in que­ste dire­zio­ni, ad esem­pio rac­co­glien­do da ter­ra le ban­die­re del fede­ra­li­smo, lascia­ta cade­re dal­la Lega Nord, e quel­la del­la lega­li­tà, trop­po ampia per copri­re la sola Ita­lia dei Valo­ri: non per oppor­tu­ni­smo ma per cre­der­ci dav­ve­ro, che sia­no due aspet­ti fon­da­men­ta­li nel suo agi­re politico.

dieci punti civati Quan­te ener­gie disper­se, quan­ti segre­ti in fon­do al mare, quan­ta ela­bo­ra­zio­ne è anda­ta esau­ren­do­si dopo la fine pre­co­ce del­l’U­li­vo di Pro­di, la sto­ria che a tut­ti que­sti moven­ti dava un sen­so, e al Pae­se indi­ca­va la solu­zio­ne alla fine del tun­nel: coi para­me­tri di Car­lo Aze­glio Ciam­pi (l’eu­ro­tas­sa fu un raro esem­pio di impo­sta resti­tui­ta, alme­no par­zial­men­te), coi decre­ti per la pub­bli­ca ammi­ni­stra­zio­ne di Fran­co Bas­sa­ni­ni, la fedel­tà fisca­le regi­stra­ta da Vin­cen­zo Visco, la rifor­ma sani­ta­ria di Rosy Bin­di e quel­le nel mer­ca­to fir­ma­te da Pier Lui­gi Ber­sa­ni, fino alla par­ti­co­la­re impor­tan­za dei decre­ti ambien­ta­li­sti di Edo Ron­chi in tema di rifiu­ti. Solo alcu­ni degli aspet­ti da riven­di­ca­re con orgo­glio, di quel­la sta­gio­ne, ponen­do­si l’o­biet­ti­vo di met­ter­si nel­la scia e crea­re le con­di­zio­ni, qua­si ven­t’an­ni dopo, affin­ché sia­no di moni­to e da faro a chi assu­me la respon­sa­bi­li­tà del­la cosa pub­bli­ca: la scel­ta di Giu­sep­pe Civa­ti, nato poli­ti­ca­men­te con i comi­ta­ti Pro­di e con l’U­li­vo, va pro­prio in que­sta dire­zio­ne. Anche per que­sti moti­vi, sarà bel­lo esse­re assie­me dome­ni­ca pros­si­ma a Bolo­gna (Estra­gon, ini­zio ore 16), a can­ta­re le can­zo­ni popo­la­ri e a riven­di­ca­re una con­ti­nui­tà non di fac­cia­ta, ma pro­fon­da negli inten­ti e negli effet­ti: il PD che la pen­sa come te, finalmente.

«Lo sape­vo che era un brut­to sogno, fra­tel­lo. Lo sape­vo che tor­na­va­te, alla fine» (Enri­co Briz­zi, “Basto­gne”, Bolo­gna 1996)

«Voi che li ave­te aspet­ta­ti, ascol­ta­ti, bru­cia­ti e poi scor­da­ti: voi dove­te inse­gnar­ci con tut­te le cose, non solo a paro­le» (Sta­dio, “Chie­di chi era­no i Beatles”)

AIUTACI a scrivere altri articoli come quello che hai appena letto con una donazione e con il 2x1000 nella dichiarazione dei redditi aggiungendo il codice S36 nell'apposito riquadro dedicato ai partiti politici.

Se ancora non la ricevi, puoi registrarti alla nostra newsletter.
Partecipa anche tu!

ISCRIVITI ALLA NEWSLETTER

Congresso 2024: regolamento congressuale

Il con­gres­so 2024 di Pos­si­bi­le si apre oggi 5 apri­le: dif­fon­dia­mo in alle­ga­to il rego­la­men­to con­gres­sua­le ela­bo­ra­to dal Comi­ta­to Organizzativo.

Il salario. Minimo, indispensabile. Una proposta di legge possibile.

