“Si spera che prima o poi nasca non dico qualcosa di alternativo, ma di differente dal renzismo. Che non vuol dire nostalgie di sinistra, vuol dire aprire un discorso meno semplicistico, meno demagogico e meno arruffato”: partiamo dall’ultima considerazione fatta ieri in un’intervista da Massimo Cacciari. Partiamo da questa richiesta di un discorso ‘meno semplicistico’ e cerchiamo di coniugarla in maniera sensata con quanto invece l’ex sindaco di Venezia afferma solo poche righe prima: ovvero la necessità di votare sì al referendum perché altrimenti l’Italia finirebbe in balia dei populismi di destra.
Di tutte le argomentazioni comparse in questi giorni (non nel merito) per sostenere il sì alla riforma dobbiamo rilevare che questa di Cacciari è certamente la più demagogica, semplicistica e arruffata (cit.). Più dei partigiani, di CasaPound e dello ‘spettro poltrone’. Di più e oltre. Cacciari ammette di non amare né il premier né la riforma, ma fa inconsapevolmente un atto di sofismo che contraddice le sue ragioni.
Forse Cacciari avrebbe dovuto valutare questa sua preoccupazione proprio alla luce della riforma. Ovvero: cosa potrebbero fare le forze populiste con una Costituzione come quella che verrebbe fuori in caso di vittoria dei sì al referendum? Un Parlamento debole, dominato da un partito dal consenso anche limitato, ma che in qualche modo sia arrivato — al primo turno o al ballottaggio — primo; un Governo incontrollabile per cinque anni, che assumesse provvedimenti contro i diritti e le libertà individuali, pronto alle peggiori discriminazioni e a scelte economiche infelici. Il tutto con i poteri di garanzia ridotti e/o controllati da quella stessa maggioranza (che poi è una minoranza) che ha preso il superpremio con l’Italicum.
Ecco, è sicuro il professor Cacciari che in questa situazione non si dovrebbe essere ben più preoccupati dei “populismi di destra”?
Cacciari poi dice di sperare che prima o poi nasca qualcosa in grado di essere alternativo al renzismo, ma delegittima chi ha provato a farlo. E allora vada per il meno peggio, per il turiamoci il naso e votiamo la riforma perché altrimenti arriva Salvini con le ruspe. Non è forse una personalizzazione anche questa? Non è forse strumentale utilizzare la crisi europea (certo anche di rappresentanza) per argomentare un sì che va proprio nella direzione opposta (ovvero nell’erosione della rappresentanza e nell’allontanamento dei cittadini dalle istituzioni)? Nessuno è in grado di opporsi al renzismo, Civati ha sbagliato a uscire dal partito, tutto è marcio, ma oltre non si vede la luce e quindi accontentiamoci di questa riforma, anche se è brutta e fatta male.
Forse le alternative si creano anche con il coraggio di sostenere chi una proposta differente in termini di Governo prova a darla. Chi il coraggio lo ha avuto e ha smesso di pensare che l’unica alternativa fosse quella di turarsi il naso. Legare il fallimento del sì al referendum Costituzionale al rischio che in Italia si apra una fase di fortissima instabilità con il seguente avvento di ‘populismi di destra’ è un discorso fazioso e pericoloso. Perché allontana ancora una volta l’attenzione dal punto centrale della questione: ovvero una riforma del testo Costituzionale che avrà effetti ben oltre l’immediato di nuove elezioni. Questo è personalizzare, questo è semplificare.
Noi non speriamo che nasca solo un’alternativa, noi lavoriamo ogni giorno per crearla in maniera concreta. E invitiamo Cacciari a farlo con noi proprio per fuggire a quel ‘contrattare sopravvivenze personali’ di cui parla e a quei populismi che questa riforma legittimerebbe definitivamente.