La campagna di Jeremy Corbyn e la leadership del Partito Laburista

Jeremy-Corbyn-he-d-bring-bacLa Gran Bre­ta­gna sta viven­do un momen­to mol­to signi­fi­ca­ti­vo per la sto­ria recen­te del­la sini­stra ingle­se. La scon­fit­ta del Par­ti­to Labu­ri­sta alle ele­zio­ni poli­ti­che del mag­gio 2015 e le con­se­guen­ti dimis­sio­ni del suo lea­der Ed Mili­band, han­no dato luo­go al pro­ces­so di ele­zio­ne del nuo­vo lea­der, pro­ces­so che per la pri­ma vol­ta uti­liz­za una meto­do­lo­gia tipo “pri­ma­rie”.

Ina­spet­ta­ta­men­te, Jere­my Cor­byn, il can­di­da­to che espri­me una posi­zio­ne mar­ca­ta­men­te di sini­stra rispet­to agli altri tre can­di­da­ti, è il favo­ri­to nel­la corsa.

La stam­pa ingle­se si inter­ro­ga in que­sto perio­do sul per­ché un uomo di 66 anni, cre­sciu­to in seno alla sini­stra del par­ti­to scon­fit­to negli anni ’80 pri­ma dall’ala mode­ra­ta di Kin­nock e poi dal New Labour di Blair, riscuo­ta un suc­ces­so tale da ren­de­re la sua vit­to­ria probabile.

Sen­za pre­te­sa di rispon­de­re a que­sto que­si­to, cre­do che ci sia­no tre aspet­ti fon­da­men­ta­li da sot­to­li­nea­re, che, inol­tre, pos­so­no esse­re d’interesse anche per un pub­bli­co non inglese.

Il pri­mo riguar­da la natu­ra del soste­gno a Cor­byn. Nono­stan­te pro­ven­ga dal­la sini­stra “sto­ri­ca” del par­ti­to (che ha come pun­ti di rife­ri­men­to figu­re come Michael Foot e Tony Benn), il soste­gno alla sua can­di­da­tu­ra vie­ne in manie­ra sor­pren­den­te dai gio­va­ni. Si par­la aper­ta­men­te di una stra­na “Cor­byn-mania”. Agli incon­tri pub­bli­ci vie­ne accol­to da fol­le, spes­so com­pren­den­ti mol­ti gio­va­ni, riem­pien­do le sale a tal pun­to da esse­re obbli­ga­to a par­la­re anche fuo­ri dai luo­ghi pre­fis­sa­ti, in piaz­ze o stra­de vici­ne. Già l’entusiasmo e l’energia degli incon­tri pub­bli­ci rap­pre­sen­ta un fat­to nuo­vo per la poli­ti­ca ingle­se, dove que­sto tipo di poli­ti­ca “face to face” è sta­to in gran par­te abban­do­na­to addi­rit­tu­ra da qual­che decen­nio, sosti­tui­to da una comu­ni­ca­zio­ne poli­ti­ca qua­si tut­ta incen­tra­ta sui media. Que­sta onda­ta di entu­sia­mo è sta­ta tra­dot­ta anche in un aumen­to ver­ti­gi­no­so del­le iscri­zio­ni al par­ti­to, gli iscrit­ti sono sono aumen­ta­ti a dismi­su­ra nel­le ulti­me set­ti­ma­ne qua­si tri­pli­can­do i nume­ri degli anni pre­ce­den­ti e arri­van­do a cir­ca 600,000 iscrit­ti com­ples­si­vi. In que­sto con­te­sto vie­ne qual­che vol­ta invo­ca­to l’esempio del­la vit­to­ria di Oba­ma alle pri­ma­rie demo­cra­ti­che negli Sta­ti Uni­ti e il suo slo­gan “Yes We Can”. Le pri­ma­rie, insom­ma, pro­ces­so volu­to da Ed Mili­band stes­so con l’obiettivo di gal­va­niz­za­re un par­ti­to in dif­fi­col­tà, han­no avu­to un risul­ta­to for­te e impre­ve­di­bi­le come, fra l’altro, anche in Ita­lia in diver­se occa­sio­ni. La loro fun­zio­ne di coin­vol­ge­re per­so­ne e fare cre­sce­re l’interesse è indub­bia, ma por­ta­no con sé tal­vol­ta il suc­ces­so ina­spet­ta­to di outsi­ders (non­ché anche, di con­se­guen­za, accu­se di infiltrazioni).

