E’ domenica pomeriggio a Bologna, il senatore Sergio Lo Giudice è appena sceso dal palco di “Tutta un’altra musica” (la kermesse civatiana a Estragon), dove ha aggiunto le sue tessere libertarie al mosaico che sta entusiasmando un numero sempre crescente di persone sotto le insegne di Giuseppe Civati e della sua candidatura alla segreteria nazionale del PD, attraverso le primarie di domenica 8 dicembre. Il tempo di ascoltare il discorso di Daniele Viotti, e questo insegnante di origine messinese raggiunge il backstage dove fra divani e tavolini il resto del dream team si sta “allenando” ai successivi interventi. Ci viene facile parlare di quanto il parlamentare democratico ha appena esposto di fronte agli oltre duemila convenuti: «Il progetto di Civati -esordisce Lo Giudice- è il più avanzato sul tema dei diritti, perché parte non da un loro spezzettamento, bensì è complessivo di una effettiva attuazione dei princìpi costituzionali di eguaglianza».
In Italia pare quasi un atto di coraggio: «Non sarebbe massimalismo, bensì un’azione costituzionale. Ad esempio: in Commissione Giustizia del Senato discutiamo la legge contro l’omofobia arrivata dalla Camera, e nel momento in cui si estendono all’orientamento sessuale e all’identità di genere le garanzie previste dalla legislazione Mancino-Reale, viene introdotta una esenzione se l’attacco proviene da organizzazioni religiose, sanitarie, d’istruzione, culturali. Questa è un’offesa a chi si aspettava che la tutela dei diritti di gay, lesbiche e trans non fosse accompagnata dalla necessità di creare zone franche: è l’ennesimo segno di una subalternità culturale del progetto PD a princìpi religiosi che con l’azione parlamentare non dovrebbero essere mescolati». Lo Giudice promette battaglia: «In Senato siamo già pronti a migliorarla, accada quel che accada quella legge, così com’è, non può essere approvata».
L’attività parlamentare pare fervere, comunque: «La prossima settimana riprenderà anche la discussione sulla mia proposta di legge di estensione del matrimonio civile alle coppie dello stesso sesso. Anche questo sarà un banco di prova per misurare l’aderenza delle posizioni PD a quelle di tutti gli altri partiti progressisti europei». Lo Giudice coglie l’occasione per togliersi qualche sassolino: «Qualcuno ci ha ripresi, dicendo che chiedere il matrimonio non discriminatorio sarebbe una posizione “identitaria e non espansiva”. Ma da quale parte deve espandersi il PD? Verso il 2% di Casini ed altri integralisti cattolici, o verso quei tre milioni di elettori che ci hanno abbandonati andando a ingrossare le file del MoVimento 5 Stelle? Il compromesso in politica è necessario, ma lo si fa a partire dalle proprie idee forti, da una visione chiara del futuro del Paese, da qual è l’obiettivo a cui si vuol portare il proprio popolo, e sul quale chiedi ai tuoi di accompagnarti e di darti fiducia».
Ma ci sono tanti altri diritti negati di cui si parla ancor meno, e Lo Giudice li ha ricordati dal palco bolognese, in occasione della giornata mondiale di lotta all’Aids: «Il tema è totalmente scomparso dal dibattito pubblico, così i diritti all’inclusione sociale delle persone sieropositive sono assenti dalla reazione politica e dall’attenzione dei media. Intanto il numero dei contagi non diminuisce, e i ragazzi non fanno il test che (in presenza delle nuove terapie antiretrovirali) potrebbe salvare loro la vita». E inoltre: «Penso al diritto che hanno le persone transgender -sostiene Lo Giudice- alla riattribuzione anagrafica del sesso senza essere costrette all’operazione chirurgica di asportazione dei genitali. Anche su questo tema ho depositato un disegno di legge. Penso ancora, alla genitorialità delle coppie lesbiche e gay, oggi costrette a lunghi viaggi della speranza per poter accedere all’estero a procedure di fecondazione assistita o di gestazione per altri». Intanto in Italia si continua a confondere il diritto con il favore: «Non riusciamo ancora ad approvare il ddl sul garante nazionale per i diritti dei detenuti -chiosa amaro il senatore eletto a Bologna- mentre un ministro si fa garante dei diritti di una detenuta amica di famiglia».
Questi temi sono declinati con forza nel programma di Civati «perché sono naturale conseguenza di un progetto che si fonda su idee forti, di libertà, uguaglianza e rinnovamento reale della politica. L’abbiamo visto anche nella composizione delle liste: noi mandiamo avanti tante facce nuove e giovani, mettendo chi ha un po’ di esperienza in più dietro di loro a spingere le liste (“spingitori di spingitori di primarie”), altri fanno le “ereditarie”. Come a Salerno, dove qualcuno ha avuto la bella idea di mettere come capolista il figlio di Vincenzo De Luca , il quale essendo già ‑nonostante il parere dell’antitrust- viceministro e sindaco, evidentemente non aveva tanto tempo a disposizione».
#Civoti 31: Sergio Lo Giudice