#NoTriv, per un nuovo sistema energetico

La mobi­li­ta­zio­ne #NoTriv, con­tro le con­ces­sio­ni che il decre­to Sbloc­ca Ita­lia fa alle tri­vel­la­zio­ni, sta scal­dan­do l’agosto ita­lia­no. Ad essa si sal­da­no altre que­stio­ni, dal­le auto­stra­de agli ince­ne­ri­to­ri, che ren­do­no evi­den­te il dise­gno stra­te­gi­co trac­cia­to dal gover­no Ren­zi. Un dise­gno stra­te­gi­co all’avanguardia, se fos­si­mo negli anni ’50. Forse.

Per quan­to riguar­da la stra­te­gia ener­ge­ti­ca, in par­ti­co­la­re, abbia­mo dia­lo­ga­to con Vin­cen­zo Bal­za­ni, pro­fes­so­re eme­ri­to pres­so l’Università di Bolo­gna, che, dati alla mano, ci ha spie­ga­to come que­sta scel­ta – e tut­to lo sche­ma argo­men­ta­ti­vo a soste­gno – sia sem­pli­ce­men­te sbagliata.

(Al ter­mi­ne del­l’in­ter­vi­sta pote­te sca­ri­ca­re un docu­men­to mol­to det­ta­glia­to pro­dot­to dal prof. Bal­za­ni e da altri studiosi).

 

Pro­fes­sor Bal­za­ni, par­tia­mo da un’analisi del­lo sce­na­rio macro. Qual è il con­te­sto inter­na­zio­na­le in cam­po ener­ge­ti­co? Qua­li pro­spet­ti­ve si stan­no delineando?

Un dato cer­to dal qua­le par­ti­re è 80%. Il fab­bi­so­gno ener­ge­ti­co mon­dia­le è sod­di­sfat­to, infat­ti, per l’80% da com­bu­sti­bi­li fos­si­li, cioè da risor­se non rin­no­va­bi­li, desti­na­te a dimi­nui­re e a esau­rir­si, il cui con­su­mo pro­du­ce ani­dri­de car­bo­ni­ca, un gas ser­ra: il prin­ci­pa­le respon­sa­bi­le dei cam­bia­men­ti cli­ma­ti­ci. La buo­na noti­zia è che la qua­si tota­li­tà del­la comu­ni­tà scien­ti­fi­ca è d’accordo con que­sta ana­li­si, ed è ormai chia­ro a mol­ti – se non a tut­ti – che è neces­sa­rio abban­do­na­re que­sto siste­ma il più pre­sto pos­si­bi­le, attuan­do una tran­si­zio­ne che ci por­te­rà ver­so l’utilizzo mas­sic­cio di fon­ti rin­no­va­bi­li, in par­ti­co­la­re ener­gia solare.

Ci sta dicen­do che un siste­ma ener­ge­ti­co fon­da­to sul­le ener­gie rin­no­va­bi­li è pra­ti­ca­bi­le nei fat­ti? Non sarà la soli­ta sto­riel­la che rac­con­ta­no «quat­tro comi­ta­ti­ni» ambientalisti?

È dif­fu­sa la cre­den­za secon­do la qua­le le ener­gie rin­no­va­bi­li sia­no risor­se “di nic­chia”, cose con cui diver­tir­si. E inve­ce sono suf­fi­cien­te­men­te abbon­dan­ti per sod­di­sfa­re tut­ti i biso­gni ener­ge­ti­ci. Se c’è un col­lo di bot­ti­glia que­sto non è asso­lu­ta­men­te la dispo­ni­bi­li­tà di tali risor­se ma, sem­mai, la loro con­ver­sio­ne. Tra­sfor­ma­re l’energia sola­re in calo­re o elet­tri­ci­tà, infat­ti, com­por­ta la pro­du­zio­ne di stru­men­ti, e quin­di l’utilizzo di mate­ria­li da estrar­re dal­la ter­ra: anche que­sti non sono infi­ni­ti. Ecco per­ché la pri­ma cosa da fare per avvia­re la tran­si­zio­ne è ridur­re i con­su­mi ener­ge­ti­ci – il 10% sareb­be un otti­mo risul­ta­to -, che non signi­fi­ca tor­na­re all’età del­la pie­tra, ma effi­cien­ta­re gli edi­fi­ci, pro­muo­ve­re il tra­spor­to pub­bli­co, pri­vi­le­gia­re il tra­spor­to su fer­ro rispet­to a quel­lo su gom­ma, adot­ta­re com­por­ta­men­ti consapevoli.

La tran­si­zio­ne ener­ge­ti­ca, in Ita­lia, sem­bra un mirag­gio. Come se la pas­sa­no nel resto del mondo?

A diver­se velo­ci­tà, la tran­si­zio­ne ver­so un altro model­lo ener­ge­ti­co è un feno­me­no che sta pren­den­do pie­de in tut­to il mon­do. Ci sono degli osta­co­li che deter­mi­na­no le diver­se velo­ci­tà, a par­ti­re dal fat­to che die­tro ai com­bu­stii­bi­li fos­si­li si con­cen­tra­no inte­res­si gigan­te­schi, nel­le mani di per­so­ne che spo­sta­no enor­mi capitali.