Già nel 2018 Pos­si­bi­le ha pre­sen­ta­to una pro­po­sta di leg­ge sul sala­rio mini­mo. In quel­la pro­po­sta, l’introduzione di un sala­rio mini­mo lega­le, che rico­no­sces­se ai mini­mi tabel­la­ri un valo­re lega­le erga omnes quan­do que­sti fos­se­ro al di sopra del­la soglia sta­bi­li­ta, for­ni­va una inno­va­ti­va inter­pre­ta­zio­ne del­lo stru­men­to, sino a quel tem­po bloc­ca­to dal timo­re di ero­de­re pote­re con­trat­tua­le ai sin­da­ca­ti. Il testo del 2018 è sta­to riscrit­to e miglio­ra­to in alcu­ni dispo­si­ti­vi ed è pron­to per diven­ta­re una pro­po­sta di leg­ge di ini­zia­ti­va popolare.

500.000 firme per la cannabis: la politica si è piantata? Noi siamo per piantarla e mobilitarci.

500.000 fir­me per toglie­re risor­se e giro d’affari alle mafie, per garan­ti­re la qua­li­tà e la sicu­rez­za di cosa vie­ne ven­du­to e con­su­ma­to, per met­te­re la paro­la fine a una cri­mi­na­liz­za­zio­ne e a un proi­bi­zio­ni­smo che non han­no por­ta­to a nes­sun risul­ta­to. La can­na­bis non è una que­stio­ne secon­da­ria o risi­bi­le, ma un tema serio che riguar­da milio­ni di italiani.

Possibile per il Referendum sulla Cannabis

La can­na­bis riguar­da 5 milio­ni di con­su­ma­to­ri, secon­do alcu­ni addi­rit­tu­ra 6, mol­ti dei qua­li sono con­su­ma­to­ri di lun­go cor­so che ne fan­no un uso mol­to con­sa­pe­vo­le, non peri­co­lo­so per la società.
Pre­pa­ra­te lo SPID! Sarà una cam­pa­gna bre­vis­si­ma, dif­fi­ci­le, per cui ser­vi­rà tut­to il vostro aiu­to. Ma si può fare. Ed è giu­sto provarci.

Corridoi umanitari per chi fugge dall’Afghanistan, senza perdere tempo o fare propaganda

La prio­ri­tà deve esse­re met­te­re al sicu­ro le per­so­ne e non può esse­re mes­sa in discus­sio­ne da rim­pal­li tra pae­si euro­pei. Il dirit­to d’asilo è un dirit­to che in nes­sun caso può esse­re sot­to­po­sto a “vin­co­li quan­ti­ta­ti­vi”. Ser­vo­no cor­ri­doi uma­ni­ta­ri, e cioè vie d’accesso sicu­re, lega­li, tra­spa­ren­ti attra­ver­so cui eva­cua­re più per­so­ne possibili. 

Mobilitiamoci contro il DDL Paura

Saba­to 16 novem­bre era­va­mo a Roma, in Sapien­za, per l’assemblea con­tro il ddl 1660, già ribat­tez­za­to ddl “Pau­ra”, o “Repres­sio­ne”, o “Unghe­ria”, a indi­ca­re dove

Il Governo Meloni sta indebolendo l’Università e la Ricerca

Il gover­no Melo­ni ha scel­to di ridur­re le spe­se per uni­ver­si­tà e ricer­ca, andan­do in con­tro­ten­den­za rispet­to alle poli­ti­che euro­pee, men­tre il costo del per­so­na­le e l’inflazione con­ti­nua­no a cre­sce­re, aggra­van­do le dif­fi­col­tà eco­no­mi­che degli ate­nei. Inol­tre, il nuo­vo sche­ma di distri­bu­zio­ne del FFO pre­mie­rà le uni­ver­si­tà in base ai risul­ta­ti del­la ricer­ca, ridu­cen­do le risor­se “pere­qua­ti­ve” desti­na­te a bilan­cia­re le disu­gua­glian­ze tra ate­nei, aumen­tan­do ulte­rior­men­te il diva­rio tra le università.