Le preoccupazioni per l’Italia. Quelle vere e quelle degli “altri”

Gli osservatori economici tornano a interessarsi di noi e in particolare del referendum costituzionale. Dimenticano lo stato della nostra economia che ci sta portando a essere il mezzogiorno d'Europa.

Ci risia­mo. Dopo cin­que anni, il mon­do, quel­lo in par­ti­co­la­re rap­pre­sen­ta­to dal Finan­cial Times e dal Wall Street Jour­nal, si pre­oc­cu­pa per noi. Nel 2011, la madre di tut­te le pre­oc­cu­pa­zio­ni era il debi­to pub­bli­co. Da allo­ra sono pas­sa­ti tre gover­ni e il debi­to pub­bli­co ita­lia­no è con­ti­nua­to ad aumen­ta­re, sia in ter­mi­ni asso­lu­ti che in per­cen­tua­le del PIL, nono­stan­te i moni­ti e le minac­ce che, un gior­no sì e l’altro no, arri­va­no da Bru­xel­les. Ma sem­bra che non sia più così pre­oc­cu­pan­te: i “mer­ca­ti” non se ne inte­res­sa­no più e lo spread con il ren­di­men­to dei Bund si man­tie­ne lar­ga­men­te e costan­te­men­te sot­to i due­cen­to pun­ti. E’ basta­to un “wha­te­ver it takes” di Dra­ghi, e poi tas­si di inte­res­se pros­si­mi a zero che con­ti­nua­no a fare la loro parte.

Ora la pre­oc­cu­pa­zio­ne si è spo­sta­ta sul set­to­re pri­va­to, con un pri­mo focus sul­le ban­che: chi non ricor­da la coper­ti­na dell’Economist del­lo scor­so 9 luglio con l’autobus ver­de-bian­co-ros­so in bili­co sul pre­ci­pi­zio, a rap­pre­sen­ta­re la tri­ste situa­zio­ne del siste­ma ban­ca­rio ita­lia­no? E tan­ta è sta­ta la pre­oc­cu­pa­zio­ne (chis­sà a chi pote­va­no fini­re in mano, le ban­che ita­lia­ne, fos­se­ro anda­te sul mer­ca­to a prez­zo di sal­di) che le rego­le del bail in sono sta­te accan­to­na­te, con­sen­ten­do a Ren­zi di met­te­re risor­se pub­bli­che a garan­zia di quel­le pri­va­te che stan­no inter­ve­nen­do nei sal­va­tag­gi, accu­ra­ta­men­te pilo­ta­ti, ça va sans dire.

Ma poi si è pro­fi­la­to il refe­ren­dum costi­tu­zio­na­le, i pri­mi son­dag­gi che dan­no in van­tag­gio il “no” e l’Italia che, nono­stan­te i soli­ti roboan­ti annun­ci che Ren­zi & Co. spar­go­no in giro dall’inizio dell’anno, è pas­sa­ta di nuo­vo dal­la sta­gna­zio­ne alla reces­sio­ne: tas­so di cre­sci­ta 0% nel II tri­me­stre 2016 e c’è poco da dire. E suo­na a vuo­to anche la ras­si­cu­ra­zio­ne di Galim­ber­ti sul Sole24Ore del 14 ago­sto scor­so che “pri­ma o poi il ciclo inter­na­zio­na­le pren­de­rà a rimor­chio anche l’Italia”: tut­ti i pae­si euro­pei man­ten­go­no un tas­so di cre­sci­ta posi­ti­vo (a par­te la Fran­cia che scon­ta gli scio­pe­ri del perio­do), dal­la Ger­ma­nia (+0,4%) fino alla Spa­gna (+0,7%), da mesi sen­za governo.

Come fa a cre­sce­re un Pae­se sen­za Gover­no? Sem­pli­ce: si affi­da ad una clas­se diri­gen­te respon­sa­bi­le e soli­da­le con gli inte­res­si del­la col­let­ti­vi­tà nazio­na­le, che in Ita­lia sem­bra non esi­ste­re. E ha ragio­ne Roma­no Pro­di a lamen­ta­re che “tra colo­ro che non cre­do­no nell’Italia, dob­bia­mo elen­ca­re anche alcu­ni pro­ta­go­ni­sti dell’imprenditoria pri­va­ta che, sen­za alcu­na situa­zio­ne di cri­si azien­da­le o pro­spet­ti­ve di una cri­si immi­nen­te, non solo han­no ven­du­to la pro­pria azien­da ad atto­ri stra­nie­ri o fon­di di inve­sti­men­to pre­va­len­te­men­te spe­cu­la­ti­vi ma si sono ben guar­da­ti dall’intraprendere nuo­ve ini­zia­ti­ve pro­dut­ti­ve con le risor­se rica­va­te dal­la ven­di­ta dell’azienda”.

