Maria Grazia Rocchi è parlamentare della XVII Legislatura. Dirigente scolastico e Insegnante. Con un post su Facebook, circa una settimana fa, ha annunciato il suo voto per Giuseppe Civati. È toscana, vive a Cecina. Al telefono il suo accento sottolinea una voce appassionata. Le chiedo perché ha deciso di sostenere Giuseppe Civati e lei esordisce dicendo che “questo paese senza Pd non ce la fa, il Pd è l’unico partito strutturato, con una vera vita democratica, anche se ultimamente non è così”.
“Di Civati mi ha colpito l’idea del ‘Noi’, la volontà di cambiare il linguaggio di questa politica e di volerla riportare alla dimensione di una intelligenza collettiva. È una esigenza profonda di rinnovamento che emerge nella sua proposta e nei modi in cui è stata costruita. Mi ha colpito la maggiore genuinità, la spontaneità. Il sogno.
Lei è parlamentare alla prima legislatura ed è una dei deputati più presenti in aula. Come potrebbe definire la sua esperienza sinora? Soprattutto, cosa è cambiato in lei dopo Aprile e il voto per il presidente della Repubblica?
Le spiego cosa provo adesso. La sensazione che avverto è un senso di poca produttività o della incapacità di incidere come vorrei. Mi sento non sufficientemente coinvolta nelle scelte fondamentali. E non si tratta solo del partito: è la macchina che procede per decretazione d’urgenza. Solo raramente riesci ad entrare in profondo nell’analisi dei provvedimenti. Tutto viene discusso sull’onda dell’emergenza. Per il resto ti devi fidare di chi ha fatto il lavoro duro e questo ti fa sentire parte di un meccanismo. Il gruppo del Pd è un gruppo molto vasto, ci sono sensibilità diverse. Eppure ho trovato molte grandi competenze e per me, in definitiva, tutto ciò rappresenta una crescita. Il 19 aprile, e i giorni precedenti, li ho vissuti come una battuta di arresto di questa crescita. Ero fiera di poter votare Romano Prodi nel giorno del mio compleanno. L’ho sempre apprezzato per il suo profilo politico. Ma quei giorni li ho vissuti come una sconfitta bruciante. È stato difficile spiegare ai giovani del mio circolo cosa era successo. Ora non riesci più a fidarti di nessuno poiché pensi a quale potrebbe essere il retropensiero del tuo vicino di banco. Ti chiedi: che cosa li guida? Quale è la finalità ultima? Tutto ciò contribuisce negativamente alla discussione in aula.”
Parliamo di Istruzione. In quanto Dirigente Scolastico e Insegnante, come giudica l’operato del governo in materia? Mi riferisco al cosiddetto Decreto Istruzione. Sono sufficienti gli stanziamenti previsti per borse di studio e sostegno alla mobilità? “Ho lavorato molto al DL Scuola. Lo ritengo una importante inversione di rotta: la scuola, l’istruzione, la ricerca sono state pesantemente penalizzate negli ultimi anni. Sono state considerate un lusso a cui rinunciare in periodo di crisi. Ma l’istruzione non è un lusso. Negli ultimi sei anni sono stati fatti 8 miliardi di tagli alla pubblica istruzione. Sono state tagliate 30 mila unità. È per tale ragione che ogni inversione di tendenza è da intendersi come fatto positivo. Il governo ha cominciato a restituire qualcosa. Alcune norme sono state dettate dall’urgenza, per via delle irregolarità in molti concorsi, poi annullati dal Tar (la nuova procedura prevede il corso-concorso e l’esaurimento delle vecchie graduatorie). Ma è evidente che servono molte più risorse. Molti studenti universitari avrebbero diritto alla borsa di studio ma non ci sono i fondi per poterle erogare.”
Sulla stampa è stato enfatizzato il ricorso al fattore tecnologico. Ebook, reti wireless. “L’aspetto tecnologico è solo una parte di un nuovo modo di fare scuola. Bisogna tener conto dei nuovi modi di fare informazione ma non solo. La scuola oggi è trasmissione di sapere: le nuove tecnologie impongono un cambio di paradigma e la scuola dovrebbe quindi insegnare a come procurarsi il sapere, dando risposte differenti a bisogni formativi differenti. I giovani devono potersi confrontare con il mondo, mediante la mobilità fisica e quindi potersi stabilire all’estero per i propri studi, ma anche confrontarsi sulla rete senza essere usati dalla rete. Bisognerebbe aprire gli Stati Generali della scuola per una nuova didattica in cui gli attori medesimi, docenti e studenti, sono protagonisti attivi di questo cambiamento.”
