È la copertina di una rivista, Left, uscita il 18 Maggio scorso, l’inizio di questa storia. Il volto di Giuseppe Civati, a tutta pagina, diviene un volto collettivo. Cominciano in pochi. Si fotografano con metà viso coperto da quello di Giuseppe e divulgano la foto via web seguita dall’hashtag #iostoconcivati.
Forse è da quell’idea che è nata la mozione collettiva, e tutto ciò che ne è seguito. L’iniziativa sul web di un gruppo di volontari, amici, che ha messo in comune le proprie competenze. Un gruppo, una squadra, che ha impostato un lavoro di coinvolgimento partendo dalla rete e utilizzando la tecnologia più avanzata, una comunicazione umana semplice e leggera.
Quando questa iniziativa è partita, era parso subito chiaro che senza la via della relazione interpersonale non si sarebbe riusciti a far passare il messaggio. Circa un anno fa era cominciata una ricognizione fra i lettori di ciwati.it che poi è stata meglio organizzata con Morpheus, strumento costruito durante l’estate di quest’anno grazie al lavoro di volontari appassionati di open source e database relazionali. La sua funzione è raccogliere i nominativi e i relativi riferimenti di contatto attingendo da diversi tipi di sorgenti quali possono essere i form di partecipazione su civati.it, l’iscrizione alla newsletter su ciwati.it, il sistema di donazioni on-line ma anche la tradizionale registrazione a un banchetto a margine di un evento. È tramite questo strumento che viene realizzata la rete dei sostenitori.
Il ricorso alla rete è il viatico naturale in un contesto di disinteresse dei media tradizionali. D’altronde questa è una storia che potrebbe essere raccontata per hashtag. È sempre Maggio quando debutta #direttacivati, il modo per raccogliere in 140 caratteri su twitter i discorsi di Giuseppe Civati lungo il suo viaggio per il paese. Il Civacalendar non prevede mai vacanza. In questo senso, il lavoro dei volontari è stato prezioso. L’attivismo da tastiera diventa giocoforza ragione per spostarsi, andare sul luogo in cui Civati parla, stare fra il pubblico e da lì inviare i messaggi a chi li può ricevere e leggere. Si fa di tutto per poter divulgare la serata: si individuano twitteratori tramite software di geolocalizzazione, ma anche chiamandoli al telefono; si improvvisano trasmissioni radio e videostreaming; e quando la connessione fa le bizze, si fa la spola fra la sala e la finestra, confidando che qualcuno è online e ti sta leggendo. È vero, c’è la rete, ma c’è anche un luogo fisico, persone, giovani sostenitori che sacrificano le proprie serate. E c’è anche un pubblico, che via via si fa più numeroso: volti di democratici che non avresti mai visto altrove, in attesa mentre Civati è bloccato in coda, mentre il treno si è fermato nel bel mezzo dell’Abruzzo.
Ad inizio luglio debutta il sito civati.it che si affianca al noto blog ciwati.it ma quando si aprono i #wdays, il PolitiCamp di Reggio Emilia, tutti ancora guardano altrove. Ci sono ombre di altre candidature che vengono già indicate come vincenti ancor prima che si manifestino. A Reggio si definiscono i contorni e i contenuti della campagna elettorale. Dall’ormai classico campeggio di Albinea, i sostenitori di Civati si spostano al centro della città, al Chiostro della Ghiara. Ci sono Fabrizio Barca e Walter Tocci. Juan Carlos De Martin, Lucrezia Ricchiuti, Davide Mattiello, Elly Schlein. E molti altri, protagonisti della e‑mozione collettiva che viene raccontata in questi giorni con il #civoti.
È dopo Reggio che il Civacalendar diventa, un po’ ironicamente, il Salamella Tour: il passaggio per le feste democratiche in tutta Italia, con l’appuntamento cruciale di Bologna, in Settembre, data che segna uno spartiacque sia dal punto di vista della partecipazione vis à vis che in quella in rete. La #direttacivati assume rilevanza, arriva a coinvolgere migliaia di utenti di twitter mentre la mobilitazione territoriale degli attivisti prende il via con iniziative di dibattito e confronto in ogni parte del paese. È una sorta di doppio binario che si autoalimenta sulla rete. Si moltiplicano le pagine Facebook per Civati che altro non sono se non il modo per mettere in contatto e organizzare i gruppi locali. Ogni regione, ogni città capoluogo ha la sua pagina. Coordinate graficamente dal faentino errante, costruite sulle indicazioni preziosissime del sistema Morpheus, le pagine Facebook sono il riferimento attraverso il quale si divulgano i contenuti di questa mozione. Questo insieme di strumenti “#101free” altro non è se non la parte operativa di una strategia ben precisa: fare di ogni nuovo contatto un volontario, ascoltarlo, coinvolgerlo e mobilitarlo nell’arco di poche settimane.