Se doves­si­mo dir­la sin­te­ti­ca­men­te, ormai risul­ta evi­den­te lo sta­to cri­ti­co del pae­se, che que­sto Gover­no ha con­tri­bui­to ad aggra­va­re. Gra­zie ai mec­ca­ni­smi elet­to­ra­li, la distan­za tra rap­pre­sen­tan­ti e rap­pre­sen­ta­ti è diven­ta­ta un abis­so; le mag­gio­ran­ze par­la­men­ta­ri sono ormai inter­scam­bia­bi­li, pur­ché fun­zio­na­li a rapi­de appro­va­zio­ni di ini­zia­ti­ve legi­sla­ti­ve qua­si tut­te in capo al Gover­no; a com­ple­men­to di ciò, con l’eventuale appro­va­zio­ne del­la rifor­ma costi­tu­zio­na­le, il Sena­to ver­reb­be uffi­cial­men­te ridot­to a came­ra non rap­pre­sen­ta­ti­va. Nell’Europa del XXI seco­lo, è più facil­men­te gover­na­bi­le un popo­lo che non si sen­te e, ogget­ti­va­men­te, non è rap­pre­sen­ta­to? E per quan­to tempo?

Intan­to lo sbri­cio­la­men­to del mer­ca­to del lavo­ro, for­te­men­te volu­to dal Gover­no con il Jobs Act e debol­men­te osta­co­la­to dal sin­da­ca­to, ha pro­dot­to il suo prin­ci­pa­le risul­ta­to, che è un dram­ma­ti­co con­te­ni­men­to del­le retri­bu­zio­ni, con effet­ti pres­so­ché nul­li sul­la disoc­cu­pa­zio­ne, nono­stan­te gli incen­ti­vi fisca­li. D’altronde, sap­pia­mo anche che la dimi­nu­zio­ne degli inat­ti­vi e l’aumento degli occu­pa­ti, così come sta­ti­sti­ca­men­te rile­va­ti, dipen­de mol­to dall’uso e abu­so del siste­ma dei vou­cher, di cui non si dirà mai trop­po male, per la dequa­li­fi­ca­zio­ne del lavo­ro che com­por­ta e le for­me di sfrut­ta­men­to, più o meno occul­to. Inol­tre, pro­du­ce effet­to sta­ti­sti­co anche l’innalzamento dell’età per ave­re acces­so alla pen­sio­ne, ormai pie­na­men­te operativo.

Nel con­tem­po, si è pro­ce­du­to alla destrut­tu­ra­zio­ne del wel­fa­re lavo­ri­sti­co: si è pro­gres­si­va­men­te ridot­to il cam­po di appli­ca­bi­li­tà del­la Cas­sa Inte­gra­zio­ne, sen­za una rifor­ma dei con­trat­ti di soli­da­rie­tà che potes­se ren­der­li suoi vali­di sosti­tu­ti. Del resto, di fron­te alla liber­tà, pra­ti­ca­men­te indi­scri­mi­na­ta, di licen­zia­re e rias­su­me­re a prez­zi strac­cia­ti con­sen­ti­ta dal Jobs Act, il ricor­so alla CIG è diven­ta­to mol­to meno appe­ti­bi­le per le impre­se.  E’ sta­ta ridot­ta anche la dura­ta dell’accesso a un sus­si­dio di disoc­cu­pa­zio­ne, comun­que chia­ma­to, anche se il Gover­no riven­di­ca di ave­re allar­ga­to la base degli aven­ti dirit­to: in real­tà, con un tas­so di disoc­cu­pa­zio­ne gio­va­ni­le che sfio­ra anco­ra il 38% e la mol­ti­pli­ca­zio­ne del­le situa­zio­ni di pre­ca­rie­tà di fat­to pro­dot­te dal Jobs Act,  era impos­si­bi­le non tene­re in nes­sun con­to l’allargamento con­se­guen­te del­la “base”. Oltre i sus­si­di lega­ti allo sta­to di disoc­cu­pa­zio­ne, con­ti­nua ad esser­ci il nul­la: solo bene­fi­cien­za, quel­la che costrin­ge le per­so­ne in sta­to di biso­gno a chie­de­re a enti vari, con nes­su­na cer­tez­za di poter ave­re risposta.