Det­to que­sto, l’Unione Euro­pea ha assun­to dei buo­ni impe­gni, come quel­lo di por­ta­re la quo­ta di ener­gie rin­no­va­bi­li uti­liz­za­te all’80% del tota­le entro il 2050. Negli Sta­ti Uni­ti abbia­mo appe­na visto l’impegno assun­to da Oba­ma. Così come in Cina (accu­sa­ta di aver svi­lup­pa­to nume­ro­sis­si­me cen­tra­li a car­bo­ne, ma biso­gna ricor­da­re che il con­su­mo ener­ge­ti­co pro capi­te in que­sto pae­se è un ter­zo di quel­lo degli Sta­ti Uni­ti) le rin­no­va­bi­li stan­no facen­do pro­gres­si note­vo­li, sia suf­fi­cien­te pen­sa­re che l’eolico ha supe­ra­to il nucleare.

E in Ita­lia, a che pun­to siamo?

L’Italia è in una buo­na posi­zio­ne, se pen­sia­mo che cir­ca il 40% dell’energia pro­vie­ne da idroe­let­tri­co, eoli­co e foto­vol­tai­co. Il pro­ble­ma, però, sta diven­tan­do poli­ti­co, nel sen­so che stia­mo imboc­can­do una stra­da che com­pro­met­te­rà la nostra stra­te­gia ener­ge­ti­ca per i pros­si­mi ven­ti o trent’anni: Ren­zi è anda­to alle Nazio­ni Uni­ti per riba­di­re il nostro impe­gno in que­sto cam­po, poi è tor­na­to in Ita­lia per auto­riz­za­re le tri­vel­la­zio­ni. Non si può ripar­ti­re con le tri­vel­la­zio­ni: non ser­vo­no nem­me­no per gesti­re il pre­sen­te, per­ché i poz­zi ce li tire­re­mo avan­ti per ven­ti e trent’anni, ipo­te­can­do il futu­ro ener­ge­ti­co. E’ una cosa mol­to grave.

Ci dico­no che sen­za tri­vel­la­zio­ni non c’è futu­ro, che sono fon­da­men­ta­li per la cre­sci­ta eco­no­mi­ca. È dav­ve­ro così?

Cer­ca­re le ulti­me quat­tro goc­ce di petro­lio nel nostro Pae­se è un eser­ci­zio poco uti­le e dan­no­so. In pri­mo luo­go per­ché è poco, appun­to. Se estraes­si­mo tut­to il petro­lio e tut­to il meta­no che si tro­va sul nostro ter­ri­to­rio, que­sto baste­reb­be per copri­re il fab­bi­so­gno ener­ge­ti­co ita­lia­no per poco più di un anno.

Quan­ti posti di lavo­ro potreb­be­ro crear­si inve­sten­do nell’industria petrolifera? 

Rela­ti­va­men­te pochi, se pen­sia­mo che l’industria del petro­lio e del meta­no è a for­te inten­si­tà di capi­ta­le, ma gene­ra pochi posti di lavo­ro. Ma soprat­tut­to tenia­mo con­to di altri due fat­to­ri: inve­sti­re in rin­no­va­bi­li vuol dire inve­sti­re nell’industria mani­fat­tu­rie­ra ita­lia­na, per­ché – come dice­va­mo – sono neces­sa­rie mac­chi­ne per con­ver­ti­re l’energia. E l’industria mani­fat­tu­rie­ra è la nostra indu­stria. In secon­do luo­go, riu­scia­mo solo a imma­gi­na­re qua­li dan­ni potreb­be pro­vo­ca­re un inci­den­te in un mare come l’Adriatico? Sareb­be la fine per il turi­smo, che inve­ce rap­pre­sen­ta una fon­te sicu­ra di reddito.

Cosa pen­sa del­la stra­te­gia referendaria?

Pen­so che pos­sa esse­re vin­cen­te: abbia­mo l’esempio del nuclea­re. Su que­sti temi le per­so­ne si mobi­li­ta­no, per­ché sono coscien­ti che c’è in gio­co il pro­prio futu­ro e quel­lo dei pro­pri figli.

Per chiu­de­re, qua­li con­si­gli pos­sia­mo dare, per dare il via, anche nel nostro pic­co­lo, alla tran­si­zio­ne ver­so un nuo­vo siste­ma energetico?

La pri­ma ope­ra­zio­ne che dob­bia­mo fare è di tipo cul­tu­ra­le: ognu­no deve esse­re con­sa­pe­vo­le del fat­to che stia­mo par­lan­do del futu­ro nostro e del pia­ne­ta. E che si può agi­re local­men­te — riqua­li­fi­can­do gli edi­fi­ci, pen­san­do a un’altra mobi­li­tà -, pur tenen­do pre­sen­te che la sfi­da è glo­ba­le. In que­sto sen­so pos­sia­mo anche dire che le ener­gie rin­no­va­bi­li sono più demo­cra­ti­che: si tro­va­no in tut­to il mon­do, sono a dispo­si­zio­ne di tut­ti. Non sono con­cen­tra­te nel­le mani di pochi, con le con­se­guen­ze inter­na­zio­na­li che ben conosciamo.

Sca­ri­ca il docu­men­to pro­dot­to dal prof. Bal­za­ni e da altri stu­dio­si.

 

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