L’Europa siamo noi, ma non stiamo molto bene

 

In que­sti gior­ni, anco­ra una vol­ta, si par­la del­le puni­zio­ni di un’Europa cat­ti­va e ingiu­sta nei con­fron­ti del nostro Pae­se: la pro­ce­du­ra di infra­zio­ne per la man­ca­ta appli­ca­zio­ne del rego­la­men­to sul­la regi­stra­zio­ne dei migran­ti con la pre­sa di impron­te digi­ta­li e la sono­ra boc­cia­tu­ra euro­pea del­le pro­po­ste ita­lia­ne per inter­ven­ti del Fon­do di tute­la dei depo­si­ti fina­liz­za­ti a sal­va­re le quat­tro ban­che poi sal­va­te dal governo.

A sca­gliar­si con­tro l’Europa non solo gli sto­ri­ci popu­li­sti di casa nostra ma diret­ta­men­te il Pre­si­den­te del Con­si­glio, la Ban­ca d’Italia e l’As­so­cia­zio­ne Ban­ca­ria Ita­lia­na.

Le rego­le sul­le ban­che le ha fat­te l’Europa e pur­trop­po non le scri­via­mo noi”. Una men­zo­gna enor­me, che caval­ca la pro­pa­gan­da secon­do cui Bru­xel­les è incon­trol­la­bi­le demo­cra­ti­ca­men­te e tut­to è una nebu­lo­sa di pote­ri for­ti. Una pro­pa­gan­da mio­pe e auto­di­strut­ti­va, che ali­men­ta disaf­fe­zio­ne ver­so il pro­get­to di inte­gra­zio­ne e che por­ta voti, mol­ti voti, ai movi­men­ti popu­li­sti e nazionalisti.

Sareb­be il caso di can­tic­chia­re ogni tan­to il ritor­nel­lo del­la can­zo­ne di Cri­sti­na D’Avena “L’Europa sia­mo noi”, per­ché in quell’Europa che Mat­teo Ren­zi rac­con­ta come lon­ta­na — ma di cui il nostro Pae­se fa inve­ce par­te — tut­to è in mano ad orga­ni­smi poli­ti­ci, com­po­sti da per­so­na­le poli­ti­co che discu­te e deci­de. L’eurocrazia, come ogni ammi­ni­stra­zio­ne pub­bli­ca, aiu­ta, col­la­bo­ra, for­se sug­ge­ri­sce e spin­ge, ma non vota. Le rego­le le pro­po­ne la Com­mis­sio­ne, com­po­sta da Com­mis­sa­ri nomi­na­ti dai Gover­ni (com­pre­so il nostro), e appro­va­te con­giun­ta­men­te dal Par­la­men­to euro­peo, i cui mem­bri (l’Italia ne ha 73) sono elet­ti nel­le liste dei par­ti­ti nazio­na­li, e dal Con­si­glio dell’UE, dove sie­do­no i mini­stri degli Sta­ti mem­bri (com­pre­so quel­lo ita­lia­no, che ha un peso note­vo­le nel siste­ma di voto). L’Europa, dun­que, sia­mo anche noi, e l’Italia c’è e pesa.

Dite­lo a Sal­vi­ni, paga­to inu­til­men­te dai con­tri­buen­ti per fare il depu­ta­to al Par­la­men­to europeo.

Dite­lo al Pre­si­den­te del Con­si­glio che, a furia di cam­bia­re ver­so, ha supe­ra­to a destra il bie­co popu­li­smo cial­tro­ne del­la Lega.

Le rego­le oggi sot­to accu­sa sono il risul­ta­to di nego­zia­ti in cui il nostro Pae­se ha gio­ca­to indi­scu­ti­bil­men­te un ruo­lo. Con i suoi voti, i suoi silen­zi e le sue assen­ze.

