Il 13 dicembre 2016 potrebbe diventare uno snodo fondamentale della storia italiana del processo di riappropriazione da parte dei cittadini di un bene comune quale è l’acqua. Proprio il 13 dicembre scorso, infatti, l’assemblea dei Sindaci della provincia di Frosinone ha deciso a maggioranza (33 i si, 16 i no) di rescindere il contratto che permetteva, dal 2003, la gestione dell’acqua nel proprio territorio (l’Ambito Territoriale Ottimale 5) ad ACEA SpA. L’Azienda Comunale Elettricità e Acque, nata durante la giunta Nathan agli inizi del XX secolo come azienda del comune di Roma per garantire i servizi essenziali in una città in espansione, è oggi una SpA quotata in borsa con 8 milioni di utenti sparsi principalmente tra Lazio, Campania, Toscana e Umbria.
A questo colosso delle multiutility, che ha archiviato il 2015 con ricavi consolidati di 2,917 miliardi di euro ed un utile netto a quota 175 milioni di euro, da dieci anni in Ciociaria, si oppongono comitati che hanno articolato e strutturato la propria azione attraverso banchetti, contenziosi in tribunale, cortei, roghi di bollette, sostegno agli utenti, campagne mediatiche. Azioni che, su di un territorio di mezzo milione di abitanti, hanno costruito un sentimento collettivo, una comunità che ha faticosamente costretto i propri amministratori ad una scelta netta a cui Acea si è opposta minacciando personalmente i sindaci, attraverso il proprio studio legale, promettendo loro: «l’assunzione di tutte le più opportune iniziative – in tutte le opportuni sedi giudiziarie (amministrativa, civile, penale e contabile) – finalizzate alla tutela dei propri interessi».
Si tratta di una vittoria della partecipazione, quella competente e determinata che ha permesso di individuare le 23 inadempienze su cui si è potuto far leva per rescindere il contratto. Cose gravi tra cui: la mancata, incompleta, errata o infedele tenuta dei registri dal 2003 ad oggi, la mancata presentazione del piano di recupero delle perdite dal 2003 ad oggi (perdite che in alcuni comuni arrivano quasi al 75%), la mancata presentazione del Piano di rilevamento delle Utenze fognarie dal 2003 ad oggi, le mancate letture dei contatori, la mancata presentazione dei bilanci 2014 e 2015 (le tariffe sono approvate sulla base dei dati di bilancio), il mancato pagamento per quasi 21 milioni degli oneri concessori ai comuni per il periodo 2012–2015… Un rosario in cui ogni grano smonta il mito della efficienza a prescindere del privato nella gestione di un servizio pubblico. Servizio privato che costringeva migliaia di cittadini a non avere acqua in periodi random dell’anno alle tariffe più alte d’Europa.
Questo mix di partecipazione popolare e competenze per scovare inadempienze, che ha costretto faticosamente ad una azione politica ed amministrativa, è un modello esportabile in tutto il paese per la riappropriazione da parte dei cittadini di un bene comune.
Nonostante sia certo che Acea assicurerà fuoco e fiamme in tutte le sedi legali possibili ed immaginabili, attaccandosi a qualunque cavillo, si è attivato un iter transitorio di un anno, nel quale i comuni potranno scegliere tra un sistema di gestione completamente pubblico oppure il bandire una nuova gara per selezionare un nuovo operatore. E’ il momento della verità, il momento di pensare allo step successivo: come costruire un modello di gestione pubblico serio, funzionale ed efficiente? Troppo nebulosa la legge del 2014 n. 5 “Tutela, governo e gestione pubblica delle acque” e le sue modifiche. E’ forse il caso di guardare a modelli virtuosi.
A Parigi, dopo l’esplosione delle tariffe negli anni ’90, si è deciso di tornare alla gestione pubblica dalla distribuzione alla depurazione. Le tariffe si sono ridotte dell’8% rimanendo inalterate in questi anni. Una gestione che ha risparmiato sui costi, circa 30 milioni l’anno, acquisendo gli utili delle società private e reinvestendoli nei servizi. Parigi, che ha un sistema di gestione vecchio di 150 anni, ha oggi tutta la rete ispezionabile. E’ quindi di semplice e tempestivo intervento per manutenzioni: elementi che permettono uno dei tassi di perdita più bassi d’Europa.
Armando Mirabella