Il referendum britannico sull’UE ha già perso

La sensazione è quindi che si abbia già perso tutti. Hanno perso coloro che volevano chiedersi, e chiedere, se l’Europa non sia qualcosa di più che un modo per governi o imprese di fare qualche soldo aggiuntivo, se non sia un ideale culturale che rispecchia i sacrifici dei nostri avi e la voglia di costruire un mondo con meno muri e confini, perché consci che le grandi sfide, come quella dell’inquinamento e delle diseguaglianze, sono sfide globali.

Il 3 Giu­gno 2016 turi­sti e lon­di­ne­si han­no visto una Tra­fal­gar squa­re par­ti­co­la­re: 1000 paro­le in ges­so bian­chis­si­mo la ren­de­va­no diver­sa dal soli­to. Pro­ve­nien­ti da un volan­ti­no anti-EU inti­to­la­to “Why Vote Lea­ve” e tra­scrit­te, sem­bra, da un sen­za­tet­to fir­ma­to­si “Ken­ny from Sco­tland”, era­no e sono la con­fer­ma che que­sto refe­ren­dum è una cosa seria e che la voglia di “lascia­re” qui non è poca, anche nel­la cit­tà che para­dos­sal­men­te è capi­ta­le euro­pea per eccellenza.

brexit

Per quan­to incre­di­bi­le, il mura­les sem­bre­reb­be aver sve­glia­to anche il Labour Par­ty, che sull’argomento ave­va tenu­to a lun­go una posi­zio­ne uffi­cia­le non chia­ra, qua­si a voler pro­va­re la stra­te­gia del “par­lia­mo­ne poco per non far­la diven­ta­re una que­stio­ne impor­tan­te”, stra­te­gia fal­li­ta in manie­ra net­ta di fron­te ad un Fara­ge (lea­der dell’UKIP), pron­to ad andar­se­ne in giro in gom­mo­ne anti-EU per il Tami­gi e a pro­dur­re car­tel­lo­ni raz­zi­sti e offen­si­vi come il recen­te “Brea­king Point”, in cui offen­de i rifu­gia­ti Siria­ni. È quin­di arri­va­to, a meno di un mese dal voto, l’endorsement uffi­cia­le al voto “#Remain” di Cor­bin, lea­der labou­ri­sta, ma per qua­li ragioni?

La real­tà è che il dibat­ti­to è par­ti­to e fini­to sui “know the fac­ts” di natu­ra eco­no­mi­ca, con l’opuscolo reca­pi­ta­to dal gover­no con­ser­va­to­re di Came­ron (favo­re­vo­le a resta­re in UE) in ogni casa a spie­ga­re, ad esem­pio, quan­ti milio­ni all’an­no il mer­ca­to comu­ne euro­peo fa gua­da­gna­re alle azien­de bri­tan­ni­che. Dall’altro lato, una rete di ban­chet­ti bene orga­niz­za­ta (i finan­zia­to­ri del­la Bre­xit paio­no non ave­re le tasche trop­po vuo­te) a spie­ga­re che il Regno Uni­to paga all’UE mol­to più di quan­to rice­ve. «L’UE ci aiu­ta a man­te­ne­re la pace? Mac­chè, quel ruo­lo lo svol­ge la NATO!». La per­la è l’attacco alla misu­ra otte­nu­ta da Came­ron in sede UE che per­met­te, in bar­ba alle attua­li rego­le euro­pee, di non paga­re sus­si­di gover­na­ti­vi come quel­lo di disoc­cu­pa­zio­ne ai cit­ta­di­ni euro­pei legal­men­te resi­den­ti fino a 5 anni con­ti­nua­ti­vi: i volan­ti­ni pro Bre­xit la bol­la­no come inu­ti­le in quan­to “il Con­si­glio euro­peo la boc­ce­rà”. Oltre al dan­no, la beffa.