In un suo recente discorso in aula, alla Camera, ha citato il Libro Bianco dell’Unione Europea — commissione Cresson — scritto ben 17 anni fa. In esso venivano citati tre forti processi: mondializzazione degli scambi, società dell’informazione, progresso scientifico e tecnico, come elementi di trasformazione che richiedono un nuovo tipo di istruzione. Dopo 17 anni questo paese non sembra ancora in grado di dare risposte in merito. È così? “L’opera di Cresson era stata anticipata dal libro Bianco di Jacques Delors, nel 1995. Erano i primi due documenti di carattere europeo che si focalizzavano sui popoli. Io mi sento figlia della stagione politica di inizio anni ’90. Questi due documenti sono stati il viatico per la grande riforma dell’autonomia scolastica del 1999, che prende il nome di Lugi Berlinguer, il suo estensore. In entrambi i documenti, l’istruzione viene presentata come la prima infrastruttura per la competitività di un paese. Ma l’analisi di Delors aveva un riflesso più ampio, rivolto al sociale, poiché intendeva la conoscenza non solo come fattore di crescita ma anche di inclusività sociale. La conoscenza genera inclusività. E noi, quanto siamo arretrati rispetto a questo modello? L’Europa tecnocratica ha smarrito l’Europa dei popoli. Le voglio dare soltanto qualche dato, che sono ripresi dal documento dell’Oecd del Giugno 2013 (Oecd, Education at a Glance, http://www.oecd.org/edu/eag.htm), secondo cui l’indice di dispersione scolastica, seppur migliorato, in Italia resta intorno al 19.2%, circa il doppio dell’obiettivo dichiarato con la strategia di Lisbona. I laureati nella fascia d’età fra 30 e 40 anni, invece, sono soltanto il 19%, contro il 40% della media europea. I dati sull’apprendimento e sulla capacità di lettura evidenziano un divario crescente fra Nord e Sud del paese. Ecco, si dovrebbe intervenire subito a modificare questa tendenza, è una vera e propria emergenza scolastica per il Sud. Se si interviene in questo ambito, si interviene direttamente sull’inclusività dei ragazzi. Manca invece una modalità di immaginare il futuro. Bisogna restituire ai territori la scuola come presidio di cultura. Ho partecipato alle Notti per la Legalità, a Cecina. Ho voluto la mia scuola tutta illuminata affinché fosse ben visibile, come faro della legalità.”
Il paese è rimasto l’unico in Europa a non conoscere una ripresa della Produzione. Quali sono, a suo avviso, i provvedimenti da adottare a tal fine? “Il problema del paese è legato alla improduttività di molti fattori produttivi ma si è intervenuti solo sul lavoro, svalutandolo. È un errore molto grave. Non si è intervenuti affatto su altri fattori quali l’energia, che è prodotta male e costa troppo. O sullo Stato, principale elemento di inefficienza di questo paese a causa della eccessiva burocrazia, dei conflitti di interessi, della lentezza del processo civile, dell’evasione fiscale. Senza restituire condizioni paritetiche alle imprese, come pensiamo di essere attrattivi? E poi mancano i piani di investimento, non sappiamo decidere qual è il settore strategico sui cui intervenire. Dovrebbero esserlo l’economia verde e la cultura, che rappresentano importanti linee di sviluppo poiché non sono trasferibili. Un altro fattore su cui investire è il talento. Perché i nostri all’estero vengono valorizzati mentre nel nostro paese non lo facciamo? Li lasciamo scappare, e io questo lo vivo come una sconfitta: in quanto insegnante, politico e anche come madre. Mio figlio è uno di essi, vive e lavora a Londra e non ci pensa neanche a ritornare.”
E quindi perché cominciare il cambiamento da un partito? Non è una impresa un po’ folle, questa? “Già, quale credibilità ha la classe politica… E’ una utopia. Ci pensavo a lungo ieri. Ho letto e mi sono commossa per una frase di Nelson Mandela. Lui era un utopico. La frase è questa: l’impossibile resta tale finché non viene realizzato. Non è vero che non si può realizzare il sogno. Anche se in questa palude molti prosperano, dobbiamo inseguire il sogno e così sanare quella frattura fra la politica e la società.”
#civoti 39: Maria Grazia Rocchi