Abbiamo letto più di un commento acido — ormai si usa così — sulla rete a proposito del nostro manifesto per il benessere degli animali.
Commenti e commentatori che spesso ignorano gli argomenti di cui parlano, ne sottovalutano il significato di civiltà e perdono di vista le proporzioni economiche.
Capita spesso di questi tempi.
Eppure più di dieci milioni di famiglie in Italia hanno un animale domestico che vive con loro.
Ci sono costi di mantenimento e costi sanitari di una certa importanza, che vanno regolati con una logica di proporzionalità e con misura.
Ci sono aspetti che riguardano la spesa pubblica, perché il randagismo, per esempio, oltre a essere un problema di per sé, ha costi economici non banali. Così come il mancato rispetto del servizio dei rifugi (una volta chiamati canili) che come ogni cosa possono essere gestiti bene e costare poco (perché fanno molte adozioni) o essere sacche di rendita e gravare parecchio sui bilanci degli enti locali.
Pensare di superare gli spettacoli con gli animali, non è nazianimalismo (che poi cosa cavolo vuol dire, le parole sono importanti!) ma introdurre norme di ovvia civiltà, nel rispetto di cose ovvie. Così come chiedersi come sono allevati e trasportati gli animali di cui ci cibiamo. Così come pensare a momenti di educazione per i più piccoli, perché crescano in modo consapevole e rispettoso degli esseri umani, degli animali e dell’ambiente.
Ci sono sempre cose più importanti di cui parlare, sostengono i polemici commentatori. Secondo noi sono importanti molte cose, quelle che ci riguardano da vicino, che fanno parte della nostra vita quotidiana, a cui siamo affezionati e con cui conviviamo.
Poi certo si può buttare via tutto Se niente importa, come dice il titolo di un libro che ha a che fare con questa storia, non importano di sicuro queste cose. E nemmeno le altre.
Giuseppe Civati, Beatrice Brignone