Il 10 marzo scorso, anche se in pochi lo sanno, il Senato ha discusso e votato una legge importantissima. Importante per gli utenti della giustizia, anzitutto. Importante per Giulio, un giudice precario da 18 anni, che un brutto giorno ha scoperto di avere il cancro e ha toccato con mano che cosa significhi non avere l’assistenza per malattia. Dopo il primo intervento è ritornato in aula a fare il suo lavoro di giudice prima del termine di convalescenza raccomandato dai medici. È dovuto tornare non solo perché era durissima assentarsi a lungo dal lavoro senza un centesimo di indennità, ma anche per evitare di perdere il suo ruolo nella sezione del tribunale a cui era assegnato. Rientrando più tardi lo avrebbero messo in panchina.
Il disegno di legge del Governo in votazione alle camere riguarda, infatti, la riforma della magistratura onoraria (un equivoco fin dal titolo). Alla vigilia del voto al Senato i magistrati precari come Giulio si sono organizzati scrivendo personalmente una lunga lettera a tutti i senatori per segnalare le “sgrammaticature giuridiche” del disegno di legge evidenziate dal Movimento Sei Luglio. Una lettera un po’ lunga, forse, dieci pagine, ma tante ce ne volevano per descrivere i numerosi vizi tecnici della legge (articolo per articolo), che, se approvata così com’è alla Camera dei Deputati, esporrà l’Italia a sanzioni da parte dell’Europa, non solo perché viola le direttive in materia di diritto del lavoro, ma anche le norme che consacrano il principio di indipendenza, imparzialità e terzietà dei giudici (sancito dalla Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’Uomo e dalla nostra Costituzione). I mittenti delle lettere hanno scritto che loro leggono e rileggono gli atti prima di assumere un provvedimento nei confronti di una singola persona, per prendere la decisione giusta. Quindi hanno chiesto ai senatori di leggere quelle dieci pagine prima di approvare un provvedimento che riguarda non solo cinquemila magistrati precari, ma anche milioni di cittadini i cui diritti sono affidati a questi magistrati, che da diversi lustri, a tempo pieno (ma anche straordinario), amministrano la giustizia. Un numero per dare l’idea: l’80 per cento delle udienze penali davanti al Tribunale può essere celebrato grazie ai pubblici ministeri onorari (vice procuratori onorari per gli addetti ai lavori).
La Commissione Europea ha già avviato una procedura di infrazione nei confronti dell’Italia, richiamando proprio la nota sentenza “Mascolo” della Corte di Giustizia Europea, che riguardava gli insegnanti precari. Perfino il CSM, dando il suo parere sul disegno di legge, ha riconosciuto «il conflitto con la disciplina di matrice europea». La questione, infatti, è che i magistrati onorari sono stati introdotti per un bisogno temporaneo, con l’espressa intenzione, dichiarata dal legislatore, di ritornare sul punto dopo cinque anni. Invece dagli anni Novanta amministrano la giustizia, prorogati di anno in anno con la legge di stabilità, retribuiti con indennità giornaliere liquidate solo per alcune attività e non per altre (cioè lavorano tutti i giorni ma talvolta gratis – per esempio i giudici onorari presso i tribunali sono retribuiti per l’udienza, ma scrivono gratis le sentenze), privi di qualsiasi tutela sociale. Incredibile ma vero, le donne magistrato onorario devono assentarsi obbligatoriamente dal lavoro come le lavoratrici dipendenti, ma non percepiscono un centesimo di indennità (negli anni Cinquanta alle donne si diceva: se vuoi lavorare non fare figli).
