C’è una guerra in corso di cui quasi nessuno parla. E’ una guerra subdola perché invisibile. Non prevede eserciti in campo in campi di guerra. Niente bombardamenti rumorosi e devastanti. Tante, tantissime vittime senza nome, o rappresentanza.
Nel mentre di una narrazione ventennale le cui parole d’ordine sono state federalismo e delocalizzazione è successo qualcosa di incredibile, e decisamente vergognoso. I comuni, le istituzioni a km zero dei cittadini, sono stati svuotati di risorse, capacità decisionale, gestione diretta di beni e servizi. Il tutto sacrificato all’altare del mercato e del “privato è meglio”. Nell’indifferenza dei più e nell’ottusa ubriacatura (anche) delle forze di sinistra, che nei vari livelli istituzionali in cui hanno governato si sono chinate supinamente al ricatto del qualunquismo e della demagogia permanenti. Il pubblico fa schifo, i politici rubano, le istituzioni arrancano sommerse da burocrazia e clientele. Ergo, serve privatizzare, svendere, valorizzare…
A farne le spese sono state, nientemeno, le comunità locali. Intese come cittadini (meno risorse significa meno servizi, ancora più essenziali in un momento di crisi e di passaggio come questo) e come contesto (meno risorse significa un territorio di cui nessuno si prende più cura, cosa che sarebbe ancora più importante in uno scenario di cementificazione selvaggia come quello che abbiamo attraversato).
In vista dell’appuntamento con “L’Italia possibile” allora, ecco alcuni spunti e proposte per invertire finalmente la rotta e riportare al centro della discussione politica nazionale i comuni italiani, orfani di una rappresentanza che tenga conto della loro indiscutibile centralità. E che consenta di introdurre criteri di premialità e sostegno per chi la politica locale la fa a favore dei cittadini, non della propria carriera nelle istituzioni repubblicane…
- Sblocco del patto di stabilità interno per quei comuni che promuovono azioni concrete di efficientemento energetico, messa in sicurezza del patrimonio edilizio e del territorio, investimenti legati all’autoproduzione di energia da fonti rinnovabili, rimozione amianto dalle superfici coperte degli edifici pubblici ed incentivi per i soggetti privati;
- Premialità virtuosa nei trasferimenti dallo Stato (esempio: i comuni che superano la soglia di raccolta differenziata minima vengono premiati con maggiori trasferimenti, le risorse vengono reperite sottraendole ai comuni che non fanno bene la raccolta differenziata; idem per quei comuni che tutelano paesaggio e territorio evitando nuove cementificazioni e rinunciando agli oneri di urbanizzazione; e così via);
- Operazione verità: coordinata da Ministero dell’Ambiente e da ANCI, promuovere una mappatura capillare ed esaustiva delle buone pratiche in campo ambientale sperimentate in giro per l’Italia, con conseguente valorizzazione e condivisione degli strumenti (atti pubblici, sinergie pubblico privato, testimonianze protagonisti) per favorire una loro diffusione sul territorio. Facciamole diventare la regola, non l’eccezione;
- Sburocratizzazione del buon senso: favorire quei comuni che intendono investire nella sostenibilità perseguendo gli obiettivi fissati in materia dalla Comunità Europea, togliendo il più possibile tutti gli ostacoli e gli impedimenti burocratici e normativi che possono incontrare lungo il cammino, prevenendo corsie preferenziali per tipologie di appalto che consentano di raggiungere gli obiettivi (finanziamento tramite terzi, contratto di messa in disponibilità, esco, gpp, ecc.).
Ai sindaci onesti, di buon senso, sostenibili e solidali, sia data finalmente l’opportunità di agire agevolmente nel governo del territorio. Potendo scegliere da che parte andare. Mettendo un’opzione, e non un’ipoteca, su un futuro diverso e davvero possibile.