Con i suoi voti, per esem­pio, l’Italia ha con­cor­so all’approvazione del rego­la­men­to di Dubli­no (in tut­te le sue diver­se revi­sio­ni), che sta­bi­li­sce “i cri­te­ri e i mec­ca­ni­smi di deter­mi­na­zio­ne del­lo Sta­to mem­bro com­pe­ten­te per l’e­sa­me di una doman­da di pro­te­zio­ne inter­na­zio­na­le pre­sen­ta­ta in uno degli Sta­ti mem­bri da un cit­ta­di­no di un pae­se ter­zo o da un apo­li­de” e all’istituzione del siste­ma Eurodac/Euro­pean Dac­ty­lo­sco­pie (Dat­ti­lo­sco­pia euro­pea), il data­ba­se euro­peo del­le impron­te digi­ta­li per colo­ro che richie­do­no asi­lo poli­ti­co e per le per­so­ne fer­ma­te men­tre var­ca­no irre­go­lar­men­te una fron­tie­ra ester­na del­l’U­nio­ne europea.

Si trat­ta di due “rego­le” disat­te­se dal Gover­no ita­lia­no e per le qua­li la Com­mis­sio­ne ha atti­va­to una pro­ce­du­ra di infra­zio­ne, secon­do il prin­ci­pio “chi non rispet­ta le rego­le paga pegno”. Ed è un pegno sala­to, visto che la san­zio­ne mini­ma sta­bi­li­ta per l’Italia è di cir­ca 9 milio­ni di euro e che la pena­li­tà di mora oscil­la, a secon­da del­la gra­vi­tà, tra 22 mila euro e 700 mila euro per ogni gior­no di ritar­do; un pegno che paghia­mo tut­ti, ma che ser­ve a garan­ti­re la tute­la effet­ti­va di dirit­ti, sta­bi­li­ti con il con­cor­so del Par­la­men­to euro­peo (dove sie­do­no euro­de­pu­ta­ti ita­lia­ni) e del Con­si­glio dell’UE (dove sie­de sem­pre un rap­pre­sen­tan­te del nostro Gover­no), vio­la­ti dal­le auto­ri­tà italiane.

La pro­ce­du­ra di infra­zio­ne giun­ge dopo una serie di richia­mi infor­ma­li e for­ma­li, non è una tego­la che si abbat­te improv­vi­sa­men­te su un Governo.

La nor­ma­ti­va pre­ve­de che le Auto­ri­tà del­lo Sta­to mem­bro di pri­mo ingres­so iden­ti­fi­chi­no i migran­ti attra­ver­so la pre­sa di impron­te digi­ta­li ed immet­ta­no tali dati nel siste­ma Euro­dac, con sede a Lus­sem­bur­go, con­sul­ta­bi­le da tut­ti gli Sta­ti mem­bri. Que­sto siste­ma nasce per favo­ri­re una cor­ret­ta appli­ca­zio­ne del siste­ma di Dubli­no, poi­ché con­sen­te di deter­mi­na­re esat­ta­men­te lo Sta­to mem­bro di pri­mo ingres­so com­pe­ten­te all’esame del­la doman­da d’asilo. Di fat­to è uno stru­men­to indi­spen­sa­bi­le per con­tra­sta­re i c.d. movi­men­ti secon­da­ri, in altre paro­le l’arrivo del migran­te in un altro Sta­to mem­bro pri­ma che la doman­da di asi­lo sia processata.

Da un lato, c’è un ogget­ti­vo inte­res­se (e dun­que anche pres­sio­ni in que­sto sen­so) da par­te dei Pae­si del Nord Euro­pa affin­ché la Com­mis­sio­ne con­trol­li in manie­ra rigi­da l’applicazione di que­sta nor­ma­ti­va da par­te dei Pae­si di pri­mo ingres­so, in par­ti­co­la­re Ita­lia e Gre­cia. Dall’altro, c’è un altret­tan­to ogget­ti­vo inte­res­se di Roma ed Ate­ne a disat­ten­de­re l’obbligo e a “lasciar pas­sa­re” i migran­ti sen­za rac­co­glie­re le loro impron­te digitali.