Il secon­do aspet­to riguar­da il mes­sag­gio poli­ti­co por­ta­to avan­ti da Cor­byn. “Mes­sag­gio” per­ché il suo suc­ces­so non puo’ esse­re spie­ga­to da pro­po­ste poli­ti­che par­ti­co­la­ri, quan­to piut­to­sto dall’emergere di una nuo­va voce radi­ca­le, di una nuo­va nar­ra­ti­va poli­ti­ca, di una nuo­va visio­ne poli­ti­ca rispet­to alla per­ce­zio­ne di un’essenziale con­ti­nui­tà fra Con­ser­va­to­ri e New Labour.

In due orien­ta­men­ti in par­ti­co­la­re, Cor­byn si dif­fe­ren­zia in modo for­te dei suoi con­cor­ren­ti e dal lasci­to poli­ti­co di Blair nel par­ti­to labu­ri­sta. La sua posi­zio­ne sull’economia è for­te­men­te con­tra­ria al neo-libe­ri­smo che è diven­ta­to ormai l’ortodossia dei gover­ni con­ser­va­to­ri e labu­ri­sti sin dai tem­pi del­la That­cher, quell’ortodossia che ha anti­ci­pa­to le poli­ti­che di auste­ri­tà dell’Unione Euro­pea e del­la “troi­ka” e che recen­te­men­te ha det­ta­to leg­ge alla Gre­cia di Tsi­pras. Cor­byn dichia­ra di voler aumen­ta­re gli inve­sti­men­ti pub­bli­ci per sti­mo­la­re la cre­sci­ta e per con­trol­la­re le infra­strut­tu­re chia­ve del pae­se (in par­ti­co­la­re con il con­trol­lo pub­bli­co del siste­ma fer­ro­via­rio) e pro­met­te quin­di una svol­ta neo-keyn­sia­na nel­le poli­ti­che eco­no­mi­che. Biso­gna aggiun­ge­re a que­sto pro­po­si­to che spic­ca la tota­le, o qua­si, assen­za di qual­sia­si rife­ri­men­to al con­te­sto euro­peo, a ripro­va dell’isolamento cul­tu­ra­le e poli­ti­co del­la sini­stra ingle­se e del discor­so poli­ti­co ingle­se in generale.

In secon­do luo­go, Cor­byn por­ta avan­ti una posi­zio­ne di for­te oppo­si­zio­ne alla poli­ti­ca este­ra ingle­se incen­tra­ta sull’acquiscienza allo stra­po­te­re sta­tu­ni­ten­se. Que­sto vale in par­ti­co­la­re con rife­ri­men­to al Medio orien­te e alla guer­ra con­tro l’Iraq, por­ta­ta avan­ti con for­za dai gover­ni labu­ri­sti di Tony Blair e dal suo suc­ces­so­re Gor­don Bro­wn ma ormai for­te­men­te cri­ti­ca­ta anche da alcu­ne com­po­nen­ti dal par­ti­to labu­ri­sta stes­so. Cor­byn, però, oltre a poter van­ta­re la sua oppo­si­zio­ne for­te e atti­va con­tro la guer­ra fin dall’inizio (a dif­fe­ren­za, ad esem­pio, degli altri can­di­da­ti, che han­no soste­nu­to l’entrata in guer­ra) ha dichia­ra­to che se doves­se diven­ta­re pre­mier chie­de­reb­be scu­sa sia agli ira­che­ni che al popo­lo ingle­se. Una posi­zio­ne che lo pone in for­te con­tra­sto con la lea­der­ship del par­ti­to da Blair in poi e che spic­ca per il suo carat­te­re net­to e deci­so in un pae­se che per mol­ti ver­si evi­ta intro­spe­zio­ni radi­ca­li riguar­do al suo ruo­lo impe­ria­le, neo-impe­ria­le e marziale.