La sen­sa­zio­ne è quin­di che si abbia già per­so tut­ti. Han­no per­so tut­ti gli immi­gra­ti euro­pei che da anni vivo­no qui ma che non han­no dirit­to di voto, dirit­to che inve­ce han­no, oltre ai Bri­tan­ni­ci e agli Irlan­de­si, i Mal­te­si e i Ciprio­ti insie­me a tut­ti gli altri resi­den­ti UK di pae­si del Com­mo­n­wealth. Han­no per­so colo­ro che vole­va­no chie­der­si, e chie­de­re, se l’Europa non sia qual­co­sa di più che un modo per gover­ni o impre­se di fare qual­che sol­do aggiun­ti­vo, se non sia un idea­le cul­tu­ra­le che rispec­chia i sacri­fi­ci dei nostri avi e la voglia di costrui­re un mon­do con meno muri e con­fi­ni, per­ché con­sci che le gran­di sfi­de, come quel­la dell’inquinamento e del­le dise­gua­glian­ze, sono sfi­de glo­ba­li. E han­no per­so quel­li che vole­va­no instau­ra­re un dibat­ti­to vero su qua­le “altra Euro­pa” costrui­re, sul deci­de­re qua­li rifor­me i poli­ti­ci Bri­tan­ni­ci avreb­be­ro dovu­to anda­re a richie­de­re con for­za nel­le sedi euro­pee, inve­ce di get­ta­re la spu­gna andan­do­se­ne. Nel frat­tem­po si è crea­to un cli­ma di ten­sio­ne e di odio cre­scen­te, cul­mi­na­to nel­lo scon­vol­gen­te assas­si­nio del­la par­la­men­ta­re labu­ri­sta Jo Cox.

Ripen­san­do a que­sti ulti­mi mesi, è la cam­pa­gna “#Remain” a esser sta­ta par­ti­co­lar­men­te debo­le: trop­po spes­so solo impe­gna­ta a smon­ta­re i nume­ri del fron­te #Lea­ve su costi-bene­fi­ci dell’UE, o a far mon­tar la pau­ra di una reces­sio­ne nel caso dell’uscita. Di fron­te al poco corag­gio dei par­ti­ti vin­ce la pro­pa­gan­da spic­cia e per­do­no tut­ti: sia­mo sicu­ri che in tut­to que­sto ci sia una lezio­ne che noi in pri­mis non pos­sia­mo far­ci sfug­gi­re. L’unica rispo­sta a raz­zi­smi e popu­li­smi euro­pei è bat­ter­si per la cen­tra­li­tà dell’Europa nel dibat­ti­to poli­ti­co (e non solo elet­to­ra­le), riven­di­can­do la pro­fon­da neces­si­tà di cam­bia­men­to che per­met­ta all’UE di offri­re solu­zio­ni cre­di­bi­li alle que­stio­ni glo­ba­li e risol­ve­re le sue con­trad­di­zio­ni più gran­di. Per que­sto è impor­tan­te che vener­dì l’Unione Euro­pea e il Regno Uni­to non si risve­gli­no entram­be inde­bo­li­te dal Bre­xit. Nel frat­tem­po, con­so­lia­mo­ci con un po’ con chi la pro­pa­gan­da si è diver­ti­to a sov­ver­tir­la.

Il comi­ta­to Lon­di­ne­se “Syl­via Pankhurst”

AIUTACI a scrivere altri articoli come quello che hai appena letto con una donazione e con il 2x1000 nella dichiarazione dei redditi aggiungendo il codice S36 nell'apposito riquadro dedicato ai partiti politici.

Se ancora non la ricevi, puoi registrarti alla nostra newsletter.
Partecipa anche tu!

ISCRIVITI ALLA NEWSLETTER

Congresso 2024: regolamento congressuale

Il con­gres­so 2024 di Pos­si­bi­le si apre oggi 5 apri­le: dif­fon­dia­mo in alle­ga­to il rego­la­men­to con­gres­sua­le ela­bo­ra­to dal Comi­ta­to Organizzativo.