Vi è, quin­di, tra­di­zio­nal­men­te una ten­sio­ne (se non uno scon­tro vero e pro­prio) fra Sta­ti mem­bri di desti­na­zio­ne fina­le dei migran­ti e Sta­ti mem­bri di pri­mo ingres­so. I pri­mi accu­sa­no i secon­di di “fare i fur­bi” e non rispet­ta­re le rego­le Euro­dac; i secon­di si lamen­ta­no del­la man­ca­ta soli­da­rie­tà, del nume­ro sover­chian­te degli arri­vi, dell’impossibilità di trat­te­ne­re i migran­ti sul pro­prio ter­ri­to­rio con­tro la loro volon­tà e di dover ricor­re all’uso del­la for­za di fron­te al loro rifiu­to di far­si pren­de­re le impron­te digi­ta­li (i migran­ti san­no che il foto­se­gna­la­men­to li con­dan­ne­reb­be a rima­ne­re bloc­ca­ti nel Pae­se di pri­mo ingresso).

In que­sto “scon­tro” la Com­mis­sio­ne è nel mez­zo ed è “tira­ta per la giac­ca” da entram­bi i lati.

A segui­to dell’allerta ter­ro­ri­smo e del rischio “infil­tra­zio­ne ter­ro­ri­sti­ca all’interno dei flus­si”, soprat­tut­to dopo i ter­ri­bi­li atten­ta­ti di Pari­gi, il pro­ble­ma si è ulte­rior­men­te com­pli­ca­to: all’aspetto Dubli­no si è aggiun­to anche quel­lo sicu­rez­za, che richie­de di regi­stra­re ed iden­ti­fi­ca­re chiun­que fac­cia ingres­so in ter­ri­to­rio euro­peo (il c.d. raf­for­za­men­to del con­trol­lo alle fron­tie­re ester­ne dell’Unione). Quin­di le pres­sio­ni per il rispet­to del­le rego­le da par­te dei Pae­si di pri­mo ingres­so sono ulte­rior­men­te aumentate.

Di fron­te a que­sta situa­zio­ne, l’idea ela­bo­ra­ta dal­la Com­mis­sio­ne (ma che in real­tà nasce da una pro­po­sta fran­ce­se) per obbli­ga­re i Pae­si di pri­mo ingres­so all’applicazione del­la nor­ma­ti­va è quel­la di evi­ta­re la “disper­sio­ne” dei migran­ti subi­to dopo il loro arri­vo sul ter­ri­to­rio euro­peo, rac­co­glien­do­li in strut­tu­re chiu­se, gli hotspot, da dove ven­ga loro impe­di­to di usci­re fin­tan­to­ché non si sot­to­pon­ga­no volon­ta­ria­men­te alla pre­sa di impron­te digitali.

Il con­cet­to di hotspot è più ampio (si par­la anche di assi­sten­za nel­la pre­sen­ta­zio­ne del­la doman­da di asi­lo, assi­sten­za sani­ta­ria, rac­col­ta di infor­ma­zio­ni per il con­tra­sto alla rete dei traf­fi­can­ti, etc.), ma di fat­to lo sco­po prin­ci­pa­le di que­sto siste­ma è assi­cu­ra­re una rigi­da e costan­te appli­ca­zio­ne del­la nor­ma­ti­va di iden­ti­fi­ca­zio­ne Euro­dac. È que­sto il moti­vo per cui Ger­ma­nia e Fran­cia (ma non solo) insi­sto­no per la crea­zio­ne rapi­da e l’avvio del fun­zio­na­men­to dei cen­tri in Ita­lia e Gre­cia. In cam­bio di que­sto impe­gno, Roma ed Ate­ne han­no otte­nu­to la c.d. relo­ca­tion.