La Cepej, per redigere il rapporto pubblicato nel 2014 sullo stato della giustizia in Europa, nel 2012 aveva formulato dei quesiti ai vari Paesi, chiedendo quanti giudici fossero in servizio nelle varie categorie: 1) i magistrati “professional”, a tempo parziale e a tempo pieno; 2) i magistrati “professional” occasionali; 3) i magistrati “non professional”. La Cepej spiegava che i magistrati “professional” hanno una formazione giuridica e sono pagati per svolgere le funzioni di magistrato, salvo farlo a tempo pieno, parziale e occasionale (questi ultimi in caso di bisogno temporaneo, con una frequenza, in Europa, che va dai 15 ai 50 giorni all’anno). I magistrati non professional sono quelli che non hanno formazione giuridica, e non sono pagati per fare i giudici, ma si mettono al servizio della giustizia in misura molto limitata (per esempio in Norvegia, due giorni all’anno, comunque al massimo, nel resto dell’Europa, venti giorni all’anno, in contenziosi che possono essere risolti senza competenze tecnico-giuridiche – per fare un paragone, il contenzioso con gli operatori telefonici in Italia è gestito, in via conciliativa, dal CORECOM). L’Italia ha risposto classificando i magistrati onorari come “non professional”. Sapete perché? Perché non sono “pagati” per fare i magistrati, in quanto “sono solo indennizzati” (un gioco di parole!). Eppure sono “professionisti” (giurisperiti, insomma, e sono reclutati con un concorso per titoli), e quello che l’Italia chiama indennizzo è lo stipendio che consente loro di mantenersi (in quanto tale è una retribuzione, seppure bassa e variabile — non basta chiamarla “indennizzo” per dire che non sono lavoratori). L’Italia ha tradotto “professional” con “professionali”, anziché professionisti, perché in Italia i magistrati onorari dovrebbero svolgere per lo più un’altra professione, e – occasionalmente — mettersi al servizio per la giustizia (non dovrebbero essere “professionali”, ma di fatto fare il magistrato è la loro professione). Il punto è che il bisogno dei magistrati c.d. onorari, da temporaneo, è diventato strutturale.
Come se un medico, siccome precario, non fosse un professionista. Come se un lavoratore, dal momento che gli sono negati i diritti di lavoratore, non fosse tale (in realtà è un lavoratore privo dei diritti del lavoratore, non è un non-lavoratore!).
Il bello è che, comunque, lasciando da parte i pubblici ministeri onorari, nel 2012 l’Italia ha comunicato alla Cepej un numero di gran lunga inferiore rispetto a quello effettivo dei giudici classificati qui come onorari[1]. Per rispondere esattamente ai quesiti l’Italia avrebbe dovuto non solo indicare la quantità corrispondente al vero, ma avrebbe dovuto indicare la qualità esatta, classificando i giudici onorari oggetto della riforma come magistrati “professional” in origine occasionali, ma impiegati non occasionalmente. Così facendo, però, avrebbe confessato l’abuso. La traduzione di “professional” con “professionale” è comoda anche perché la Raccomandazione n. 12/2010 del Comitato dei Ministri agli stati membri sui giudici prevede che le disposizioni sulla retribuzione (che deve essere tale da garantire l’indipendenza) si applichino solo ai giudici “professional” (per gli altri, infatti, che due o venti volte all’anno amministrano la giustizia, non è la retribuzione a garantire l’indipendenza, perché una fonte di reddito e le tutele sociali ce le hanno già).
Insomma, tutto un grande equivoco.
Tornando alle lettere inviate dai magistrati precari ai senatori, qualcuno ha risposto. Il Senatore Maurizio Buccarella (M5S) per primo, che da avvocato a conoscenza di come funzionino le aule di giustizia, ha presentato due emendamenti per correggere, nei limiti dello spazio aperto dalla finestra sub-emendativa, qualche sgrammaticatura giuridica. Ma anche senatori appartenenti ad altri gruppi, da destra a sinistra (da Forza Italia a SEL, per intendersi), hanno votato a favore degli emendamenti presentati dal M5S. Infatti non si tratta di una questione di destra o sinistra, si tratta di principi fondamentali costituzionali. I voti contrari hanno seguito la logica di governo (ma sappiamo che “logica” non corrisponde a “razionalità”), salvo dichiarazioni di voto finali “con riserva” anche da parte di gruppi di Governo che hanno sfidato il PD alla Camera e votato uno dei due emendamenti presentati dal M5S. Risultato: il testo del disegno di legge approvato al Senato è “giuridicamente scorretto” (id est “irrazionale”, “ingiusto” e “iniquo” in un Paese dove razionalità, equità e giustizia sono valori giuridici sanciti dall’articolo 3 della Costituzione).
Al bar Sport si sente spesso dire che, per come vanno le cose adesso, si potrebbero abolire entrambe le camere. Speriamo che alla Camera dei deputati, dove ci sarà anche Possibile (che ospita i magistrati precari già da tempo), i deputati del PD dimostrino che sono solo chiacchiere da bar.
[1] I quesiti erano del 2012. L’Italia comunicava alla Cepej di avere in servizio 3275 giudici “non professional”, indicando un numero inferiore non solo ai giudici c.d. onorari — rectius precari — oggetto della riforma (allora erano 4690), ma trascurando anche tutte le altre figure di giudici effettivamente onorari in servizio presso altri uffici (tribunali di sorveglianza, tribunali dei minorenni, commissioni tributarie…).