di Antonia Battaglia
L’ILVA di Taranto è in vendita. E’ avvenuta pochi giorni fa, martedì 5 gennaio, la pubblicazione del bando per le manifestazioni di interesse, sulla stampa nazionale ed internazionale.
L’obiettivo del Ministero dello Sviluppo Economico è trasferire i complessi del gruppo siderurgico entro il 30 giugno 2016, come previsto dal decreto del 4 dicembre 2015 che, tra le altre misure, prevede anche l’affitto o la vendita degli impianti.
Il governo, quindi, che per anni ha dichiarato di voler salvare lo stabilimento, Taranto, gli operai e i bambini di una delle città a più alto tasso di inquinamento d’Europa, adesso cede. Va in fretta, vuole sbrigarsi, dopo l’annuncio della Commissione Europea che chiede delucidazioni in merito agli aiuti di Stato elargiti in questi anni ed in merito alle decisioni che dovranno pur esser adottate per far fronte alla crisi dello stabilimento e al dramma sanitario ambientale.
La crisi della siderurgia è notevole, sia sufficiente pensare che i prezzi dell’acciaio nel 2015 sono crollati ben del 45%.
La crisi di Taranto è altrettanto importante. Uno stabilimento nel quale gli incidenti sul lavoro continuano a mietere vittime; uno stabilimento non a norma dal punto di vista dei lavori di adeguamento ambientale; uno stabilimento che ha bisogno degli aiuti di Stato per poter esercitare le proprie funzioni correnti; uno stabilimento che non riesce a rispettare le direttive europee in materia ambientale.
Sono di pochi giorni fa le reazioni convulse e le prese di posizione di sindaco, Arpa Puglia e ASL di Taranto in merito ai dati sull’inquinamento dell’aria forniti da Pacelink, dati preoccupanti, che riportano indietro ad anni fa, quando la fabbrica era gestita dai Riva.
La vendita o l’affitto da parte del governo vogliono dire sconfitta, sono la certificazione della strategia errata perseguita durante questi anni. Una strategia che ha voluto premiare la produzione, ma che non si è preoccupata del futuro dei propri operai né di quello della popolazione, ponendosi al di fuori della legge e della competitività internazionale.
La politica delle frasi ad effetto del Premier non premia più. Pochi giorni fa, Renzi ha usato i bambini di Taranto per rispondere al pressing europeo di una Commissione che chiede di utilizzare i fondi pubblici per il risanamento ambientale e non per altro. Renzi invece ha usato i più deboli, coloro che pagheranno più di tutti il prezzo di una produzione gestita male, da Commissari governativi che nulla sanno di siderurgia né di ambiente.
I figli degli operai, i bambini della scuola Deledda, delle famiglie dei Tamburi, sono quelli che il Premier usa per impressionare la stampa. Ma sono quelli che più di tutti subiranno le conseguenze di una privatizzazione selvaggia. Perché l’intervento che si chiede a livello internazionale appare una manovra per salvare il governo ma non l’ILVA.
Non sono ancora noti i dettagli ma due domande in particolare sono importanti: quale privato trasformerà l’ILVA da industria di morte ad industria virtuosa? E come farà il governo a vendere un’azienda che non è di sua proprietà?
E’ in vendita una città intera.