Da que­sto qua­dro è faci­le capi­re che già da alcu­ni mesi esi­ste­va­no le con­di­zio­ni per l’apertura di una pro­ce­du­ra di infra­zio­ne con­tro il nostro Pae­se, essen­do i nume­ri dei non regi­stra­ti evi­den­ti e le pres­sio­ni sul­la Com­mis­sio­ne da par­te di Ger­ma­nia, Fran­cia, Pae­si Bas­si, Austria e Sve­zia eser­ci­ta­te da tempo.

Eppu­re, que­sta pos­si­bi­li­tà è sta­ta fino­ra tenu­ta nel cas­set­to dal­la Com­mis­sio­ne. Da un alto, poli­ti­ca­men­te sem­bra­va non oppor­tu­no acca­nir­si con­tro l’Italia; dall’altro, duran­te la Pre­si­den­za di tur­no ita­lia­na (luglio-dicem­bre 2014), il nostro Gover­no si era impe­gna­to più vol­te ad aumen­ta­re il tas­so di foto­se­gna­la­men­to dei migran­ti. D’altra par­te, non vi sono pro­ce­du­re cer­te e chia­re su come trat­ta­re i casi nume­ro­si di migran­ti che si rifiu­ta­no di far­si foto­se­gna­la­re sen­za incor­re­re in com­por­ta­men­ti lesi­vi del­la loro inte­gri­tà fisi­ca (par­lia­mo spes­so di mino­ri, don­ne in sta­to di gra­vi­dan­za, per­so­ne denu­tri­te etc.).

Se si è deci­so di inter­ve­ni­re ades­so è per un insie­me di ele­men­ti.

Gli hotspot non stan­no pro­ce­den­do con la velo­ci­tà pre­vi­sta e quin­di i migran­ti in arri­vo spes­so con­ti­nua­no a non esse­re foto­se­gna­la­ti. Di fat­to que­sta len­tez­za è impu­ta­ta a dif­fi­col­tà ogget­ti­ve ma anche all’atteggiamento dei Gover­ni (com­pre­so quel­lo ita­lia­no), che lega­no giu­sta­men­te l’avanzamento del­la crea­zio­ne degli hotspot alla relo­ca­tion (anch’essa bloc­ca­ta). In que­sto sen­so, di fat­to, la pro­ce­du­ra d’infrazione si con­fi­gu­ra come una for­ma di pres­sio­ne sul Gover­no ita­lia­no. D’altra par­te, gli inte­res­si del­la Ger­ma­nia in que­sta par­ti­ta sono mol­to for­ti. La mos­sa sem­bra un assi­st alla Mer­kel — accu­sa­ta a livel­lo inter­no per ecces­si­va debo­lez­za anche nei con­fron­ti di Ita­lia e Gre­cia — alla vigi­lia dell’apertura di un dif­fi­ci­le con­gres­so del­la CDU. Infi­ne, il man­ca­to rispet­to del­la nor­ma­ti­va Euro­dac (che alcu­ni asso­cia­no al man­ca­to con­trol­lo del­le fron­tie­re da par­te dei Pae­si di pri­mo ingres­so) è uno dei moti­vi che mol­ti movi­men­ti popu­li­sti dei Pae­si del Nord Euro­pa addu­co­no per sospen­de­re la Gre­cia da Schen­gen. È pos­si­bi­le che la Com­mis­sio­ne, richie­den­do un’applicazione coer­ci­ti­va del­le rego­le, voglia toglie­re argo­men­ti ai soste­ni­to­ri di que­sta tesi.

La Com­mis­sio­ne al suo inter­no era divi­sa: la DGHo­me (com­mis­sa­rio Avra­mou­po­los) con­tra­ria, il Vice Pre­si­den­te Tim­mer­mans (e for­se anche il Gabi­net­to Junc­ker) favo­re­vo­le, la Vice Pre­si­den­te Fede­ri­ca Moghe­ri­ni non per­ve­nu­ta.

