di Massimo Arcangeli
Chi si aspettava tre candidati pronti a darsele di santa ragione è rimasto (fortunatamente) deluso. Perché il confronto nell’arena meneghina di X‑Factor — un fianco a fianco più che un faccia a faccia, perché i tre competitors alle primarie del Pd non si sono guardati quasi mai — è stato pacato, amichevole, a tratti teneramente fraterno. Renzi, Cuperlo, Civati hanno provato a fare squadra, e questo è un buon segno; si sono più volte citati a vicenda, da buoni compagni, spesso chiamandosi affettuosamente per nome. Finora tra loro, perlopiù, erano stati botta e risposta a distanza, anche a forza di slogan. Dell’escluso Gianni Pittella, il quarto incomodo, il peggiore (“Il futuro che vale”), ma gli altri non scherzano: “Le cose cambiano, cambiandole” (Civati); “Bello e democratico” (Cuperlo); “L’Italia cambia verso” (Renzi), tradotto perfino in veneto da un consigliere provinciale: “No star ‘ndar drito! Cambiemo direxion!”. Tutti brutti e improbabili, da far quasi rimpiangere il giaguaro da smacchiare. La comunicazione non sposterà molti voti, in politica conteranno pure i fatti, ma gli spin doctor dei tre candidati segretari potevano far di meglio.
Da 30 secondi a un minuto e mezzo il tempo concesso a ciascuno per rispondere alle 15 domande poste da Gianluca Semprini, il moderatore del confronto televisivo su Sky; quattro le possibilità di replica e controreplica, contenute nei 30 secondi, e poi il pantheon ideale di sinistra (due nomi per ciascuno da fare) e l’appello finale. Il podio, trasparente, è all’americana (i candidati sono in piedi, con davanti un leggio e un timer); il popolo di Twitter giudica le risposte più pertinenti, convincenti o credibili; con il voting si risponde da casa alla domanda: “Chi ti sta convincendo di più?”. Quanto al fact checking live, il riscontro sui dati snocciolati dai tre — in materia rigorosamente economica — , garantito da un pool di economisti dell’ateneo di Tor Vergata, ne avremmo fatto volentieri a meno.
Cuperlo parla per primo, Renzi per secondo, Civati per terzo. Il sindaco di Firenze è fedele solo in parte all’effervescenza del personaggio; gioca in difesa o di rimessa, sornione, attento a non oltrepassare la soglia delle schermaglie di circostanza e, soprattutto, a non esporsi troppo. Il dalemiano Cuperlo, per toni e sostanza politica, pare recitare un copione mandato a memoria, e ben adattato da un manuale di perfetta nomenklatura, ma è spesso a disagio e impacciato: non riesce a rispettare i tempi di risposta imposti dal match, e alterna momenti d’immobilismo fisico, dritto come un palo e stretto nelle (strette) spalle, ad altri di agitazione manifesta. La vera sorpresa è Civati, elegantissimo “candidato di sinistra” (indossa la cravatta più chic). Spigliato, simpatico, divertente, ruba la scena al Rottamatore. Se c’è qualcuno bello e democratico, in questa competizione, è proprio lui.
Refrattario al mezzo, Cuperlo è il volto snob dell’intellighenzia democratica che vorrebbe parlare al cuore e alla ragione insieme: cita Berlinguer, Jefferson, Calvino e Rosa Parks, ma il suo linguaggio implode; sulle questioni più delicate non risponde, divaga o cambia direzione; il massimo che si concede, in termini di “abbraccio” al pubblico, è la menzione di una vespa e del suo cane, con la vecchia barzelletta dell’operazione chirurgica riuscita ma il paziente è deceduto. Perfettamente padrone del mezzo, Renzi dà un colpo al cerchio e uno alla botte, mettendo mano a cielo (il tecnicismo spinto, magari con l’aiuto della lingua inglese, per chi sa intendere) e terra: la battuta di spirito; le mamme e i figli; i banconi del supermercato, la bicicletta che gli hanno fregato, le metafore calcistiche (tra capocannonieri, assist, calci di rigore); le marchette, i becchi e bastonati, i cornuti e i mazziati, i papponi e l’inciucio.
Civati è un’icona pop, un po’ fricchettone e un po’ scavezzacollo: parla delle ereditarie (a proposito del ricambio nel centro-destra), dello Zecchino d’Oro, dei pontefici che chiamano a casa e il suo partito è invece scollato dai suoi elettori; dice di non fidarsi di Alfano, l’uomo delle leggi ad personam che pensa ancora alla personam; ironizza su Quagliarello e Violante, da due anni impegnati sospetti a riscrivere la legge elettorale (“secondo me c’è del tenero”); sostiene la necessità di una politica diversa, rispettosa dell’identità di genere, puntando fermo il dito contro il machismo (le palle bisognerebbe tenerle dentro, invece di tirarle fuori); plaude ai tedeschi, che hanno recepito la “mozione Civaten” e compreso le cose realmente da fare: mettersi attorno a un tavolo, favorire la partecipazione, promuovere un referendum fra i propri iscritti. Boccia inappellabilmente il governo Letta, attacca a testa bassa il ministro Cancellieri per la vicenda Ligresti, è chiarissimo sulle unioni fra persone dello stesso sesso: sì ai matrimoni ugualitari, sì all’affido e all’adozione di bambini anche per le coppie omosessuali. Sul tema, se Cuperlo svicola, Renzi intorbida maliziosamente le acque.
Non si è limitato a vincere ai punti, il trentottenne ragazzo monzese dallo sguardo diretto e dal piglio arguto, ma ha oscurato i suoi due avversari. Forse è troppo tardi per rimontare, e però intanto una rimonta c’è. Le risposte del pubblico di Sky alla domanda “Chi ti ha convinto di più?”, che hanno visto Cuperlo attestarsi su un misero 14,18%, hanno gratificato Renzi del 49,32% ma Civati si è conquistato un bel 36,50% .
Tra falchi e colombe, cigni e aironi (il premier Letta, agli occhi del senatore Calderoli), volteggia con la scanzonata leggerezza, limpida e sonora, di un fringuello.
*l’autore è docente di linguistica, consulente della Treccani e della Dante Alighieri
Fonte: Repubblica.it