Il for­te taglio di orien­ta­men­to poli­ti­co rispet­to alle poli­ti­che domi­nan­ti spie­ga anche il ter­zo aspet­to di spic­co del­la cam­pa­gna por­ta­ta avan­ti da Cor­byn. Le pre­vi­sio­ni di una sua vit­to­ria (l’ultimo son­dag­gio gli da’ un 53% con un distac­co del 32% rispet­to al suo riva­le piu’ vici­no, Andy Bur­n­ham) han­no sol­le­ci­ta­to una raf­fi­ca di attac­chi da par­te di qua­si tut­ti i pro­ta­go­ni­sti del New Labour, da Tony Blair stes­so a Gor­don Bro­wn, da Jack Straw a David Blun­kett, David Mili­band e altri. Que­sti attac­chi, sono incen­tra­ti su una pre­sun­ta “ine­leg­gi­bi­li­tà” di Cor­byn alle ele­zio­ni poli­ti­che, sul­la base del ricor­do dell’ultimo ten­ta­ti­vo fal­li­to del­la sini­stra del par­ti­to, sot­to Michael Foot, nel­le ele­zio­ni del 1983, e sull’isolamento del­la Gran Bre­ta­gna dai tavo­li di pote­re inter­na­zio­na­li, nel caso di una sua vit­to­ria. Gli attac­chi che rice­ve dimo­stra­no il diva­rio dav­ve­ro incol­ma­bi­le fra Cor­byn e la gerar­chia del par­ti­to, in gran par­te anco­ra domi­na­to dal New Labour. E dimo­stra­no, altre­sì, l’iso­la­men­to di que­sta gerar­chia poli­ti­ca da un movi­men­to nuo­vo che inclu­de l’adesione di mol­ti gio­va­ni impe­gna­ti per la pri­ma vol­ta nel­la sfe­ra pub­bli­ca. Gli attac­chi dall’interno del suo stes­so par­ti­to sono sta­ti accom­pa­gna­ti da veri ten­ta­ti­vi di “smear” (infan­ga­re) la sua can­di­da­tu­re nei media, ad esem­pio, svian­do l’attenzione su pre­sun­ti lega­mi (in veri­tà solo la pre­sen­za con­tem­po­ra­nea ad even­ti poli­ti­ci) con grup­pi estre­mi­sti pale­sti­ne­si non­ché con negazionisti.

Le posi­zio­ni poli­ti­che di Cor­byn, quin­di, soprat­tut­to in mate­ria eco­no­mi­ca e negli affa­ri este­ri, rap­pre­sen­ta­no un taglio net­to agli orien­ta­men­ti gene­ra­li del New Labour ma anche rispet­to al qua­dro di con­sen­si del­la clas­se poli­ti­ca ingle­se sia con­ser­va­tri­ce sia laburista.

Si trat­ta in real­tà di uno scom­bus­so­la­men­to del­la poli­ti­ca già pre­an­nun­cia­to, però: pri­ma dal suc­ces­so ina­spet­ta­to del par­ti­to UKIP (UK Inde­pen­den­ce Par­ty) nel­le ele­zio­ni euro­pee (non con­fer­ma­to, però, nel­le ele­zio­ni poli­ti­che) e poi dall’affermazione del­lo SNP (Scot­tish Natio­nal Par­ty) con il refe­ren­dum per l’indipendenza e nel­le ele­zio­ni politiche.

La cam­pa­gna di Cor­byn apre nuo­vi sce­na­ri e sfi­da la per­ce­zio­ne del­la poli­ti­ca come sfe­ra di ammi­ni­stra­zio­ne entro para­me­tri eco­no­mi­ci e poli­ti­ci già pre­de­fi­ni­ti. Que­sto può con­tri­bui­re a spie­ga­re l’entusiasmo e l’impegno fra i gio­va­ni che sosten­go­no una poli­ti­ca for­te con una nar­ra­ti­va ben defi­ni­ta di spe­ran­za che va oltre alla costri­zio­ni dell’austerità in mate­ria eco­no­mi­ca e al con­sen­so ame­ri­ca­no in poli­ti­ca estera.

La cam­pa­gna di Cor­byn, quin­di, rap­pre­sen­ta già un even­to poli­ti­co di spic­co nel pano­ra­ma ingle­se, para­go­na­bi­le all’emergere dell’UKIP e alla cre­sci­ta del movi­men­to di indi­pen­den­za scoz­ze­se oppu­re, per quan­to riguar­da I par­ti­ti tra­di­zio­na­li, alla vit­to­ria del that­che­ri­smo nel par­ti­to con­ser­va­to­re e a quel­la di Blair e del New Labour nel par­ti­to laburista.

Le pre­vi­sio­ni sono per una vit­to­ria net­ta di Cor­byn in set­tem­bre, ma aldi­là del risul­ta­to, ciò indi­ca una novi­tà nel­la poli­ti­ca ingle­se da guar­da­re con gran­de atten­zio­ne.

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