In que­sta par­ti­ta sal­ta all’occhio dun­que tut­ta l’inadeguatezza del­la clas­se poli­ti­ca del nostro Pae­se, inca­pa­ce di far­si sen­ti­re, di aggre­ga­re con­sen­so e orien­ta­re le scel­te. Sal­vo poi sca­ri­ca­re il bari­le del­le respon­sa­bi­li­tà su Bru­xel­les, come anche nel caso del sal­va­tag­gio di Ban­ca Etru­ria, Ban­ca Mar­che, Cari­Chie­ti e Cari­Fer­ra­ra.

Se c’è una cosa pro­fon­da­men­te ingiu­sta, che meri­te­reb­be non solo indi­gna­zio­ne ma anche prov­ve­di­men­ti seve­ri, è il modo in cui le ban­che ita­lia­ne, con la com­pli­ci­tà o l’inadempienza del­la Con­sob e di Ban­ca d’Italia, han­no svol­to male il loro mestie­re, ven­den­do pro­dot­ti rischio­si a rispar­mia­to­ri disin­for­ma­ti e inve­sten­do­ne in modo spre­giu­di­ca­to i sol­di.

Ma è più faci­le demo­niz­za­re le rego­le euro­pee sui sal­va­tag­gi del­le ban­che (il c.d. Bail in), omet­ten­do di ricor­da­re che sono sta­te appro­va­te con il con­sen­so deci­si­vo dell’Italia in Con­si­glio e al Par­la­men­to europeo.

E anche su que­sto, occor­re chia­rez­za. Si trat­ta di nor­me che pre­ve­do­no una rigi­da gerar­chia tra chi deve esse­re chia­ma­to a paga­re in caso di fal­li­men­to di una ban­ca pri­va­ta: azio­ni­sti, obbli­ga­zio­ni­sti, cor­ren­ti­sti con depo­si­ti sopra i 100 mila euro e, solo in ulti­ma istan­za (e fino a quan­do il fon­do inter­ban­ca­rio che si sta costi­tuen­do non sia in gra­do di inter­ve­ni­re), i con­tri­buen­ti, cioè i cit­ta­di­ni. L’obiettivo è giu­sto: evi­ta­re di sca­ri­ca­re sui con­tri­buen­ti, cioè sul debi­to pub­bli­co e dun­que sul­le futu­re gene­ra­zio­ni, i gua­sti del siste­ma ban­ca­rio privato.

Tut­ti a lapi­da­re l’Europa, accon­di­scen­den­te in pas­sa­to con il Gover­no tede­sco e ora seve­ra con quel­lo ita­lia­no, dimen­ti­can­do che se l’Italia è sta­ta vir­tuo­sa quan­do la Ger­ma­nia inter­ve­ni­va mas­sic­cia­men­te a soste­gno del­le sue ban­che è per­ché il nostro Pae­se non ave­va i sol­di per ristrut­tu­ra­re il siste­ma ban­ca­rio e per­ché non pote­va pren­de­re sol­di a pre­sti­to a cau­sa del suo debi­to pub­bli­co mon­stre.

L’Europa sia­mo noi, ma non stia­mo mol­to bene dun­que. Dite­lo a Ren­zi, visto che è anco­ra al Gover­no.

AIUTACI a scrivere altri articoli come quello che hai appena letto con una donazione e con il 2x1000 nella dichiarazione dei redditi aggiungendo il codice S36 nell'apposito riquadro dedicato ai partiti politici.

Se ancora non la ricevi, puoi registrarti alla nostra newsletter.
Partecipa anche tu!

ISCRIVITI ALLA NEWSLETTER

Congresso 2024: regolamento congressuale

Il con­gres­so 2024 di Pos­si­bi­le si apre oggi 5 apri­le: dif­fon­dia­mo in alle­ga­to il rego­la­men­to con­gres­sua­le ela­bo­ra­to dal Comi­ta­to Organizzativo.

Il salario. Minimo, indispensabile. Una proposta di legge possibile.

