La battaglia referendaria è politica. Pura, rotonda e bellissima nella sua accezione più alta della politica che si interroga sulla gestione del potere, sui meccanismi della rappresentanza e sul rispetto alla democrazia. Non è lo scontro tra riformisti e bacucchi conservatori come la vorrebbe la narrazione renziana e non è nemmeno una sfida tra incomprensibili posizioni professorali: questa lunga estate è l’occasione per redigere il manifesto politico dei tanti sì. Sì all’uguaglianza, sì ad un taglio dei costi della politica che non svilisca la rappresentanza, sì ad una maggiore responsabilità parlamentare senza leggi elettorali adatte all’allevamento del servilismo poltronare, sì ad un Paese che torni alla politica prima che ai politici; c’è uno spazio larghissimo in cui cominciare a contare e smetterla, per una volta, di contarsi.
Quindi? Ogni partito (sano) è il cuore pulsante di un comitato referendario. Scusatemi ma io non mi allineo ad una partecipazione “dal basso” che sculetta cercando attoniti seguaci entusiasti; la partecipazione sta nell’essere parte di un cambiamento che ha bisogno di persone, territorio, presenza e studio, intelligenza ed entusiasmo. Se è Possibile pensare alla fioritura di un movimento a sinistra che esca dagli sms tra i soliti noti allora questa estate è il viaggio RiCostituente per costituirsi partito: la responsabilità del referendum costituzionale e l’ampiezza delle norme in discussione è il passaggio alla fase adulta.
Per questo credo che al di là del risultato (politico, senza cadere nella trappola delle baruffe invocate da Renzi) noi davvero non ci possiamo concedere di non permetterci la passione, non possiamo pensare di intrizzirsi tra le formule algebriche di alleanze e accordicchi. Non ci possiamo permettere, in sostanza, di farci battere sull’entusiasmo; altrimenti abbiamo fallito.
Facciamola con il cuore, questa campagna; facciamola con la meraviglia di chi scopre la sensazione di avere un’occasione; presidiamo ogni luogo, ogni incontro, ogni possibilità di immaginare un evento; usiamo i libri, l’arte, lo sport, le sagre, i bar, i mercati per raccontare il Paese che abbiamo in mente. C’è un’Italia messa ai margini dai professionisti del “non c’è alternativa” che è l’Italia di chi è sperduto ma ha ancora speranza, fantasia e immaginazione semplicemente da rimettere in moto. Per favore: uscite dalle chat velenose di chi si alambicca su posizione di potere presunte e riconnettiamoci con il Paese. Sono convinto che ci sia gente lì fuori che se potesse leggere anche solo qualche pagina di tutto il vostro impegno sarebbe compagna di viaggio.
Casa per casa, come diceva qualcuno. Dobbiamo permetterci la passione, oltre a tutto il resto.