E’ a buon pun­to, intan­to, il depo­ten­zia­men­to del­la Sani­tà Pub­bli­ca, dove l’introduzione di tic­ket a cari­co del cit­ta­di­no, spes­so tali da ren­de­re com­pe­ti­ti­vo il prez­zo pie­no pra­ti­ca­to da strut­tu­re pri­va­te, sta ormai diven­tan­do la rego­la: que­sto, som­ma­to ad anti­che insuf­fi­cien­ze pre­sen­ti nei ter­ri­to­ri, sta ovvia­men­te pro­du­cen­do l’effetto di spin­ge­re il ceto medio fuo­ri dal­la Sani­tà Pub­bli­ca, avvian­do quest’ultima ad un orien­ta­men­to pau­pe­ri­sti­co che ne dequa­li­fi­che­rà ine­vi­ta­bil­men­te le pre­sta­zio­ni. E così, anche la mis­sio­ne di sman­tel­la­re il vero gio­iel­lo del wel­fa­re ita­lia­no post­bel­li­co, un siste­ma sani­ta­rio anche recen­te­men­te indi­ca­to tra i miglio­ri del mon­do, è sta­ta por­ta­ta a ter­mi­ne dal Gover­no Renzi.

E fer­mia­mo­ci qui, per­ché cer­to è suf­fi­cien­te per capi­re come il disa­gio socia­le sia in rapi­da cre­sci­ta, evi­den­zia­to dai dati allar­man­ti sui tas­si di pover­tà e, a mio avvi­so, anche da quel­li, spes­so tra­scu­ra­ti, sull’emi­gra­zio­ne, ormai tor­na­ta ai livel­li degli anni ’50 del seco­lo scor­so.

Un mer­ca­to dome­sti­co sem­pre più ristret­to, una socie­tà più pove­ra, meno col­ta, sem­pre più vec­chia: l’Italia si sta tra­sfor­man­do nel Mez­zo­gior­no d’Europa, con tut­te le con­se­guen­ze in ter­mi­ni di vivi­bi­li­tà, in par­te già visi­bi­li per le stra­de del­le nostre cit­tà. Dav­ve­ro qual­cu­no pen­sa che la “gover­na­bi­li­tà” di un pae­se così ridot­to pos­sa miglio­ra­re aumen­tan­do sem­pre di più il distac­co tra clas­se diri­gen­te e popo­lo, o che sia suf­fi­cien­te qual­che altro nume­ro da cir­co del clan Ren­zi-Padoan in sede di Com­mis­sio­ne Europea?

Sono neces­sa­rie subi­to misu­re di impat­to che inver­ta­no le ten­den­ze di decli­no socia­le ed eco­no­mi­co e che pos­sa­no poi esse­re inse­ri­te in un dav­ve­ro rin­no­va­to impian­to del­le isti­tu­zio­ni socia­li di mer­ca­to; misu­re che sia­no anche rece­pi­te dal­la col­let­ti­vi­tà come per­ma­nen­ti e signi­fi­ca­ti­ve, così da poter modi­fi­ca­re il mood nega­ti­vo dila­gan­te nel Pae­se. Me ne ven­go­no in men­te subi­to tre:

E se que­sto Gover­no non vuo­le o non può fare nem­me­no que­sto, cre­de­te, cari osser­va­to­ri del Wall Street Jour­nal e del Finan­cial Times, è meglio per tut­ti che se ne vada a casa. Nono­stan­te tut­to, non sarà dif­fi­ci­le tro­va­re il modo di met­ter­ne in pie­di uno più dedi­ca­to agli inte­res­si del Pae­se.

L’ar­ti­co­lo ori­gi­na­le è sta­to pub­bli­ca­to su Newnomics.it.

AIUTACI a scrivere altri articoli come quello che hai appena letto con una donazione e con il 2x1000 nella dichiarazione dei redditi aggiungendo il codice S36 nell'apposito riquadro dedicato ai partiti politici.