Già nel 2018 Pos­si­bi­le ha pre­sen­ta­to una pro­po­sta di leg­ge sul sala­rio mini­mo. In quel­la pro­po­sta, l’introduzione di un sala­rio mini­mo lega­le, che rico­no­sces­se ai mini­mi tabel­la­ri un valo­re lega­le erga omnes quan­do que­sti fos­se­ro al di sopra del­la soglia sta­bi­li­ta, for­ni­va una inno­va­ti­va inter­pre­ta­zio­ne del­lo stru­men­to, sino a quel tem­po bloc­ca­to dal timo­re di ero­de­re pote­re con­trat­tua­le ai sin­da­ca­ti. Il testo del 2018 è sta­to riscrit­to e miglio­ra­to in alcu­ni dispo­si­ti­vi ed è pron­to per diven­ta­re una pro­po­sta di leg­ge di ini­zia­ti­va popolare.

500.000 firme per la cannabis: la politica si è piantata? Noi siamo per piantarla e mobilitarci.

500.000 fir­me per toglie­re risor­se e giro d’affari alle mafie, per garan­ti­re la qua­li­tà e la sicu­rez­za di cosa vie­ne ven­du­to e con­su­ma­to, per met­te­re la paro­la fine a una cri­mi­na­liz­za­zio­ne e a un proi­bi­zio­ni­smo che non han­no por­ta­to a nes­sun risul­ta­to. La can­na­bis non è una que­stio­ne secon­da­ria o risi­bi­le, ma un tema serio che riguar­da milio­ni di italiani.

Possibile per il Referendum sulla Cannabis

La can­na­bis riguar­da 5 milio­ni di con­su­ma­to­ri, secon­do alcu­ni addi­rit­tu­ra 6, mol­ti dei qua­li sono con­su­ma­to­ri di lun­go cor­so che ne fan­no un uso mol­to con­sa­pe­vo­le, non peri­co­lo­so per la società.
Pre­pa­ra­te lo SPID! Sarà una cam­pa­gna bre­vis­si­ma, dif­fi­ci­le, per cui ser­vi­rà tut­to il vostro aiu­to. Ma si può fare. Ed è giu­sto provarci.

Corridoi umanitari per chi fugge dall’Afghanistan, senza perdere tempo o fare propaganda

La prio­ri­tà deve esse­re met­te­re al sicu­ro le per­so­ne e non può esse­re mes­sa in discus­sio­ne da rim­pal­li tra pae­si euro­pei. Il dirit­to d’asilo è un dirit­to che in nes­sun caso può esse­re sot­to­po­sto a “vin­co­li quan­ti­ta­ti­vi”. Ser­vo­no cor­ri­doi uma­ni­ta­ri, e cioè vie d’accesso sicu­re, lega­li, tra­spa­ren­ti attra­ver­so cui eva­cua­re più per­so­ne possibili. 

Mobilitiamoci contro il DDL Paura

Saba­to 16 novem­bre era­va­mo a Roma, in Sapien­za, per l’assemblea con­tro il ddl 1660, già ribat­tez­za­to ddl “Pau­ra”, o “Repres­sio­ne”, o “Unghe­ria”, a indi­ca­re dove

Il Governo Meloni sta indebolendo l’Università e la Ricerca

Il gover­no Melo­ni ha scel­to di ridur­re le spe­se per uni­ver­si­tà e ricer­ca, andan­do in con­tro­ten­den­za rispet­to alle poli­ti­che euro­pee, men­tre il costo del per­so­na­le e l’inflazione con­ti­nua­no a cre­sce­re, aggra­van­do le dif­fi­col­tà eco­no­mi­che degli ate­nei. Inol­tre, il nuo­vo sche­ma di distri­bu­zio­ne del FFO pre­mie­rà le uni­ver­si­tà in base ai risul­ta­ti del­la ricer­ca, ridu­cen­do le risor­se “pere­qua­ti­ve” desti­na­te a bilan­cia­re le disu­gua­glian­ze tra ate­nei, aumen­tan­do ulte­rior­men­te il diva­rio tra le università.