Ad inizio settembre a Firenze debutta la scuola politica di Civati. Organizzata in gran segreto, emerge su un giornale locale come in seguito ad un leak (ad una fuga di notizie). Civati non c’è, e infatti la giornata viene caratterizzata dal debutto del nuovo hashtag, #civoti. È un clima, il #civoti: l’idea di un’opera collettiva che prende forma dal confronto e dal lavoro d’insieme, in cui ognuno contribuisce sulla base della propria competenza. La cosa più incredibile è che di Civati non si parla. A Firenze si spiegano le strategie migliori per affrontare i social media, per usare i database, ma si dice anche altrettanto chiaramente che la campagna elettorale funziona se è condotta di porta in porta, suonando i campanelli, domandando umilmente cinque minuti di attenzione. Si spiega come funziona un Congresso, quali saranno le nostre strategie, come dobbiamo collaborare, come dobbiamo comunicare, la rete come mezzo e non come unico luogo d’azione. Spiegare: qualcosa che il Pd non fa più perché è ritenuta cosa inutile.
E si arriva velocemente alla parte intensa della campagna: il 21 ottobre vengono depositate le mozioni, “Dalla delusione alla speranza” è il titolo benaugurante di quella civatiana, e debutta il sito civati.it tutto nuovo. Ed è un florilegio di mappe, riassunti, presentazioni, studio approfondito per arrivare ad illustrare la mozione alle convenzioni di circolo, la prima fase del congresso.
Il #civoti diventa poi rappresentazione plastica all’evento di presentazione a Roma, pochi giorni dopo, dove la squadra che ha deciso di supportare Civati, nello spirito del “nessuno dietro e molti davanti”, si ritrova al Teatro Vittoria di Roma e sale sul palco a dire il proprio “noi”. Da lì in poi la “squadra #civoti” diventa anche una collezione di interviste, ospitate in un album, come delle figurine, proprio su questo sito. Proprio lì si ritrova quel Pd che secondo Civati dovrebbe ricominciare da Prodi e Rodotà.
Non a caso, quando compaiono strani manifesti elettorali a Bologna, sono in molti a pensare immediatamente a Civati. Si tratta dei sei metri per tre dell’Ulivo, campagna elettorale del 1996. È la #campagnacover, l’idea nata dagli stessi autori di allora, Roberto Parisi, Roberto Gariboldi e Nicoletta Verga. Un salto fuori dalla rete proprio a Bologna, città ulivista e prodiana. È a Romano Prodi che si è pensato, in quel momento. Al suo progetto di un Ulivo che doveva unire le diverse esperienze della sinistra italiana, progetto che egli stesso dichiarava fallito in alcune dichiarazioni alla stampa. Se in questi giorni il fondatore del Partito Democratico ha cambiato idea sulle primarie e sulla possibilità che egli stesso vada a votare, vogliamo credere che sia stato in parte grazie a questa mozione e alla #campagnacover.
Arrivano anche gli endorsement, quelli che fanno piacere. Prima Fabrizio Barca che si sbottona piano piano ma alla fine arriva ad affermare che “il progetto politico di Civati è solido e trasparente e attrae i giovani, perciò scongiura il gattopardismo”: si apre quindi la prospettiva di lavorare insieme a chi ha teorizzato la “mobilitazione cognitiva” e ha girato il paese in lungo e in largo per raccontarlo. Poi anche Stefano Rodotà, che in diverse occasioni, dalle iniziative di Left alla manifestazione della Fiom, si è trovato accanto a Civati a discutere o a condividere posizioni politiche, a pochi giorni dalle primarie, riconosce nella sua iniziativa la medesima volontà di voler ricostruire una cultura politica che è andata perduta, volontà che emerge in ampie parti della nostra comunità sociale. La “politica del coraggio e dello sguardo sul futuro” che egli stesso spera di poter proseguire nella preziosa collaborazione avviata tempo fa.
Così, trascorso un anno dall’inizio di questa storia, il nome di Civati campeggia al centro della nuvola di parole che SkyTg24 ha usato per descrivere il #confrontoPD fra i tre candidati alla segreteria del Pd del 29 novembre. Improvvisamente pare chiaro a tutti che questa candidatura è credibile, fondata, organizzata, in definitiva popolata di idee e di persone. A Settembre si conquistava il colonnino destro di Repubblica solo grazie ai mitici Gattini per Civati; a Novembre è il Tg1 ad aprire l’edizione delle 20 con l’iniziativa all’Estragon di Bologna “Tutta un’altra musica” dove si ritrova, più forte che mai, la comunità del #civoti e dove Civati riesce a bucare il muro dell’indifferenza dei media grazie alla trovata fenomenale della finta intervista di Fazio che non l’ha invitato a Che tempo che fa.
http://www.youtube.com/watch?v=L8hHuNJz0Bo
È a questo punto che arriva #vinceCivati. Irriverente quanto basta, l’hashtag domina i trending topic italiani per tre giorni dell’ultima settimana. Non ci sono ovetti a determinare questo risultato: è la rete, bellezza. Quello che vorrà dire, lo scopriremo insieme il giorno delle primarie, l’8 dicembre: intanto #civado, a votare Civati, s’intende.