Domenica 12 giugno in Provincia di Bolzano è accaduto qualcosa di molto interessante. I cittadini dell’intera Provincia sono stati chiamati alle urne per esprimere il loro parere su un’opera molto controversa, da anni oggetto di grande dibattito nella Provincia: l’ampliamento o meno dell’aeroporto della città di Bolzano tramite contributi pubblici.
Al voto referendario ha partecipato il 46,7% della popolazione, pari a 191.422 aventi diritto (superando il quorum del 40%).
Il 70,6 % ha detto NO – Il 29,4% ha detto SI
Un risultato talmente netto che a poche ore dalla conclusione dello spoglio Arno Kompatscher, Presidente della Provincia, dichiarava pubblicamente che benché l’esito referendario non sia vincolante (si trattava di referendum consultivo) intende rispettare il mandato popolare: la Provincia di Bolzano non darà contributi pubblici all’Aeroporto di Bolzano e pianificherà politiche di mobilità alternative.
Questi i fatti.
La storia del referendum in Provincia di Bolzano racconta ben altro però: parla di una democrazia che si sforza di essere più democratica. Dimostra che un voto referendario non è contro qualcuno, ma per qualcosa. Testimonia il valore dell’informazione, che favorisce l’apprendimento collettivo e stimola il dibattito pubblico, l’anima di una democrazia in salute. Dice che non c’è questione importante che non possa essere capita dai cittadini. Ricorda che si possono avere opinioni divergenti sulla saggezza di una decisione popolare (dubbi che riguardano anche le decisioni degli eletti peraltro), ma che in Democrazia è fondamentale offrire ai cittadini la possibilità di esprimersi e decidere.
Chissà, forse a chi continuerà a leggere verranno alla mente altre occasioni di democrazia mancate. Penso alla celeberrima questione di Roma “Olimpiadi si o no”, penso alle molte Amministrazioni che si rimpallano la realizzazione o il potenziamento di aeroporti o inceneritori o chissà che altro.
In questa storia sono particolarmente interessanti alcuni elementi che definisco politici, intendendo con ciò sia i fattori di merito, sia il metodo utilizzato per giungere alla decisione.
Primo elemento: la maturità e la solidarietà degli altoatesini. Nessun effetto nimby: il “no” al progetto è stato uniforme, dalla bassa atesina (area oggettivamente interessata dallo scalo) sino alle valli più a nord della Provincia. Solo i Comuni di Corvara e Selva di Val Gardena si sono schierati a favore del “sì” – non a caso i Comuni dove gli interessi legati al settore alberghiero sono più forti e più concentrati. Per inciso: l’affluenza nella città di Bolzano è stata maggiore, seppur di poco, a quella delle elezioni amministrative dello scorso maggio. Volendo le segreterie politiche vari dei partiti avrebbero di che riflettere… (Qui il dettaglio sui dati).
Secondo elemento: una visione di sviluppo trasversale e condivisa dai più. Il come interpretare e realizzare il futuro della Provincia è andato ben oltre le appartenenze tradizionali. Inquinamento, salute, utilizzo dei soldi pubblici, modello di sviluppo turistico: di questo si è a lungo discusso e su questo gli altoatesini hanno espresso la loro opinione. La maggioranza ha scelto di privilegiare un turismo più sostenibile (più lento, per dirla alla Langer) e di non approvare questo utilizzo dei soldi pubblici.
Terzo elemento: dibattito ampio e alto livello di informazione. Il Consiglio provinciale ha messo a punto un opuscolo informativo con le ragioni del “sì” e del “no” e lo ha inviato a 200mila famiglie altoatesine. Anche i Comitati hanno fatto la loro parte: incontri informativi, volantinaggi, presenza sul territorio. La disparità dei mezzi tra i sostenitori del “sì” (che avevano l’appoggio del livello governativo) e quelli del “no” è comunque innegabile. In futuro sarà necessario intervenire con regolamenti che rendano trasparenti i finanziamenti destinati alle campagne.
Ciò nonostante se si fa un paragone con quanto accaduto in occasione del referendum sulle trivelle o con quanto sta accadendo in vista del referendum costituzionale di ottobre l’esperienza altoatesina è da applauso.
Quarto elemento: il tema oggetto del referendum. Non è certo usuale in Italia che la popolazione sia chiamata a decidere sulle opere e sull’utilizzo del denaro pubblico. La nostra democrazia, a differenza di moltissime altre nel mondo, non prevede – neppure a livello comunale — il diritto dei cittadini di esprimersi sui tributi o sulle materie finanziarie in genere.
Quinto elemento: l’approccio utilizzato. La consultazione è stata voluta “dall’alto”, in perfetto stile plebiscitario. La chiamata alle urne è stata voluta dalla maggioranza governativa, primo fra tutti dal Landeshauptmann Arno Kompatscher che voleva legittimità popolare, convinto di riuscire ad ottenerla.
Così non è stato.