L’orrore passa sempre per l’apparente stato di quiete in cui si svolgono i fatti. Un pomeriggio di inizio luglio nel placido centro storico di Fermo, profonda provincia italiana. Emmanuel e Chimiary, rifugiati nigeriani, ospiti del progetto gestito dalla Fondazione Caritas in veritate di don Vinicio Albanesi, passeggiano nei pressi del centro storico. Sono le 14.30, c’è poca gente in giro. I due giovani sono promessi sposi in attesa di documenti e di matrimonio, e sono felici. Perché qui hanno trovato la pace dopo anni difficili in fuga da guerre e violenza.
Anni di fuga interrotti bruscamente proprio qui, a Fermo, da due loro coetanei, oziosamente seduti su una panchina. Uno di loro è un noto (alle forze dell’ordine) tifoso della squadra locale, con quattro anni di Daspo sulle spalle. Insieme al suo sodale vedendo passare i due sposini irridono la donna, la chiamano “scimmia”. Emmanuel non ci sta, e come potrebbe farla passare sotto silenzio un’offesa così gratuita alla sua compagna? Chiede spiegazioni, volano parole grosse e minacce, fino all’aggressione. I due fermani prendono in consegna sia Emmanuel che Chimiary. Lei se la cava con qualche colpo guaribile in cinque giorni. Il nigeriano, sfuggito alle violenze di Boko Haram no. Colpito alla nuca con un palo della segnaletica stradale, cade e riceve la sua dose di botte anche a terra. Resta lì, esanime. Accanto a lui Chimiary, che presto sarebbe stata sua sposa. Immobile.
“Erano a un passo dai documenti” dice, amaro, l’avvocato Astorri che continuerà a lottare per quella ragazza, “che ha superato violenze incredibili durante il passaggio in Libia, perdendo anche un figlio”.
Emmanuel è deceduto dopo alcune ore in ospedale. Scampato alle violenze di Boko Haram e della Terra di nessuno libica, è morto ammazzato in una strada di una piccola città del centro Italia, vittima dell’indifferenza, del razzismo da bar, dei luoghi comuni che accecano e tracimano. Questo è l’orrore.
“Continuo a guardare questa foto da stamattina, quel sorriso buono e gli occhi sereni e soddisfatti di chi, nonostante tutto, ce l’ha fatta a sfuggire alla violenza e alla morte”, scrive su Facebook Beatrice Brignone, deputata di Possibile. “Provo dolore e vergogna e non ho neanche le parole per dire quanto”, conclude.
“La morte di Emmanuel ci lascia sgomenti”, si legge nella nota dal Comitato di Possibile Athena di Porto San Giorgio. “Vorremmo osservare un rispettoso e umile silenzio davanti all’uccisione di un uomo vittima di una violenza così efferata e gratuita, e per questo ancora più orribile. Invece dobbiamo farci forza, per esprimere la più convinta e calda vicinanza a Chimiary. E facciamo appello alle cittadine e ai cittadini di Fermo e del Fermano, e alle associazioni del territorio, perché siano fermi e uniti contro la violenza, l’indifferenza e contro ogni tipo di discriminazione. Erano due giovani, fuggiti dal terrore e dalla violenza di Boko Haram. Ne hanno trovata un’altra ancora più assurda, che chiama in causa le nostre coscienze”.