Il salario. Minimo, indispensabile. Una proposta di legge possibile.

Già nel 2018 Pos­si­bi­le ha pre­sen­ta­to una pro­po­sta di leg­ge sul sala­rio mini­mo. In quel­la pro­po­sta, l’introduzione di un sala­rio mini­mo lega­le, che rico­no­sces­se ai mini­mi tabel­la­ri un valo­re lega­le erga omnes quan­do que­sti fos­se­ro al di sopra del­la soglia sta­bi­li­ta, for­ni­va una inno­va­ti­va inter­pre­ta­zio­ne del­lo stru­men­to, sino a quel tem­po bloc­ca­to dal timo­re di ero­de­re pote­re con­trat­tua­le ai sin­da­ca­ti. Il testo del 2018 è sta­to riscrit­to e miglio­ra­to in alcu­ni dispo­si­ti­vi ed è pron­to per diven­ta­re una pro­po­sta di leg­ge di ini­zia­ti­va popolare.

500.000 firme per la cannabis: la politica si è piantata? Noi siamo per piantarla e mobilitarci.

500.000 fir­me per toglie­re risor­se e giro d’affari alle mafie, per garan­ti­re la qua­li­tà e la sicu­rez­za di cosa vie­ne ven­du­to e con­su­ma­to, per met­te­re la paro­la fine a una cri­mi­na­liz­za­zio­ne e a un proi­bi­zio­ni­smo che non han­no por­ta­to a nes­sun risul­ta­to. La can­na­bis non è una que­stio­ne secon­da­ria o risi­bi­le, ma un tema serio che riguar­da milio­ni di italiani.

Possibile per il Referendum sulla Cannabis

La can­na­bis riguar­da 5 milio­ni di con­su­ma­to­ri, secon­do alcu­ni addi­rit­tu­ra 6, mol­ti dei qua­li sono con­su­ma­to­ri di lun­go cor­so che ne fan­no un uso mol­to con­sa­pe­vo­le, non peri­co­lo­so per la società.
Pre­pa­ra­te lo SPID! Sarà una cam­pa­gna bre­vis­si­ma, dif­fi­ci­le, per cui ser­vi­rà tut­to il vostro aiu­to. Ma si può fare. Ed è giu­sto provarci.

Corridoi umanitari per chi fugge dall’Afghanistan, senza perdere tempo o fare propaganda

La prio­ri­tà deve esse­re met­te­re al sicu­ro le per­so­ne e non può esse­re mes­sa in discus­sio­ne da rim­pal­li tra pae­si euro­pei. Il dirit­to d’asilo è un dirit­to che in nes­sun caso può esse­re sot­to­po­sto a “vin­co­li quan­ti­ta­ti­vi”. Ser­vo­no cor­ri­doi uma­ni­ta­ri, e cioè vie d’accesso sicu­re, lega­li, tra­spa­ren­ti attra­ver­so cui eva­cua­re più per­so­ne possibili. 

I padroni dicono di no a tutto. E per questo scioperiamo.

La stra­te­gia del capi­ta­li­smo è quel­la di ato­miz­za­re le riven­di­ca­zio­ni, met­ter­ci gli uni con­tro gli altri, indi­vi­dua­re un nemi­co invi­si­bi­le su cui svia­re l’attenzione, sosti­tui­re la lot­ta col­let­ti­va con tan­te lot­te indi­vi­dua­li che, pro­prio per que­sto, sono più debo­li e più faci­li da met­te­re a tacere.
Ma la gran­de par­te­ci­pa­zio­ne allo scio­pe­ro del 13 dicem­bre dimo­stra che la dimen­sio­ne col­let­ti­va del­la nostra lot­ta, del­le nostre riven­di­ca­zio­ni, non è perduta.