Se ancora non la ricevi, puoi registrarti alla nostra newsletter.
Partecipa anche tu!

ISCRIVITI ALLA NEWSLETTER

Congresso 2024: regolamento congressuale

Il con­gres­so 2024 di Pos­si­bi­le si apre oggi 5 apri­le: dif­fon­dia­mo in alle­ga­to il rego­la­men­to con­gres­sua­le ela­bo­ra­to dal Comi­ta­to Organizzativo.

Il salario. Minimo, indispensabile. Una proposta di legge possibile.

Già nel 2018 Pos­si­bi­le ha pre­sen­ta­to una pro­po­sta di leg­ge sul sala­rio mini­mo. In quel­la pro­po­sta, l’introduzione di un sala­rio mini­mo lega­le, che rico­no­sces­se ai mini­mi tabel­la­ri un valo­re lega­le erga omnes quan­do que­sti fos­se­ro al di sopra del­la soglia sta­bi­li­ta, for­ni­va una inno­va­ti­va inter­pre­ta­zio­ne del­lo stru­men­to, sino a quel tem­po bloc­ca­to dal timo­re di ero­de­re pote­re con­trat­tua­le ai sin­da­ca­ti. Il testo del 2018 è sta­to riscrit­to e miglio­ra­to in alcu­ni dispo­si­ti­vi ed è pron­to per diven­ta­re una pro­po­sta di leg­ge di ini­zia­ti­va popolare.

500.000 firme per la cannabis: la politica si è piantata? Noi siamo per piantarla e mobilitarci.

500.000 fir­me per toglie­re risor­se e giro d’affari alle mafie, per garan­ti­re la qua­li­tà e la sicu­rez­za di cosa vie­ne ven­du­to e con­su­ma­to, per met­te­re la paro­la fine a una cri­mi­na­liz­za­zio­ne e a un proi­bi­zio­ni­smo che non han­no por­ta­to a nes­sun risul­ta­to. La can­na­bis non è una que­stio­ne secon­da­ria o risi­bi­le, ma un tema serio che riguar­da milio­ni di italiani.

Possibile per il Referendum sulla Cannabis

La can­na­bis riguar­da 5 milio­ni di con­su­ma­to­ri, secon­do alcu­ni addi­rit­tu­ra 6, mol­ti dei qua­li sono con­su­ma­to­ri di lun­go cor­so che ne fan­no un uso mol­to con­sa­pe­vo­le, non peri­co­lo­so per la società.
Pre­pa­ra­te lo SPID! Sarà una cam­pa­gna bre­vis­si­ma, dif­fi­ci­le, per cui ser­vi­rà tut­to il vostro aiu­to. Ma si può fare. Ed è giu­sto provarci.

Corridoi umanitari per chi fugge dall’Afghanistan, senza perdere tempo o fare propaganda

La prio­ri­tà deve esse­re met­te­re al sicu­ro le per­so­ne e non può esse­re mes­sa in discus­sio­ne da rim­pal­li tra pae­si euro­pei. Il dirit­to d’asilo è un dirit­to che in nes­sun caso può esse­re sot­to­po­sto a “vin­co­li quan­ti­ta­ti­vi”. Ser­vo­no cor­ri­doi uma­ni­ta­ri, e cioè vie d’accesso sicu­re, lega­li, tra­spa­ren­ti attra­ver­so cui eva­cua­re più per­so­ne possibili. 

I padroni dicono di no a tutto. E per questo scioperiamo.

La stra­te­gia del capi­ta­li­smo è quel­la di ato­miz­za­re le riven­di­ca­zio­ni, met­ter­ci gli uni con­tro gli altri, indi­vi­dua­re un nemi­co invi­si­bi­le su cui svia­re l’attenzione, sosti­tui­re la lot­ta col­let­ti­va con tan­te lot­te indi­vi­dua­li che, pro­prio per que­sto, sono più debo­li e più faci­li da met­te­re a tacere.
Ma la gran­de par­te­ci­pa­zio­ne allo scio­pe­ro del 13 dicem­bre dimo­stra che la dimen­sio­ne col­let­ti­va del­la nostra lot­ta, del­le nostre riven­di­ca­zio­ni, non è perduta.