«Il fronte del No ha un piano post referendum?», mi chiede Fabio Fazzi su Twitter.
Ora, alcune precisazioni e una risposta: non esiste un «fronte» del No, esiste un «fronte del sì» che ha votato le riforme e molti altri che non erano d’accordo in Parlamento e fuori.
Non c’è alcuna regia, né alleanza politica con altri soggetti, né un progetto di governo. Com’è ovvio che sia. Le ragioni del No sono diverse tra loro e diversi i soggetti che dicono No.
Dal punto di vista politico quindi se vince il No, anche volendo, non ci potrà essere alcuna maggioranza alternativa in Parlamento, espressione del No. Ci sarà una maggioranza in tutto simile a quella attuale, che governa da tre premier a questa parte, con piccoli cambiamenti (a proposito di tanti governi formati in Parlamento, come dice chi ne ha formato uno sostituendosi a un premier in carica…).
Il problema sarà cambiare la legge elettorale, come dicono tutti di voler fare, in una legislatura che ne ha già approvata una: credo sia un record mondiale. La responsabilità è della maggioranza che l’ha votata. Con fiducia.
Quanto al rischio di forze ‘eversive’, che Fazzi cita nel suo tweet, meglio avere la Costituzione che abbiamo rispetto alle scorciatoie di quella nuova, e una legge elettorale che non sia l’Italicum, unico strumento che consentirebbe a quelli che preoccupano Fazzi di imporsi, partendo da percentuali non maggioritarie, grazie al meccanismo elettorale.
Dal punto di vista costituzionale, ciò che si potrà fare, considerando che questa legislatura è una legislatura eletta con premio di maggioranza dichiarato incostituzionale e che quindi ci vuole la massima prudenza, si possono fare tre cose semplici.
La prima è abolire il Cnel con legge mirata e puntuale che voterebbero tutti e che eviterebbe ricorso a referendum.
La seconda è ridurre parlamentari di Camera e Senato con un intervento preciso, come proposto da parlamentari di maggioranza e minoranza, senza fare pasticci sulla Costituzione, né togliere diritto di voto al Senato o rendere più conflittuale e meno efficace la collaborazione tra Stato e Regioni.
La terza, che poi sarebbe la prima, perché è sufficiente una legge ordinaria, sarebbe quella di ridurre le indennità dei parlamentari, sulla quale concordano le principali forze che dicono No al referendum: una discussione impedita dal Pd e dalla maggioranza, che ha preferito rinviare il testo in Commissione (a proposito di ping pong, anche in una Camera sola). La proposta era già in discussione in aula: bastava votarla, così com’era, o emendarla, come abbiamo proposto, con soluzioni incisive e non demagogiche.
Infine, se è la domanda è: che cosa farete voi, se vince il No, la risposta è semplice. Continueremo con il nostro lavoro politico, proseguiremo nel nostro tour #ricostituente, che vale per la Costituzione ma anche per la sua attuazione, con proposte politiche da inserire in un progetto di governo che parli e rappresenti la società e che sia interpretato dagli esponenti più coraggiosi, innovativi e liberi che ne fanno parte.
La formula di Possibile, repubblicana e democratica, non cambia. Andremo oltre il 4 dicembre. E lo faremo con chi lo vorrà fare. A sinistra, senza estremismi, ma con radicali proposte di governo. Non identitari. Non tradizionalisti. Aperti alla società.