E’ stato un lavoro di squadra entusiasmante, in cui le competenze specifiche si sono messe a disposizione un po’ in ogni luogo (studiando, approfondendo, spiegando e girando come trottole impazzite) e in cui centinaia di persone si sono attivate sui territori: per organizzare momenti di confronto assieme ad altre realtà impegnate nella stessa battaglia, per contagiare le persone più disparate (ai banchetti per strada si fanno incontri spettacolari!), per inventare nuovi modi per incontrarsi e poter raccontare come intendiamo costruire il futuro che non solo vogliamo ma anche, in qualche misura, pretendiamo.
Molti dei volti di questo crescente manipolo di #EroiPossibili erano gli stessi che la scorsa estate avevano lavorato per la raccolta firme referendaria, raccontando a destra e a manca che la transizione energetica non solo è auspicabile, ma è anche possibile, molti altri sono arrivati dopo e si sono ben presto rimboccati le maniche.
Quello che ho visto io, insomma, è stata una mobilitazione generosa, instancabile, competente, inclusiva, gioiosa, propositiva. Quelli che oggi blaterano con derisione di fallimento non sanno, letteralmente, di cosa parlano (forse perché le persone vere, quelle senza fili attaccati nei punti chiave, non le frequentano più da tempo).
Adesso sappiamo che milioni di persone hanno capito che dall’era delle fossili occorre uscire il più velocemente possibile, sia perché i cambiamenti climatici esistono già e vanno arrestati, sia perché finalmente i governanti di 195 Paesi hanno chinato il capo alla comunità scientifica internazionale, per anni inascoltata come una fastidiosa Cassandra (gufa, per giunta!).
Adesso sappiamo che in tanti non si berranno più la frottola di chi finge che le rinnovabili costino troppo per tenerle a bada e, nel frattempo, sovvenziona un’industria a termine con costi ambientali altissimi e ricadute sui territori scarsissime, spesso criminogena, come quella dell’oil&gas.
Adesso sappiamo che non siamo più in pochi a pretendere una strategia energetica sensata per questo martoriato e saccheggiato Paese, svenduto al migliore offerente da chi vuol farti credere che “un’alternativa non c’è”.
Non siamo stati abbastanza per raggiungere in poche settimane il quorum di un referendum truccato a tavolino in ogni modo possibile, è vero.
Ma questo non ci va retrocedere nemmeno di un passo del nostro percorso, come spiega benissimo Pippo Civati.
Ho scritto questo breve post a qualche ora dalla delusione iniziale, presto digerita, con un grande senso di gratitudine nel cuore, e non solo ricordando le battaglie vinte (come Ombrina mare che non si farà più, come i fondi che si ritirano da scellerate esplorazioni, come pezzi dello SbloccaItalia restituiti al mittente), ma anche perché profondamente convinta che quello che abbiamo fatto, raccontato, seminato assieme in queste settimane non ce lo toglie nessuno.